Energie Nuove https://www.energienuove.eu L'agorà delle idee che si confrontano Fri, 13 Oct 2023 19:55:05 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.21 Cesena e la gara per le amministrative https://www.energienuove.eu/cesena-e-la-gara-per-le-amministrative/ https://www.energienuove.eu/cesena-e-la-gara-per-le-amministrative/#respond Fri, 13 Oct 2023 19:51:13 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2116 di Franco Pedrelli

L’ultimo consiglio comunale ha anticipato lo schema della prossima campagna per le amministrative, invero non c’è voluta molta fantasia, ahimè.

Occorre dare atto che l’Assessore ai LL.PP, nonché vicesindaco Christian Castorri, ha lavorato di sana lena per mettere a terra ben 62 milioni di euro di progetti PNRR. Lo diciamo con convinzione, il lavoro è tutt’altro che semplice, richiede competenza e capacità di seguire gli iter con costanza. Alla data il lavoro è ben avviato, mentre altri lavori sono stati conclusi, anche se ereditati dalla precedente sindacatura, vedi per citarne alcune il Terzo Lotto della Malatestiana, Piazza della Libertà, le Tre Piazze, per finire, ma mai finita veramente, la rete di videosorveglianza e rete Man.

Che dire poi del buon lavoro svolto dall’Assessore al Bilancio Camillo Acerbi su insoluti e recupero dell’evasione, un modello che ci si augura venga mantenuto anche in futuro, perché la strada è quella giusta, quella da tanti anni indicata dalle opposizioni, e i risultati cominciano ad arrivare.

Il resto, pur importante in sé come tematica, rientra nella collaudata politica del welfare diffuso e…distribuito. Del resto oggi per una giunta politica è divenuto molto più facile fare le scelte, in questo aiuta l’ampio menù messo a disposizione dalla UE, poi tradotto dai bandi regionali in appetitose portate.

Anche se a fatica, hanno fatto capolino anche i soldi per l’alluvione per i lavori svolti in somma urgenza e urgenza, 9 milioni di euro pronti per pagare quei lavori conclusi, accertati dai tecnici comunali e iscritti a bilancio: 2,9 milioni di euro per quelli già svolti e pronti per i pagamenti, gli altri in attesa vengano conclusi i lavori. Sembra quasi un peccato, perché su quella mancanza di fondi si era costruita tanta propaganda da parte della maggioranza tutta, ora rimasta orfana ed a cui rimane solo la querelle del ritardo, questo mentre l’amministrazione ha impiegato ben 5 mesi per ridurre sua sponte gli affitti delle case popolari rimaste allagate, non proprio un esempio di celerità, ma si sa, la complessità colpisce tutti, grandi e piccoli.

Da parte delle opposizioni rimane quindi poca materia per controbattere la gragnuola di milioni che letteralmente piove su Cesena. Sì si può indicare la rete MAN e Videosorveglianza, un progetto faraonico del 2015 da 10 milioni di euro, che lo stesso proponente fece presto a ridurre in secondo piano, dopo averlo promozionato urbi et orbi per un anno intero. Ma è roba per pochi buongustai oramai, passato il tempo in cui veniva ipotizzata la soluzione territoriale per internet, ancor più la soluzione ideale al problema sicurezza.

Il tema principe delle opposizioni molto probabilmente sarà l’alluvione, prima, durante, dopo e nel futuro. Qui non verranno in aiuto i soldi del PNRR, sarà l’occasione per discutere delle scelte politiche passate, per determinare quelle future. Certo, saranno messi in gioco i soldi per la messa in sicurezza del territorio, sarà il commissario a concordare il come e dove, i subcommissari si adegueranno, o andranno in piazza, anche se poco istituzionale.

Peccato, perché vi sarebbe spazio in abbondanza per analizzare il buon governo in termini di gestione dei 600 dipendenti comunali, partendo dalla dirigenza; delle numerose partecipate; delle tante convenzioni stipulate, che altri non sono che esternalizzazioni di attività, competenze e responsabilità; degli strumenti di dialogo con i cittadini sui servizi erogati; della trasparenza, un po’ opaca per la verità, nel fornire dati di dettaglio sui servizi; del dichiarare in sede di avvio di nuovi strumenti e/o servizi gli obiettivi quantitativi e qualitativi che si vogliono ottenere e la loro misurazione. Senza di ciò all’attuale maggioranza sarà facile affrontare la sfida delle amministrative con un braccio legato dietro alla schiena.

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La necessità di una nuova consapevolezza politica https://www.energienuove.eu/la-necessita-di-una-nuova-consapevolezza-politica/ https://www.energienuove.eu/la-necessita-di-una-nuova-consapevolezza-politica/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:33:51 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2088 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

La necessità di una nuova consapevolezza politica

di Sandro Siboni – Presidente CNA Servizi Forlì-Cesena

La tornata elettorale che ha portato Enzo Lattuca a ricoprire la carica di primo cittadino cesenate si è conclusa da quasi un mese. Ora che i nuovi organi si apprestano a lavorare, è il momento di individuare gli obiettivi e formalizzare le regole di ingaggio.

Non spetta certamente ad un’Associazione di categoria come CNA, valutazioni di merito sul risultato emerso dalle urne. E’ un compito che lasciamo volentieri agli analisti politici di mestiere.

Quello che possiamo fare, quali rappresentanti di un’importante fascia di imprenditori locali, è ribadire cosa ci aspettiamo dalle forze politiche.

Cesena viene da anni di forti tensioni. Durante questo periodo, maggioranza e opposizione non sono mai riuscite a dialogare né ad individuare linee guida condivise per realizzare priorità fondamentali.

Dovrebbe essere abbastanza semplice, per chi fa politica e quindi si occupa di tutelare gli interessi dei cittadini, individuare cosa serve ad una collettività. Possono sorgere divergenze sulle modalità operativa per realizzare tali bisogni ma non dovrebbe esserci contrapposizione rispetto ad ogni cosa.

Di questa situazione Cesena ha sofferto in maniera significativa in quanto si è sempre arrivati divisi su tutto. Questo è il primo aspetto sul quale ci aspettiamo atteggiamenti nuovi. Abbiamo disperato bisogno di esempi di “buona politica”. Situazioni nelle quali il vantaggio per la collettività, appaia sempre come preminente e sovraordinato rispetto ad ogni qualsivoglia interesse di parte o di partito.

La gente non accetta e non giustifica piu’ che per il medesimo problema, vengano sempre proposte soluzioni in antitesi. La politica non ha più credito da giocarsi per giustificare scelte diverse e contrapposte. 

Ci aspettiamo quindi una maggioranza che governi sapendo cogliere le esigenze dei propri amministrati attraverso un atteggiamento di ascolto e una capacità propositiva e progettuale nuova. Una maggioranza che affronti a mente aperta le sfide proposte, capace di riconsiderare posizioni già espresse in passato, qualora il risultato finale lo richieda.

Ci aspettiamo, per contro, una minoranza che controlli e sia di pungolo ma che non rinunci a giocare un ruolo di proposta attiva, arroccandosi su  posizioni aventiniane.

Certamente i segnali, anche alla luce della prima seduta del nuovo consiglio comunale, non lasciano ben sperare. Anche in una sala piena di volti nuovi e di giovani di belle speranze, le vecchie logiche del muro contro muro hanno avuto il sopravvento.

Grande importanza affideremo alla volontà di risolvere i problemi di chi fa impresa. Non si tratta di capire se le risorse devono essere indirizzate in maniera massiccia verso i privati o le aziende. Il discorso è molto piu’ semplice.

