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Anche l’urbanistica è questione di cultura

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Giampiero Teodorani

Sembra che il pensiero dominante nei programmi del Comune sia quello di tagliare al più presto le tante, inutili e dannose aree edificabili, inserite nel Piano Regolatore del 2000. Nessuno però spiega quali siano criteri, concezioni e obiettivi che si propone la “nuova urbanistica”. E’ una linea comunque molto gradita ai vari grillini, ambientalisti verdissimi, populisti di moda; questo dunque è il momento di salire sul carro del vincente (non è del resto la prima volta) e, dopo l’abbuffata degli anni scorsi, di proporre una dieta per uscire dalla stagnazione del comparto dell’edilizia. Una ricetta che credo vada discussa, e anche in modo molto approfondito! Così come non credemmo allora che la soluzione al problema degli alti prezzi degli alloggi andasse trovata nell’espansione delle aree edificabili, per creare un mercato e una concorrenza, di fatto inesistenti, oggi pensiamo che nuove e ben diverse modalità d’intervento vadano adottate. Si potrebbe, ad esempio, stabilire che le previsioni urbanistiche vigenti si attuano per Programmi Pluriennali Triennali e nel primo programma si inseriscono solo quelle aree i cui proprietari sono disponibili a cederle, a prezzo calmierato e quindi convenzionato, alle imprese e ai cittadini che costruiscono alloggi per prime case o comunque abitazioni dove l’incidenza del terreno non superi il 10-15 per cento del prezzo di cessione. Criteri analoghi si possono individuare per le aree destinate al “produttivo”, in base alle tipologie, ai sistemi costruttivi, alla qualità del recupero e tanti altri aspetti. Si tratta, dunque, di esprimere idee per una cultura di governo della Città, che francamente, negli atti fin qui proposti, non emerge . Risulta molto discrezionale l’ “aggiungere” (come in molti casi è accaduto in passato); non vorremmo che lo stesso metodo si seguisse per “togliere”. Anche il tagliare le aree per le quali non ci sono state manifestazioni di interesse o sulle quali non siano stati realizzati accordi di programma o presentati progetti è un criterio riduttivo e parziale. Se quelle aree fossero strategiche per la realizzazione di future infrastrutture, magari di interesse pubblico? Occorre affrontare anche il problema del contenzioso amministrativo-giudiziario che si potrebbe creare, qualora il provvedimento risultasse scarsamente motivato. In materia è sostanziale ispirarsi a criteri generali, magari rivisti rispetto al passato, ma sempre con contenuti di equità, di certezza e nell’interesse generale. Dai documenti pubblici fin qui presentati emergono anche palesi incongruenze a livello di ragionamenti elementari, ad esempio sul “costruire a ogni costo” come soluzione incentivante per l’occupazione. Nei giorni scorsi l’Amministrazione Comunale nel comunicare che intende procedere al taglio di diverse aree edificabili, già comprese nel Piano Regolatore vigente, per quanto riguarda le aree produttive, sembra che concederà superfici edificabili a quelle aziende che si impegnano a assumere nuovi dipendenti. Nel comunicato della Giunta del 12 dicembre 2013 si afferma: “che fra i motivi della scelta (che al momento riguarda due aziende) c’è proprio anche quello di una maggiore occupazione che le due aziende garantiscono con i loro rispettivi piani aziendali, prevedendo una crescita del 20% sia in termini di indotto che di unità lavorative”. Prosegue il comunicat “ …le due aziende dovranno dare inizio ai lavori nel termine perentorio di 5 anni dalla data di approvazione definitiva dell’accordo, pena la decadenza dell’accordo stesso”. In sostanza, il proposito che si esprime è quello di mettere in relazione la previsione di nuove aree ai piani industriali delle aziende, condivisibile sul piano teorico, peccato però che non si dica come si sostanzi nel concreto. È un invito agli imprenditori al fai da te? A cercare aree agricole a basso costo, magari marginali rispetto al contesto urbanizzato e pagarle poco? Risulta chiaro che tutto è frutto di molta improvvisazione, che non c’è dietro un pensiero programmaticamente profondo e innovativo; anzi, a dire il vero non c’è neppure la novità. Già in passato, infatti, per quanto riguarda le zone agricole, c’è stato chi sosteneva che l’edificazione in campagna fosse legata alla capacità produttiva dell’azienda, derogando quindi dai parametri tradizionali di edificato in rapporto alla superficie. Ovviamente, e per fortuna, tale criterio non trovò pratica applicazione nel nostro PRG, e ci auguriamo che nessuno voglia oggi riproporlo. Anche perché una domanda viene spontanea: cosa accade se i piani aziendali (per l’agricoltura) o quelli industriali (per il produttivo) falliscono e questo, purtroppo, a volte può verificarsi? Si demolisce quel che è stato costruito in deroga ai parametri urbanistici? Crediamo che il rapporto fra economia e urbanistica sia già sufficientemente complesso, e non sia il caso di creare altra confusione o interdipendenza. Se qualcuno crede che i problemi che nascono dall’economia si risolvano con l’urbanistica, e viceversa, si sbaglia davvero di grosso.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 9:00 am
  •   In The Categories Of : Politica Locale

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