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Non confondere cultura e turismo

     Giugno 27, 2017   No Comments

di Roberto Casalini

Credo sia in corso da anni un processo di indebolimento, se non di annichilimento, del sistema culturale pubblico di Cesena.
Per orientarmi, mi rifaccio ai cinque principali nuclei nei quali si organizzano i servizi culturali cesenati: il libro (la Malatestiana, le biblioteche di quartiere, le biblioteche scolastiche), il teatro (il “Bonci”, le compagnie teatrali cittadine…), la musica (il Conservatorio, il Corelli…), l’arte figurativa (le pinacoteche dl San Biagio, del San Domenico e della Cassa di Risparmio…), l’arte visiva (il Centro Cinema).
Quanto al libro, è certamente un progetto di straordinario valore – quasi un unicum in tutto il Paese – quello della Grande Malatestiana: ci inorgoglisce e ci esalta, tanto da aver suscitato intorno a quel nostro impareggiabile istituto una nuova attenzione da parte della città. Se il progetto era, quanto al suo uso, di costruire un grande luogo di incontro, una “piazza” dalle molte, multicolori presenze – quali che esse siano, con buona pace della cultura del libro -, allora il risultato è raggiunto.
Senonché, la Malatestiana è biblioteca pubblica. E non è forse compito essenziale di una biblioteca pubblica promuovere la lettura, incontrare libri e autori, organizzare incontri, promuovere dibattiti? Sono forse un vecchio insensato se rammemoro le grandi conferenze di “Dimensione Scienza”, organizzate da Piero Lucchi e Franco Pollini nel buon tempo andato? E sono forse un menagramo se evoco alcune grandi iniziative promosse intorno alla cultura del libro (intorno alla cultura tout court) da alcune città che nemmeno si sognano di avere una biblioteca memoria del mondo, e che però chiamano poeti, narratori, filosofi, scienziati per aiutarci a rendere più trasparente il nostro tempo, più consapevole la nostra vita?
Non è evento che possa tenersi alla Malatestiana presentar pentole con musica jazz, perché la cultura è anche selezione, perché un luogo semimillenario come il gran dono di Malatesta Novello deve mantenere una acuta capacità di distinguere, di respingere, di proporre in coerenza con la sua dignità e con la sua funzione. I mercanti operano giustamente e dignitosamente al mercato, e non si portano al tempio, come par che vada di moda a Cesena.
Per assicurare alla Malatestiana una dirigenza minimamente degna del suo valore e del suo potenziale si è poi deciso di bandire un concorso che non so come definire: per invogliare a venire a Cesena un uomo o una donna di alto valore, promettiamo al nuovo direttore un contratto a termine (il precariato, mio dio!) e lo paghiamo all’infimo grado della dirigenza; quale mai soggetto di valore emergente potrà accettare una simile condizione?
Si aggiunga che questo direttore, oltre alla Malatestiana, dovrebbe dirigere anche le altre istituzioni culturali e le politiche del turismo. Ai tempi di com’era verde la mia valle, anche a me proposero di unificare Malatestiana e Cultura: impiegai pochissimo tempo per convincere la Giunta di allora che sarebbe stata una sciagura, perché c’è una differenza enorme tra le caratteristiche di chi deve dirigere una biblioteca del rango della Malatestiana (conservazione dell’inestimabile patrimonio antico e promozione del nuovo) e chi deve governare il resto della complessa e varia pentapoli culturale della città. Senza contare l’errore imperdonabile – sul quale, purtroppo tanto si insiste – di confondere cultura e turismo: i fini degli istituti culturali devono essere tutti concentrati sullo sviluppo del livello culturale della città; i fini dei servizi turistici riguardano il richiamo in città dei forestieri. E se poi gli istituti culturali sono in grado di attrarre turismo ciò dipenderà dal loro intrinseco valore. A meno che non si pensi di definire i programmi culturali della Malatestiana in funzione dei visitatori.
Quanto al resto, lascio stare il “Bonci”, la cui perdita  di autonomia ci ha dato vantaggi pari a zero (dovevamo uscire da quella trappola e invece stiamo lì a contare sempre di meno e addirittura a patire limiti e ostracismi); i centri della cultura dell’immagine d’arte (la Galleria d’Arte è in mano al nulla, del tutto priva di progetti e di metodi; la Pinacoteca, perso da anni il bidello che ne assicurava almeno l’apertura, se ne sta inerte al San Biagio); l’ipotesi di una Galleria di arte contemporanea, che darebbe il via a immediate e generose donazioni, è nulla più di un sogno; il Corelli, che da centro culturale impegnato nella diffusione della cultura musicale a Cesena (come cominciò a fare all’inizio, dopo la sua rifondazione) è stato di nuovo ridotto a sola scuola, meritoria quanto si voglia, e affidato addirittura a un gestore che non ha nessuna specializzazione di settore. Frattanto, il Ridotto del Teatro è ancora occupato da Urbanistica e ancora nessuno pensa di riconsegnarlo all’attività concertistica; il Conservatorio, la cui grande risorsa potrebbe meglio essere utilizzata come occasione di arricchimento della cultura musicale, appare come marginale nella vita della città.
Più di un cenno sento di dovere al Centro Cinema Città di Cesena, della cui chiusura ho diffusamente parlato altrove. Dicono di volerlo potenziare e intanto lo demoliscono, destinandolo a rubare spazi vitali alla Malatestiana, dove sciaguratamente lo si accatasta, in attesa di decidere cosa farne. Così il centro della Cultura del Cinema, il più alto, il più ricco – dopo la Cineteca di Bologna – tra i patrimoni figurativi di tutta la Regione si va dissolvendo. Finisce in tal modo la nostra biblioteca delle immagini, che conserva tra l’altro (grazie ad Antonio Maraldi) il patrimonio ineguagliabile dei fotografi di scena, capace di darci visibilità mondiale; finisce la possibilità di lavorare sulla cultura del cinema, rispetto alla quale contano assai meno le sale cinema, l’arena cinema, il cinema in piazza, che sono consumo di cinema, non cultura del cinema. Ma bisognerebbe capire; bisognerebbe riflettere, magari osservando che la Cineteca di Bologna non si sognerebbe nemmeno nel peggiore degli incubi di essere dissolta in seno all’Archiginnasio.
Rischiamo anche per queste vie di diventare un piccolo paese, una città emarginata e impoverita rispetto alle altre città della Romagna.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 27, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 27, 2017 @ 10:09 am
  •   In The Categories Of : Politica Nazionale

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