Chi fa impresa nel proprio territorio, rischiando in proprio, ritorna alla collettività in cui vive molto più di quanto, fino ad ora, abbia mai ricevuto. Per questo motivo, chi decide di fare impresa a Cesena deve essere incentivato, accompagnato e aiutato a crescere, radicandosi in maniera profonda nel tessuto produttivo.

Non parliamo di rivoluzioni copernicane ma dell’uso del buon senso, individuando nell’impresa locale un presidio da tutelare anche a vantaggio di tutta la collettività.

Basti pensare alla possibilità di semplificare la gestione amministrativa. Come? Applicando lo strumento dell’autocertificazione nei casi previsti dalla normativa vigente. Oppure si potrebbero unire i regolamenti dei Comuni limitrofi, creando disposizioni uniformi in termini di tassazione e regolamentazione delle attività economiche. Un esempio? Aprire la stessa attività in comuni diversi, comporta tipi di autorizzazione differenti, quindi tempi e costi diversificati. Per risolvere questi problemi basterebbe volerlo realmente, incaricando la dirigenza comunale di trovare la soluzione normativa e non delegandole anche la decisione politica nel merito.

Daremo grande importanza all’ascolto che ci verrà fornito. Non pretendiamo di avere per tutto le soluzioni migliori ma siamo sicuri che, in tema di imprese, conosciamo i problemi e le misure che servirebbero, meglio di chiunque.

Infine, chiederemo uno grande sforzo comune nel recuperare il vincolo fiduciario fra politica e cittadini. Ci impegneremo a fondo perché sia riconosciuto che l’interesse pubblico, in ogni sua forma, abbia priorità di realizzazione su ogni altro aspetto.

Noi tutti abbiamo necessità di riavvicinare la gente alla politica perché nella gestione condivisa della “res pubblica” trovano fondamento la solidarietà sociale, il senso civico e il rispetto per chi è diverso da noi, in sostanza tutto quello che serve ad un consesso civile per crescere e prosperare

Da troppo tempo abbiamo abdicato il ruolo di cittadinanza attiva, delegando a singole parti la rappresentanza e la difesa di valori generali.

Questo pretenderemo da chi, nei banchi del nuovo consiglio comunale, siederà in rappresentanza di tutti coloro che gli hanno riconosciuto fiducia e di questo chiederemo conto nelle opportuni sedi di verifica.

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Un’orchestra per Cesena https://www.energienuove.eu/unorchestra-per-cesena/ https://www.energienuove.eu/unorchestra-per-cesena/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:30:24 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2085 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Un’orchestra per Cesena

di Marco Lugaresi – Fagottista cesenate

L’Orchestra Città Aperta nasce nel 2002 per volontà di un gruppo di musicisti (legati, oltre che dalla passione per la musica, anche da una profonda stima ed amicizia) provenienti da varie realtà musicali internazionali quali Camerata Salzburg, BBC Sinphony Orchestra, Chamber Orchestra of Europe, Royal Philharmonic Orchestra etc. I nomi dei fondatori di questa Orchestra sono di personalità a livello internazionale in campo musicale come: Carlo Crivelli, Marco Lugaresi, Jonathan Williams, Gabrielle Lester. L’obiettivo principale di questa Orchestra è stato sin dall’inizio quello di creare una realtà che potesse dare l’opportunita’ alle produzioni di poter registrare le colonne sonore del cinema e della televisione in Italia invece di recarsi, come spesso accade per motivi economici, nei Paesi dell’Est. Ad oggi il numero delle colonne sonore registrate è di circa 40 fra le quali compaiono produzioni italiane, francesi, cinesi etc. Solo per citarne alcune: “Vincere” di Marco Bellocchio, “il 7 e l’8” di Ficarra e Picone, “La Passione” di Carlo Mazzacurati”, “Ginostra” di Manuel Pradal, “The Little Red Flowers”di Zhang Yuan etc. Dato l’ottimo livello artistico raggiunto dall’orchestra la famiglia Chaplin ha incaricato Città Aperta di registrare nuovamente le colonne sonore di 2 capolavori del Cinema come “Gold Rush” e “The Woman in Paris” diretti ed interpretati dal grande Charlie Chaplin le cui colonne sonore risalivano agli anni ’20-’30 sostituendole con nuove registrazioni inserite nei DVD venduti su scala mondiale. In questi anni l’apporto qualitativo ma anche numerico dei musicisti del territorio cesenate è stato fondamentale tanto da ipotizzare uno spostamento della sede dell’Orchestra da Fossa (paesino in provincia dell’Aquila) a Cesena. Il direttivo di OCA si è prefissato sin dall’inizio l’obiettivo di coinvolgere anche i migliori studenti del Conservatorio di Cesena (eccellenza del territorio nonché unico Conservatorio della Romagna) creando, per questi ultimi, quell’anello di congiunzione fra scuola e lavoro indispensabile per la formazione professionale degli allievi.

OCA si è sempre impegnata a rendere assolutamente dignitosa la condizione di ogni musicista che ne ha fatto e ne fa parte rimborsando sempre spese di viaggio, vitto, alloggio e cachet molto superiori alla media nazionale.

L’aiuto e le opportunità lavorative di OCA in favore delle nuove generazioni di musicisti sono da sempre concrete e non legate a slogans della serie…”aiutiamo i giovani” come si sente sbandierare spesso…ma poco concretizzati. Ricordiamo che la media dei musicisti coinvolti in ogni colonna sonora è stata di 25/30 elementi potendo così calcolare un totale di circa 1200 unità lavorative impegnate lavorativamente sino ad oggi. Essendo una realtà privata, che non ha MAI ricevuto un solo euro di finanziamento pubblico, OCA non ha mai potuto destinare risorse per creare quell’apparato manageriale e di segreteria indispensabile per la sopravvivenza di una qualsiasi realtà musicale che voglia incrementare il proprio numero di impegni.

L’investimento di risorse in Orchestra Città Aperta oggi non significa solo rendere possibile l’esistenza di una fra le compagini musicali migliori a livello internazionale ma anche garantire sbocchi lavorativi alle nuove generazioni di musicisti che purtroppo, nel nostro territorio, si trovano di fronte ad un vero e proprio “deserto” per quanto riguarda le opportunità di lavoro.

Bisogna ricordare che l’Orchestra Città Aperta si è cimentata in questi anni non solo nella realizzazione di colonne sonore ma affrontando anche il grande repertorio lirico sinfonico riscuotendo sempre consenso di pubblico e critica.

Per questo motivo, diventando orchestra in residenza stabile, potrebbe occuparsi della produzione musicale trovando spazio anche nella stagione musicale del teatro Bonci (uno fra i più bei teatri d’Italia con un’acustica invidiabile) diventando così fiore all’occhiello della città di Cesena che, ricca di bravi musicisti e di locations per la realizzazione di concerti, merita di avere una propria orchestra stabile. Avere un’orchestra con un curriculum invidiabile ed i solisti che la compongono da affiancare ai talenti del nostro territorio è un’opportunità da non lasciarci sfuggire. Dare un futuro professionale ai nostri ragazzi è un dovere civico e morale, ricordiamolo.

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Ai sèm dlèt https://www.energienuove.eu/ai-sem-dlet/ https://www.energienuove.eu/ai-sem-dlet/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:27:03 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2080 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Ai sèm dlèt

di Corrado Augusto Patrignani – Presidente Cesena FC

Gli ultimi giorni di giugno sono, per un club di calcio, un tempo di passaggio nel quale si mescolano sentimenti contrastanti. Specie quando, come nel Cesena di quest’anno, si è reduci da una vittoria. Da un lato la soddisfazione, ancora presente ma ormai un po’ sfumata, per l’obiettivo centrato. Dall’altro lo sguardo già rivolto, tra curiosità e adrenalina, alla stagione che sta per iniziare, alle nuove sfide che attendono.

Prima di pensare al futuro mi piace però tornare indietro con la memoria ai giorni in cui è iniziata questa avventura, “complessa e affascinante” come la definii quel 2 agosto di un anno fa. Ventitré aziende, poche settimane dopo il fallimento dell’AC Cesena, avevano rifiutato l’idea di lasciare un’intera città senza calcio e quel pomeriggio facevano nascere il “nuovo” Cesena FC. Lì arrivava a compimento il compito laborioso portato avanti da Gianluca Padovani e Luca Pagliacci di Pubblisole, la società che aveva unito attorno a un tavolo quelle ventitré aziende, e si era aggiudicato il bando indetto del Comune. Senza uno stadio, senza il Cavalluccio, senza una sede e con una squadra da costruire quasi da zero, ma avevamo un futuro. E questo grazie anche al Romagna Centro e al suo presidente Daniele Martini che avevano messo a disposizione il titolo della società, permettendoci così di ripartire dalla serie D.

E’ in quel caldo pomeriggio di agosto che inizia la mia avventura alla presidenza del Cesena, un ruolo in cui si fondevano orgoglio e responsabilità. Ma se l’orgoglio dura un attimo, alla responsabilità non ti puoi sottrarre mai. E un presidente deve metterci la faccia sempre, anche quando, alla prima intervista, ti chiedono qual è l’obiettivo da raggiungere. Sapevo che in quel momento sarebbe stato più prudente e consigliabile fare melina (per usare un’immagine calcistica), dire ma non dire, schivare la domanda e aspettare. E invece, senza mezzi termini, risposi: “Dobbiamo vincere”. Senza se e senza ma. Ero consapevole che era un po’ come lanciarsi nel vuoto sprovvisti di paracadute e che quelle parole avrebbero significato mettere pressione all’intero ambiente, in primis a staff tecnico e squadra ma, quando ti chiami Cesena, con la pressione – io preferisco chiamarla responsabilità – prima o poi ci devi fare i conti. Specie quando hai 8.364 persone che hanno risposto presente alla campagna abbonamenti solo perché sei il Cesena e in oltre undicimila, un pomeriggio di ottobre, si ritrovano all’Orogel Stadium Dino Manuzzi, nel giorno in cui siamo di nuovo a casa.

In quel “dobbiamo vincere” non c’era nessuna sottovalutazione delle difficoltà che avremmo incontrato ma solo l’invito a dimostrarsi più forti e a superarle. Perché ero consapevole che non sarebbe stato un percorso in discesa. Il ritardo nella costruzione della squadra, la sua incompletezza, l’agguerrita concorrenza di un avversario, il Matelica, durata fino alla fine. E non sono mancati i momenti in cui è stato necessario mettersi in discussione. Me ne vengono in mente due, in particolare. Il primo a novembre quando, dopo un pareggio col Campobasso, ci siamo ritrovati a sette punti dalla vetta. L’altro ormai in primavera quando i ruoli tra il Cesena e la squadra marchigiana si erano invertiti, noi battistrada e gli altri a rincorrere ma, ogni domenica che passava, sempre più vicini. E’ nei momenti di difficoltà che si vede la forza di un club e lì è venuta la compattezza della proprietà: non solo nel tornare sul mercato a rinforzare la squadra, ma soprattutto nel trasmettere fiducia e serenità all’ambiente. Da lì siamo ripartiti per uno sprint che il 5 maggio ci ha portato a prenderci quello che ci eravamo meritati, il ritorno tra i professionisti. Forse più sofferto di quanto avremmo immaginato ma proprio per questo ancora più dolce ed esaltante.

Ma se guardo indietro, ripenso a tutto quello che in undici mesi abbiamo costruito anche fuori dal rettangolo verde. A partire dal settore giovanile, che conta oltre seicento ragazzi e dovrà tornare ad essere una fucina di talenti per la prima squadra. Ci vorrà tempo ma la strada è quella. E poi l’accordo con il Castelvecchio con cui abbiamo messo le basi per dotare il club di una sezione femminile. Fino alla nascita dell’Accademia Calcio Cesena che avrà il compito di aggregare le altre realtà calcistiche del territorio.

Nel frattempo, da ventitré i soci sono saliti a ventotto e mi piace pensare che chi si è unito strada facendo lo abbia fatto perché convinto dal programma che ci siamo dati, quello di fare calcio in maniera trasparente e sostenibile. Che, tradotto, vuol dire spendere in base alle risorse a disposizione, senza accumulare debiti ma onorando gli impegni presi. E’ quello che ci dovrà contraddistinguere anche nella dimensione professionistica che pure ci chiamerà ad uno sforzo economico superiore.

Ed eccoci alla nuova stagione che ci aspetta. Abbiamo deciso di approcciarla con un profondo rinnovamento, dalla guida tecnica alla squadra. La riconoscenza verso i protagonisti della promozione resta ma, per rifarci alla splendida coreografia in Curva Mare quel giorno di Cesena-Francavilla, abbiamo pensato fosse giunto il momento di girare pagina e scrivere un nuovo capitolo di questa storia. Da qui la scelta di puntare su un allenatore emergente come Francesco Modesto, al quale abbiamo affidato il compito di coniugare i risultati ad un calcio che possa anche divertire.

Questa volta lasciamo volentieri ad altri l’obiettivo di “dover vincere” ma la parola “salvezza” è difficile da affiancare al nome Cesena. E allora, in questo caso, un po’ di melina la faccio e preferisco parlare di un campionato all’altezza della nostra storia: lo merita la nostra gente, lo vogliamo fortemente noi, oltretutto in una stagione che ci porterà a tagliare il traguardo degli ottant’anni di vita.

Un’altra avventura, altrettanto complessa e affascinante, sta per iniziare ma è bello tornare con la mente, per l’ultima volta, ad un anno fa quando tutto sembrava finito e invece oggi poter dire: ci siamo ancora. Anzi, “Ai sém dlét”.

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Friday For Future a Cesena https://www.energienuove.eu/friday-for-future-a-cesena/ https://www.energienuove.eu/friday-for-future-a-cesena/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:23:06 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2077 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Friday For Future a Cesena

di Caterina Mancuso – Arber Dajci

Era una sera di Febbraio quando Fridays For Future (FFF) si è costituito a Cesena. L’idea è nata attraverso i social sul gruppo nazionale del movimento: “Chi è di Cesena? Uniamoci!”, così recitava il post e pochi minuti dopo i primi volontari hanno risposto alla chiamata. L’idea iniziale era di creare un movimento romagnolo che unisse le città limitrofe. Le massicce adesioni hanno spinto a creare singoli gruppi per migliorare l’organizzazione nelle città, permettendo di espandersi sul territorio e di raggiungere così uno dei primi obiettivi.

FFF è un movimento politico di protesta verso i governi, le amministrazioni locali e le multinazionali responsabili e complici della crisi climatica che stiamo vivendo. Il compito degli attivisti è evidenziare la negligenza del sistema stesso, le contraddizioni e le falle del modello di sviluppo dominante, attribuendo pubblicamente le responsabilità a chi ha causato gli squilibri climatici, obbligandoli a porre rimedio. Attraverso il supporto degli scienziati, lo scopo ultimo di FFF non è quindi “salvare il pianeta”, ma costruire insieme un nuovo concetto di società incentrato sulla sostenibilità, affinché non si consideri più la terra una proprietà privata.

Un obiettivo superiore alla portata di giovani cittadini e per questo la prima interfaccia del movimento è il mondo politico, partendo dalle amministrazioni locali arrivando al Governo e alle Istituzioni.

Se non verranno prese misure immediate da parte di chi governa, gli scioperi si intensificheranno ad oltranza, con l’intento di portare sempre più persone nelle strade di tutte le città del mondo, mettendo i governanti di fronte ad un bivio: continuare a spalleggiare i responsabili del cambiamento climatico o schierarsi dalla parte delle persone che rappresentano e che a gran voce chiedono un’inversione di rotta.

A tal proposito, FFF agisce su più livelli di azione:

Culturale

FFF ha portato nelle scuole percorsi didattici strutturati sulle basi scientifiche riguardanti ecosistema, sostenibilità, gestione dei rifiuti, danni ambientali, green economy, con un focus particolare sui comportamenti quotidiani e individuali. Le adesioni sono state altissime e tutti gli incontri, si sono tenuti al termine dell’orario scolastico a conferma che gli studenti sono realmente interessati e preoccupati dalla tematica, non è un pretesto per saltare la scuola, come insinuano alcuni cittadini, politici e giornalisti.

Inoltre, con l’evento del Km Zero Festival, FFF ha chiesto più impegno alle amministrazioni locali e regionali per favorire processi di produzione, distribuzione e consumo ecosostenibili e il più possibile prossimi al km zero, tutelando i piccoli produttori non solo nella produzione ma soprattutto nella distribuzione.

I ragazzi hanno organizzato raccolte rifiuti: la prima alla spiaggia di Cesenatico e la seconda alla stazione di Cesena. I mozziconi di sigarette raccolti sono stati, poi, portati in piazza in occasione dello sciopero per sottolineare da un lato l’inciviltà e dall’altro l’assenza di interventi comunali.

Nazionale

FFF chiede una commissione permanente di esperti, che non subisca l’influenza della politica ma che abbia come obiettivo il perseguimento di risultati rapidi e concreti sul fronte ecologico. Al governo attuale ha proposto di seguire le linee guida, dettate dagli studi internazionali in materia di cambiamento climatico ed un disincentivo alle produzioni inquinanti attraverso una “Carbon TAX”, gli incentivi alla transizione ecologica delle filiere produttive devono essere accompagnati da disincentivi forti al mantenimento delle filiere produttive inquinanti, chi inquina paga.

Locale

FFF si impegna a sensibilizzare la cittadinanza, al fine di rendere tutti consapevoli che la qualità delle scelte nella vita quotidiana ha un effetto a catena che condiziona la società sotto tutti gli aspetti.

Il 15 marzo, in occasione del primo sciopero per il clima che ha visto oltre 700 partecipanti, è stata presentata una lettera ai candidati sindaco che si articola in 6 richieste: risolvere il problema delle polveri sottili e della qualità dell’aria, rendere Cesena plastic free nel 2020, installazione di fontane pubbliche, incentivare l’uso di auto elettriche in città, predisporre un piano del verde, istituire una Consulta Ambiente.

L’ultima iniziativa di FFF è la dichiarazione di emergenza climatica, approvata all’unanimità dal Comune di Cesena il 27 giugno che prevede un impegno formale e una presa di responsabilità attraverso interventi concreti e incisivi che limitino le emissioni nette di CO2. Cesena così si aggiunge alle oltre 600 giurisdizioni in 13 paesi del mondo che hanno già dichiarato l’emergenza climatica e diventa la prima città della regione Emilia-Romagna ad impegnarsi a trattare i cambiamenti climatici come un’emergenza. Lo scopo è far pressione sugli organi regionali e nazionali affinché venga fatto altrettanto. Tale strategia funziona e la dimostrazione arriva dalla Gran Bretagna, dove dopo che 50 consigli comunali hanno dichiarato l’emergenza, il Parlamento si è visto obbligato a fare lo stesso.

Con la dichiarazione di emergenza climatica, a pochi più di quattro mesi dalla nascita del comitato locale, arriva il primo grande successo politico per FFF che, durante la campagna elettorale, è riuscito a spostare il dibattito sull’importanza dei temi ambientali.

Nei prossimi mesi, FFF sarà impegnato in convegni per coinvolgere la cittadinanza e spiegare quali sono le conseguenze del riscaldamento globale. Oltre al lavoro di sensibilizzazione, gli attivisti vigileranno costantemente sul consiglio comunale, chiedendo politiche sempre più lungimiranti per migliorare la qualità dell’aria della nostra città e puntando al coinvolgimento delle imprese per rendere Cesena un modello green per la regione e non solo.

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Laboratorio TAILOR: nuovi talenti nell’innovazione https://www.energienuove.eu/laboratorio-tailor-nuovi-talenti-nellinnovazione/ https://www.energienuove.eu/laboratorio-tailor-nuovi-talenti-nellinnovazione/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:19:45 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2074 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Laboratorio TAILOR: nuovi talenti nell’innovazione

di A. Bianchini, M. Troncossi, G. Minak, J. Rossi

Un laboratorio di ricerca e formazione per incentivare l’eccellenza scientifica di nuovi talenti a supporto dell’innovazione industriale. È questo lo scopo di TAILOR (Technology and Automation for Industry LabORatory), il laboratorio nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna e l’Azienda Siropack Italia. Quest’ultima, per sostenere l’attività di ricerca applicata come sinergia tra Università e Impresa, ha riservato al Dipartimento uno spazio di 300 m2 all’interno del proprio stabilimento, in cui svolgere attività di ricerca, disseminazione e trasferimento tecnologico, percorsi di alta formazione e avviare partnership a livello nazionale ed internazionale.

Focus principale del laboratorio TAILOR è la meccanica per l’automazione. Nell’attuale contesto industriale, innovazione e dinamicità sono fattori fondamentali per la competitività delle Imprese, che hanno l’esigenza di sviluppare nuovi prodotti, processi, servizi e sistemi organizzativi, in grado di rispondere sempre più prontamente ed efficientemente alle richieste di un mercato che è in continua evoluzione. In questa sfida, automazione e soluzioni tecnologiche avanzate giocano un ruolo rilevante, e la collaborazione di competenze, sia a livello di ricerca sia a livello industriale, ne assicura un’efficace implementazione. È in questo ambiente che si inserisce il laboratorio TAILOR, in grado di offrire le caratteristiche necessarie per supportare ed accelerare questo processo. TAILOR unisce infatti le conoscenze di docenti e giovani ricercatori dell’Università di Bologna, che spaziano su diversi settori pur mantenendo un’elevata verticalità, e l’immediato trasferimento tecnologico, attraverso la produzione e l’applicazione di soluzioni ad alto livello tramite il coinvolgimento diretto delle Imprese.

L’innovazione del progetto risiede già nella vocazione del laboratorio TAILOR, il cui obiettivo primario e fondamentale è il supporto alla formazione di figure professionali su diversi livelli (studenti di Ingegneria, dottorandi e lavoratori). L’esperienza attiva in un laboratorio, in cui analizzare nel dettaglio applicazioni concrete e non scontate, consente di integrare la formazione universitaria e facilitare l’acquisizione di competenze mirate all’inserimento nel mondo industriale. Da questo concetto deriva il nome TAILOR, che richiama l’idea di laboratorio come luogo in cui l’esperienza pratica consente l’insegnamento di un mestiere, valorizzandone consapevolezza e responsabilità.

All’interno del laboratorio, tali competenze vengono impiegate per progetti di ricerca di alta qualificazione ed innovazione, in collaborazione con Aziende esterne. La ricerca applicata all’interno di TAILOR infatti non è esclusivamente rivolta all’Azienda ospitante (Siropack Italia), ma è messa a disposizione di tutte le Imprese che operano nel nostro territorio e che hanno specifiche esigenze e idee da sviluppare. Seguendo il paradigma dell’open innovation su scala locale, il laboratorio TAILOR si pone dunque come nuovo modello di rapporto Università-Impresa, all’interno del quale l’Università diventa un elemento fondamentale per creare e trasferire conoscenza utile al sistema economico e al territorio in cui opera. Il risultato è una rete di connessioni dinamiche, sviluppata su un’ampia area, che porta vantaggi di tipo sociale ed economico per tutti gli attori coinvolti. L’Università ha l’opportunità di allargare i propri ambiti di competenza e valorizzare i prodotti della propria ricerca scientifica introducendoli sul mercato, tramite il supporto tecnologico e produttivo delle Imprese. Queste ultime possono accedere agevolmente a conoscenze ad altissimo livello, sempre più vaste e varie, spendibili nelle loro strategie imprenditoriali per mantenere un’elevata competitività nel contesto produttivo.

Questo approccio diventa ancora più vincente in TAILOR grazie alla multidisciplinarietà del laboratorio. Infatti, lo sviluppo di innovazione nell’ambito dell’automazione richiede necessariamente il coinvolgimento di competenze diverse ma complementari, ricoperte attualmente da 3 docenti e 3 giovani ricercatori attivi nei settori disciplinari di Impianti Industriali Meccanici (referente scientifico Prof. Augusto Bianchini), Meccanica Applicata alle Macchine (referente scientifico Prof. Marco Troncossi) e Progettazione e Costruzione di Macchine (referente scientifico Prof. Giangiacomo Minak). Il coinvolgimento di diversi settori consente di ottenere soluzioni che rispondono all’esigenza industriale, che viene affrontata da punti di vista interdipendenti e considerandone ogni aspetto, dalla progettazione del singolo componente, all’implementazione dell’innovazione in un impianto industriale.

All’interno di TAILOR sono già attive alcune collaborazioni con Aziende esterne su tematiche ed applicazioni d’avanguardia, di cui l’intero potenziale non è ancora stato messo a frutto a livello industriale. In particolare, una delle tematiche affrontate è la transizione a modelli di business basati sull’Economia Circolare, volti ad efficientare l’utilizzo delle risorse e dell’energia, valorizzare scarti e rifiuti e ridurre l’impatto ambientale dell’attuale economia. Il raggiungimento di tali obiettivi è supportato dall’implementazione di soluzioni tecnologiche tipiche dell’Industria 4.0, che consentono di interconnettere l’intero impianto e acquisire numerosi dati, che possono essere gli input di algoritmi intelligenti sviluppati, per esempio, in ottica di manutenzione predittiva, che, oltre a ridurre il downtime dell’impianto e migliorare la qualità dei prodotti, per definizione attiva un driver dell’Economia Circolare, ossia l’allungamento del ciclo di vita dei prodotti. Un’altra tematica sviluppata in TAILOR è basata sulla definizione di strategie avanzate di controllo per robot industriali e collaborativi, tramite l’utilizzo di sistemi di visione. L’integrazione di dispositivi di visione consente di ampliare le applicazioni dell’automazione e della robotica, per esempio consentendo il riconoscimento, la tracciabilità ed il pick and place di oggetti in movimento, di forme complesse e dimensioni varie. Numerose potenzialità in questo campo, ancora da esplorare, riguardano la definizione di tecniche di controllo cooperative e/o collaborative, consentendo di predire l’evolversi di una situazione e definire in anticipo quale schema di comportamento deve essere seguito dal robot (per esempio per evitare urti e contatti). Infine, tra i temi trattati vi è anche l’inserimento nel processo produttivo di tecniche e sistemi di prototipazione rapida per la stampa 3D, che consente di ottenere geometrie anche molto complesse, difficili da realizzare con lavorazioni tradizionali, garantendo, con l’opportuna progettazione, proprietà e affidabilità comparabili.

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Ultima chiamata https://www.energienuove.eu/ultima-chiamata/ https://www.energienuove.eu/ultima-chiamata/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:16:54 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2072 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Ultima chiamata

di Giampiero Teodorani

Nel momento in cui si insedia la nuova Amministrazione Comunale guidata da un giovanissimo sindaco e composta da tante persone alla prima esperienza di governo della città, si possono fare solo sinceri auguri di buon lavoro, sperando che la più volte conclamata discontinuità, garantita da molti rispetto alla precedente giunta, sia vera; nel metodo di interpretare la pubblica amministrazione, nei contenuti e nella capacità di ascolto.

Sul risultato delle urne si è già detto molto, ma alcune considerazioni vanno fatte. Al ballottaggio la cosiddetta “libertà di voto” concessa da Cesena Siamo Noi, ha portato una forza politica, particolarmente presente nel dibattito politico cittadino, a mettersi fuori gioco e ad avere, con quasi il 10% dei voti, un solo consigliere comunale. Anche Cesena in Comune con oltre il 3% dei voti è fuori dal Consiglio Comunale. La politica dei duri e puri ha portato a scarsi risultati in termini amministrativi. Chi dice che è stata una bella campagna elettorale dice una bugia: non c’è stato confronto sui programmi, a volte fumosi e imprecisi, e la logica degli schieramenti e le pregiudiziali ideologiche hanno  prevalso su tutto. In questo quadro, forze politiche che non hanno raggiunto il quorum per avere un consigliere comunale, hanno riscosso un assessore nella nuova Giunta. Il movimento Cinque Stelle non è mai entrato in partita.

Alla luce di queste considerazioni la speranza è che il PD dell’ex sindaco Lucchi, lasci spazio a una maggiore circolazione di idee e proposte; anche se le scelte della vecchia giunta peseranno come un macigno per chi subentra oggi. Il risultato della realizzazione di progetti come quello di Piazza della Libertà e del Foro Annonario sono sotto gli occhi di tutti. Per non parlare di Casa Bufalini, che definirei un “non luogo, senz’anima” sottoposto a un intervento edilizio dozzinale.

Ci sono problemi importanti che restano al palo: il mancato adeguamento dello strumento urbanistico alla legge urbanistica regionale (quella vecchia e quella nuova), la mancanza di provvedimenti concreti sul sistema museale cittadino e il riutilizzo degli edifici pubblici esistenti, sono solo alcuni esempi di come occorrerà rimboccarsi le maniche e delineare una strategia per il futuro.

I prossimi mesi saranno decisivi per capire se, oltre a cambiare i musicisti, cambierà anche la musica. Sul fronte della politica culturale ci sono almeno tre elementi della prossima attività amministrativa che vanno corretti e costituiscono una specie di “Ultima Chiamata” per il futuro della Città.

Il primo è costituito dalla rinuncia a ristrutturare il Museo Archeologico, riducendone gli spazi e con esposizione a rotazione del patrimonio che negli ultimi 30 anni è cresciuto enormemente e oggi è conservato, meritoriamente dal Gruppo Archeologico in un deposito a S, Domenico. Inoltre questo intervento, se attuato, costituirebbe “la pietra tombale” del Museo della Città, che come è noto agli studiosi, deve iniziare proprio con la rappresentazione più antica della storia dell’insediamento territoriale e umano nel cesenate. Semmai quegli spazi, oggi occupati dall’Archeologico, vanno utilizzati in funzione della Biblioteca Antica, quale introduzione all’epoca malatestiana e alla narrazione delle modifiche del complesso conventuale francescano, dal 1300 a oggi. Per comprendere e  apprezzare appieno la grandezza dell’aula del Nuti, nella sua forma architettonica e con il suo straordinario patrimonio librario, occorre predisporre un percorso di avvicinamento, con forte caratterizzazione didattica.

Il secondo elemento è costituito da un intervento immediato di modifica delle previsioni del  3° lotto dei lavori della Malatestiana, per l’inserimento del Centro Cinema, che va ovviamente a discapito della sistemazione dei depositi librari, oggi in condizioni precarie e senza garanzia di conservazione corretta e sicura. Occorre quindi rinunciare a quella idea, tipica degli anni settanta, di Malatestiana Centro Culturale Polivalente e definire un progetto di recupero del S. Biagio quale polo delle arti visive (a cominciare dal Centro Cinema) e ampliare finalmente la Pinacoteca Comunale, dotandola dei servizi essenziali che non ha mai avuto.

Il terzo progetto “campato in aria” e per anni discusso a sproposito da chi non conosce la storia dell’arte e  non sa cosa sia una pinacoteca, riguarda l’utilizzo del palazzo ex OIR che dopo la triste vicenda della Cassa di Risparmio è divenuto di proprietà del Comune. La caparbia pretesa di realizzare una struttura che riunisca i dipinti del Comune, della Fondazione della Cassa di Risparmio e della Banca Crèdit Agricole, per utilizzare un contributo del Ministero dei Beni Culturali di 3 milioni di euro a cui ne vanno aggiunti almeno altrettanti, è una vera presa in giro. Io mi auguro che il nuovo assessore alla cultura, che è anche un bravo collega architetto, si impegni fin da subito a verificare tale possibilità.

Che quell’edificio abbia una vocazione alla destinazione museale è fuori discussione; ma vanno fissati i termini per quell’utilizzo. Da tempo, con altri sostengo che con opportuni interventi, in quel palazzo potrebbe trovare sede il Museo del Novecento, di cui si sente sempre di più l’esigenza, per riordinare il tanto materiale esistente in città relativo al secolo scorso. Questa iniziativa inoltre potrebbe favorire anche la donazione di opere e documenti da parte di collezionisti privati e costituire un unicum del rapporto fra pubblico e privato, tante volte auspicato.

teodoranixenergie

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Un nuovo welfare https://www.energienuove.eu/un-nuovo-welfare/ https://www.energienuove.eu/un-nuovo-welfare/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:14:49 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2069 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Un nuovo welfare

di Arturo Alberti

Uno sguardo attento non può non riconoscere il grande lavoro svolto da tante persone tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento che fecero della carità e della beneficienza una strategia per dare risposta ai bisogni, per curare e prendersi cura, assistendo, insegnando, dando speranza, riabilitando, formando a nuovi valori, accogliendo bambini, adulti, anziani cui nessuno dedicava attenzione.

Gli stati moderni hanno poi capitalizzato questa operosità generosa, favorendo il passaggio da carità a giustizia. Si è pensato che non bastasse dare per carità quello che doveva essere dato per giustizia. Si sono riconosciuti diritti agli individui, perché potessero beneficiare di proventi della solidarietà che, attraverso lo strumento fiscale, si trasforma in capacità di far incontrare bisogni e diritti.

La pretesa del Welfare State di provvedere a tutti i bisogni dei cittadini, visti come individui, dalla nascita alla morte si è scontrata con l’incapacità di accogliere le crescenti domande di aiuto e con una povertà pluridimensionale. Esiste la povertà economica, forse la più facile da individuare. Viene identificata una soglia di povertà sotto la quale non è più garantita la sopravvivenza fisica delle persone, della famiglia. Ma c’è anche una seconda dimensione della povertà che è quella politica, che si lega essenzialmente alla povertà di diritti, alla mancanza di diritti. Una terza dimensione della povertà è quella relazionale. Il tema della solitudine, dell’isolamento, della mancanza di riferimenti, costituisce una forma di povertà molto significativa.

Infine c’è una povertà di senso: l’incapacità di dare un significato a sé, agli altri, alla storia, alla vita, alla sofferenza, alle tante esperienze che si vivono. E’ una povertà che molti giovani oggi sperimentano.

E’ evidente che non ci si può adagiare su un welfare basato su due punti: raccogliere le risorse, distribuirle

Così si esprimeva il Prof. Zamagni in un suo intervento: “Aver legittimato politicamente la separazione (e non già la distinzione, il che è ovvio) tra sfera economica e sfera sociale, attribuendo alla prima il compito di produrre ricchezza e alla seconda quello di distribuirla è stata la grande “colpa” del welfare State. Perché ha fatto credere che una società democratica potesse progredire tenendo tra loro disgiunti il codice dell’efficienza – che basterebbe a regolare i rapporti entro la sfera dell’economico – e il codice della solidarietà, che presiederebbe invece ai rapporti intersoggettivi entro la sfera sociale”. Negli ultimi 30 anni ci si è limitati a una concezione assistenzialistica nella distribuzione delle risorse. Si è puntato sul “raccogliere e distribuire” identificando nei proventi della solidarietà fiscale la condizione necessaria e sufficiente per operare. Le strategie per “prendermi cura” sono diventati sistemi assistenziali gestiti a costo e non a investimento, senza cercare nuove forme di aiuto e sviluppo umano e sociale.

L’incontro tra i diritti e i doveri dovrà garantire un miglior rendimento delle risorse a disposizione. Ma non sarà possibile in un mondo in cui diritti e doveri non si parlano. La non comunicabilità fra diritti e doveri è derivata da forme di protezione a “riscossione individuale”. Non chiedono e non incentivano solidarietà e responsabilizzazione sociale. E’ giusto consumare risorse “in privato” senza rigenerarle per altri? Ogni volta che i diritti sociali vengono considerati solo “individuali” mortificano la propria natura: quello che ricevo è per aiutarmi e per mettermi in condizione di aiutare. Sono diritti condizionati non tanto dal limite delle risorse ma dalla mia e nostra capacità di rigenerare le risorse a vantaggio di altri.

E’ necessario che ogni persona possa gustare la libertà dalla dipendenza assistenziale, dall’aiuto che non riconosce dignità e capacità. Le istituzioni, dopo aver raccolto le risorse con la solidarietà fiscale, devono evitare che siano consumate da “aventi diritti senza doveri”. Ognuno è chiamato a diventare protagonista dello sviluppo proprio, della propria famiglia, del proprio paese. E ogni persona è chiamata a mettere in gioco la propria libertà, il più grande dono fatto agli uomini. Senza questa prospettiva generativa, ogni forma solamente assistenziale andrebbe a ledere la dignità delle persone.

Quindi non si può solo raccogliere e distribuire, ma rigenerare, rendere in termini sociali, responsabilizzare. Nei servizi sociali, i margini di investimento sono considerevoli perché la parte della spesa assistenziale trasformata in servizi alle persone e alle famiglie è solo il 10%. Si può contare sul 90% degli attuali trasferimenti monetari (45 miliardi circa) per assistenza sociale in gran parte improduttiva, trasferita a costo e non a investimento, per potenziare la capacità di aiutare con occupazione di Welfare. Ma politicamente non è facile togliere quello che è stato concesso e che genera costo.

Ogni aiuto che valorizza le proprie capacità è anche moltiplicatore di valore. E’ una opzione etica visto che anche agli ultimi va riconosciuto il diritto di contribuire a una socialità che si rinnova, nel momento n cui diventa più capace di essere solidale. Un diritto diventa a pieno titolo sociale quando genera benefici per la persona e contemporaneamente per la comunità. Quando non rigenera, chi beneficia sottrae bene pubblico a fini individuali.

Allora se il principio attivatore del Welfare generativo è “non posso aiutarti senza di te” occorre capire che cosa si può fare con l’aiuto messo a tua disposizione.

Naturalmente è una sfida che stimola la creatività e non è esente da rischi e da difficoltà. E’ complessa la gestione di un potenziale umano ed economico di grandi proporzioni, che non si può più continuare a trattare in termini assistenziali, ma solo con fonte di dignità e valore.

E’ una impresa che necessita del coinvolgimento attivo di più soggetti: le istituzioni, le imprese, il terzo settore, il mondo del volontariato. E’ una grande opportunità per sperimentare la sussidiarietà come fattore di sviluppo applicando il comma 4 dell’articolo 118 della Costituzione: “La Repubblica si impegna-in tutte le sue articolazioni della sussidiarietà verticale-a favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

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Il pollo di Trilussa allevato a Cesena https://www.energienuove.eu/il-pollo-di-trilussa-allevato-a-cesena/ https://www.energienuove.eu/il-pollo-di-trilussa-allevato-a-cesena/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:11:51 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2067 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Il pollo di Trilussa allevato a Cesena

di Franco Pedrelli

Il Sor Trilussa spiegò molto bene gli effetti della statistica con la sua celebre omonima poesia applicata al pollo, ancor più il finale è quanto mai esemplificativo: “se nun entra ne le spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perché c’è un antro che ne magna due”. Ecco, guardiamo il pollo trilussiano allevato a Cesena.

Giunta nuova al comando, temi vecchi ereditati, come i mai soluti insoluti, un innocente gioco di parole per porre l’evidenzia sui 38 milioni di euro di ruoli emessi dal comune di Cesena e mai onorati dai cittadini debitori. Il nuovo sindaco ha liquidato la questione bollandola, nel corso di un dibattito pubblico, come fake news, rifacendosi alle vulgata rilasciata dalla precedente Giunta e ben presente nel sito istituzionale dell’ente. Certo che come discontinuità rispetto al precedete sindaco il viatico non è dei migliori, confermato dall’assenza di qualsivoglia dubbio in proposito. Come dire, sindaco a 31 anni e già tutto imparato ancor prima di iniziare, sinonimo di chi ha studiato tanto, o si è fatto suggerire di più.

Veniamo al pollo, questo costituito da quanto serve per fare il bilancio comunale annuale di 80-90 milioni di euro, per la quasi totalità pagato dai cittadini, con imposte, tasse, servizi e infrazioni al Codice della Strada. Se tu paghi 100, l’altro zero, la statistica dice appunto che ciascuno paga 50, ma non è vero assolutamente, e lo sappiamo bene: un mezzo pollo statistico a testa. Se il gioco continua, senza modifiche, si arriva al punto che il “pollo” continuerà a mangiarlo solamente uno, l’altro costretto a…morire di fame, metaforicamente parlando. Statisticamente siamo quindi nell’ambito dell’equità, nella realtà viene applicata una evidente discriminazione. Cesena città virtuosa, ripetuto anche recentemente, ma siamo sempre nella statistica.

Come si fa allora a superare questa logica fredda? Semplice, scendendo con la statistica di livello, applicandola per indagare i soggetti a cui spettano uno o più “polli”, quanti invece ne risultano senza, da quanto tempo, dove sono collocati. Solo in questo modo si possono applicare correttivi distributivi adeguati, qualora vi sia la voglia di farlo.

Venendo agli insoluti, sappiamo il loro totale, già obsoleto mentre ne scriviamo, la sua macro ripartizione, la cui parte più cospicua è determinata dalle infrazioni stradali, seguita dalla Tari in grande spolvero, sappiamo di una crescita continua ed accelerata negli anni, ma nulla sappiamo della loro effettiva e puntuale consistenza statistica. È importante conoscerla, perché in tal modo si possono individuare sacche di criticità sociale, che possono riguardare sia le famiglie che le imprese, nello stesso tempo individuare comportamenti scorretti che si ripercuotono sulla collettività.

Sarà bene che i cittadini inizino a comprendere bene cosa giri per loro attorno al tema degli insoluti, questi 38 milioni di euro che sono tanti, ma che sembrano essere di altri, mentre invece riguardano singolarmente tutti quanti, in quanto mancate capacità di spesa dell’ente comunale, che si ripercuotono su investimenti, welfare, manutenzioni. Non per niente la nuova giunta ha indicato la necessità di una manovra di bilancio per poco meno di 4 milioni di euro, e dove pensate che vengano trovate le risorse necessarie? Per gli investimenti si tratterà di accendere mutui, che ricadono sul bilancio sotto forma di oneri correnti di interessi. Sul resto si opererà con tagli, maggior contributi per i servizi individuali, maggiori entrate da tassazione e imposte. Quanto sarebbero più indolori ed ampie le manovre se si potesse accedere a quei 21 milioni di euro di fondi accantonati per crediti di dubbia esigibilità, figli degli insoluti: sono lì, ma non li puoi utilizzare. Per assurdo, i soldi disponibili sarebbero quasi il doppio se tutti pagassero tutto, eliminando il totale di 38 milioni di euro di insoluti. Situazione idilliaca questa, certo, ma a cui ci si potrebbe avvicinare.

Nel dettaglio. ogni servizio, imposta, tassa, genera insoluti, per definizione, ma quando si instaurano costumi comportamentali è bene alzare l’attenzione, procedere con azioni correttive, agire con la dovuta trasparenza. In altre parole la politica deve affrancarsi dal quieto vivere burocratico imposto dalle amministrazioni. Nei giorni scorsi la stampa ha rilanciato il tema delle infrazioni del Codice della Strada, che a livello nazionale non vengono pagate nella misura del 40%. Bene, Cesena ha la previsione per l’anno corrente di un totale di infrazioni pari a 4.340.000 euro, con l’accantonamento di legge al già citato fondo crediti di dubbia esigibilità di 2 milioni di euro: siamo nella perfetta norma e qualcosina di più. Come valore assoluto di insoluti segue la Tari, dove da quei 16 milioni di euro del costo del servizio rifiuti si generano 3 milioni di euro di insoluti attesi per l’anno in corso. Per legge l’intero costo del servizio rifiuti va caricato in bolletta, perché sono i cittadini a doverne rispondere in toto e direttamente: in altre parole, al costo del servizio vero e proprio svolto da Hera, vengono aggiunti i mancati incassi, leggi insoluti; come i recuperi positivi da evasione, ma anche il non esiguo costo del servizio di accertamento e riscossione. Potremmo continuare con le rette nidi e refezione scolastica, IMU, ICI, imposta di soggiorno, canoni di locazione e crediti vari.

Il modello di “non pagare” si è consolidato negli anni, complice la “crisi economica”, tant’è che vi sono comuni a noi vicini che hanno pensato di agire in modo meno burocratica e più pragmatica. Parliamo di Riccione e Cesenatico, due giunte di segno politico diverso con l’unico obiettivo di riscuotere la Tari, che per le imprese ed esercizi commerciali può significare decine di migliaia di euro alla volta. Ingiunzioni rapide, pena la sospensione della licenza commerciale. Sembra che stia funzionando. Sul fronte degli altri insoluti, ad iniziare dal codice della strada, sarà bene capire quanto sia conveniente affidarsi a società di riscossione che pretendono bassi aggi, ma con tempi esecutivi anche di 10 anni. Spendere poco per non incassare nulla o quasi rende felici solamente chi verso questi crediti ha un rapporto prettamente burocratico. Tant’è, se i tempi di riscossione si allungano subentrano poi varie forme di cancellazione del debito, dai condoni periodici che caratterizzano il Bel Paese, alla loro naturale inesigibilità: nel 2018 ben 3,8 milioni di euro di crediti sono stati stralciati dal bilancio del comune di Cesena perché inesigibili.

Nei mesi passati sono state chieste in Consiglio Comunale soluzioni per il maggior controllo periodico degli insoluti, la loro supervisione unica, la loro analisi di dettaglio, la rivisitazione organizzativa del modo di procedere, ma se siamo qui a riparlarne è evidente che ci si è voluti soffermare al solo “pollo” statistico, questo nonostante l’attenzione sollevata anche dai Revisori dei conti.

Quindi oggi giunta nuova, ma problemi vecchi, senza che questo debba giustificare il dare tempo al tempo visto l’insediamento recente del governo locale, anzi occorre fare pressione da subito, perché con un sindaco che parla di “fake news” e un assessore part time al bilancio con esperienze nel pubblico di informatica, chi veramente gestisce la partita è l’apparato dirigenziale, quello di prima, con gli immutati comportamenti gestionali attesi che sinora hanno caratterizzato i 38 milioni di euro di insoluti, la parte passata a coattiva, l’accantonamento al fondo rischi per crediti di dubbia esigibilità, lo stralcio annuale dei crediti non più esigibili.

Nei banchi dell’opposizione rimane una buona esperienza su come seguire gli insoluti, ad iniziare dalla interpellanza che sarà bene fare quanto prima, giusto per avere il quadro a metà d’anno, auspicando che la risposta sia più celere dalla prima, ben 15 giorni per avere il dato contabile. Quindi ripeterla ogni 3 mesi, sino quando sia divenuto costume per l’amministrazione attuare il controllo e la gestione come prassi.

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La transizione al digitale https://www.energienuove.eu/la-transizione-al-digitale/ https://www.energienuove.eu/la-transizione-al-digitale/#respond Tue, 23 Jul 2019 15:09:33 +0000 https://www.energienuove.eu/?p=2065 Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

La transizione al digitale

di Francesco Beccari – Esperto di organizzazione nella Pubblica Amministrazione

Nel 2005 con il d.lgs n. 82 veniva redatta la prima versione del Codice dell’Amministrazione Digitale, una serie di articoli che mettevano le basi del passaggio all’amministrazione del futuro, in linea con quelle che erano le innovazioni tecnologiche e di processo che il mondo del privato stava già sperimentando da più tempo e con successo.

A dicembre 2017, con il Decreto Madia, si è arrivati alla sua quinta versione, che ha ratificato alcuni assi portanti (la PA forma e firma gli originali dei propri documenti con mezzi informatici, razionalizza e semplifica i procedimenti amministrativi, le modalità di accesso e di presentazione delle istanze da parte di cittadini ed imprese in conformità di precise prescrizioni tecnologiche ma soprattutto la carta non è più uno strumento di comunicazione con e fra le Pubbliche Amministrazioni) ma soprattutto ha ribaltato il paradigma classico delle normative: la transizione al digitale non è tanto un obbligo con scadenze e sanzioni, bensì la si è trasformata in un diritto per cittadini ed imprese.

Con questo ribaltamento di prospettiva, con questa sorta di rivoluzione copernicana, la pubblica amministrazione risponde del mancato passaggio al digitale nel momento in cui ad un cittadino o ad una impresa vengono negati i propri diritti digitali.

Per esempio, se un cittadino ipovedente ricerca una delibera di consiglio comunale che lo interessa e non riesce a leggerla con i dispositivi tecnologici che gli rendono accessibili i documenti perché questa è una scansione (quindi una immagine) e non una conversione in PDF che un lettore OCR riesce riconoscere, ecco che ha il diritto di rivolgersi al Difensore Civico per il Digitale e segnalare il disservizio. In quel caso, qualora si rilevi che effettivamente non si è provveduto a pubblicare i documenti in modo accessibile, ecco che scatterebbe una sanzione per mancata osservanza di uno degli articoli del CAD.

È chiaro quindi che dopo 14 anni e 5 revisioni, chiamarlo “Codice dell’Amministrazione Digitale” risulta fuorviante, poiché oggi non esiste (o almeno non dovrebbe) una Amministrazione “analogica”, ma solo Digitale e pertanto il d.lgs 217/2017 è oggi l’unico Codice dell’Amministrazione.

Ma come è possibile comprendere dagli scarsi progressi fatti in 14 anni, oltre che per l’esperienza di tutti i giorni nelle relazioni che si hanno con la PA, la trasformazione digitale è molto complessa e pertanto va gestita in maniera manageriale. Non per niente l’articolo 17 del CAD per supportare questo processo istituisce una nuova figura: il Responsabile per la Transizione al Digitale, ovvero una figura apicale individuata tra quelle già esistenti nelle singole organizzazioni pubbliche e dotata di adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali.

Poiché è difficile che in una unica risorsa siano concentrate queste 3 caratteristiche, il CAD parla di istituire un “ufficio” che si occupi della “transizione alla modalità operativa digitale e dei conseguenti processi di riorganizzazione”. La figura a capo di questo ufficio deve essere nominata dal vertice politico od amministrativo (a sottolineare che la digitalizzazione è anzitutto una responsabilità politica) e ad esso deve rispondere.

Le responsabilità ed i compiti di questa figura sono di varia natura ma è interessante vedere quanto l’elemento organizzativo sia ricorrente nei commi dell’articolo 17: si è infatti passati dalla mera informatizzazione (“ci serve un software”) alla digitalizzazione (“reingegnerizziamo i nostri processi in logica di efficienza e sfruttando al meglio le potenzialità del software”), portando quindi finalmente l’organizzazione al centro del processo di transizione.

Tutte le pubbliche amministrazioni sono quindi impegnate in questa trasformazione, dal primo dei dirigenti all’ultimo degli uscieri.

Per evitare però che continui a rimanere lettera morta per l’indifferenza dei dipendenti pubblici, sarebbe strategico legare i vari step di digitalizzazione al piano della performance e premiare il raggiungimento di questi obiettivi con un riconoscimento economico, legando quindi la digitalizzazione al PEG.

Se infatti la transizione al digitale è elemento strategico per il futuro della pubblica amministrazione, tale processo va governato, misurato e valutato alla stregua di qualsiasi altro processo di un Ente.

Ma non dimentichiamoci di una cosa: il processo di digitalizzazione, in particolare dei processi che riguardano i cittadini, non deve essere “esclusivo”, ovvero non deve portare all’esclusione automatica di fasce di popolazione che, per motivi diversi, non possono o non vogliono dialogare con la PA utilizzando le tecnologie informatiche.

Un monitor per qualcuno potrebbe rappresentare una barriera, una sorta di ostacolo invalicabile, un elemento che li esclude dall’accesso ai servizi cui hanno diritto, un ricordo del vecchio “divisorio”, che trattava il cittadino alla stregua di un appestato da tenere relegato al di là di uno spesso vetro.

Ecco quindi che le modalità di accesso fisico si servizi devono essere conservate, sia come luogo in cui l’Amministrazione accoglie il cittadino e raccoglie le sue richieste, sia come momento in cui gli operatori di sportello insegnano ai cittadini come utilizzare i servizi on line, modificando gradualmente il proprio ruolo: da operatori di servizio a facilitatori di servizio.

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