Il braccio di ferro durato nove mesi all’interno degli organismi che ruotano intorno al Gruppo Unibanca è giunto a un punto fermo nella serata di lunedì 12 gennaio 2009, quando il consiglio generale (organo di indirizzo formato da 20 membri) ha fatto propria la delibera del consiglio d’amministrazione (nove membri diversi da quelli del consiglio generale) del 20 dicembre 2008 che aveva sospeso ogni trattativa per la cessione di una quota del capitale di Unibanca spa, la holding che controlla Cassa di Risparmio di Cesena e Banca di Romagna. Questo il testo integrale del comunicato diramato in serata e ripreso con evidenza dai quotidiani locali: <Il Consiglio Generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, nella seduta odierna, preso atto della delibera con la quale il Consiglio di Amministrazione, nella seduta del 20 dicembre scorso, ha disposto la sospensione delle trattative finalizzate alla cessione di azioni della partecipata Unibanca; considerate le difficoltà oggettive, determinate dalla situazione dei mercati finanziari, di realizzare nel breve termine una operazione strategica; ha riaffermato la volontà di procedere sulla via di una adeguata diversificazione degli investimenti patrimoniali della Fondazione, resa necessaria da puntuali obblighi di legge, e funzionale al rafforzamento patrimoniale ed economico sia della Fondazione stessa, sia del Gruppo Bancario Unibanca; ha peraltro concordato circa l’opportunità di sospendere le trattative già in corso, finalizzate alla cessione di quote di partecipazione societaria della Fondazione nel Gruppo Unibanca, ferma restando la massima attenzione a ogni evoluzione del mercato finanziario e bancario e a ogni possibile opportunità>. Pochi giorni prima il presidente Trevisani aveva comunicato al consiglio d’amministrazione che il Gruppo Intesa Sanpaolo aveva ritirato l’interesse, manifestato nella primavera scorsa, per l’acquisizione del 37% di Unibanca, notizia che peraltro girava già da qualche settimana.
Leggendo il comunicato stampa (il primo emesso dopo tanti articoli basati solo su voci filtrate da ogni parte) balzano agli occhi i ‘puntuali obblighi di legge’ che imporrebbero alla Fondazione Carisp di diversificare gli investimenti patrimoniali, ma pare che questi obblighi non esistano. Ci sono, è vero, delle indicazioni del Ministero del Tesoro, ma non si tratta di obblighi. Ciò lascia supporre che il braccio di ferro non si sia affatto concluso, ma si tratti solo di una momentanea tregua. Va sottolineato, inoltre, che ottemperare ai supposti ‘puntuali obblighi di legge’ diversificando il patrimonio nella primavera 2008, quando il presidente Davide Trevisani presentò alla stampa il progetto di cessione del 37% delle azioni di Unibanca al Gruppo Intesa Sanpaolo, avrebbe creato parecchi problemi perché pochi mesi dopo c’è stato il crollo delle borse mondiali, con forti riduzione dei valori azionari e dei rendimenti. Unibanca, invece, è ancora lì al suo posto, ha continuato a crescere senza scossoni e la chiusura del bilancio 2008 dovrebbe segnare un utile netto (e quindi un dividendo) analogo a quello dell’anno precedente.
Inizialmente quello che Davide Trevisani chiama ‘Progetto Romagna’ (ma forse sarebbe più corretto chiamarlo ‘Progetto Forlì-Cesena’) aveva avuto una buona accoglienza da parte di quella che viene definita la ‘società civile’: le associazioni di categoria, ad esempio, non avevano sollevato alcuna obiezione alla presentazione del progetto a loro dedicata. Poi, con il passare delle settimane, il clima è cambiato: le critiche al progetto provenienti soprattutto dall’interno del Gruppo Unibanca hanno trovato sempre maggiore credito all’esterno, anche da parte di chi aveva già espresso apprezzamento per il ‘Progetto Romagna’. Anche i sindacati (sia Cgil, Cisl e Uil, sia la Fabi) avevano espresso critiche che andavano ben oltre l’ovvia difesa dei posti e dei diritti dei lavoratori.
E’ probabile che nel giro di poche settimane il clima si surriscaldi di nuovo perché il consiglio generale potrebbe essere chiamato a decidere quale quota di azioni Unibanca cedere: il 15% che consentirebbe alle Fondazioni di Cesena (48%), Lugo (11,5%) e Faenza (6,4%) di mantenere in portafoglio il 51%; il 37% come chiedeva Trevisani; il 51% che consentirebbe alle tre fondazioni di incassare il ‘premio di maggioranza’ mantenendo in tasca complessivamente il 15% della spa bancaria. In ogni caso sarà difficile vedere movimenti concreti prima di un anno: in primo luogo le turbolenze finanziarie internazionali consigliano prudenza a chi deve acquistare, in secondo luogo c’è da considerare che il contratto che lega le tre Fondazioni all’advisor Vitale e Associati di Milano (revocato a fine 2008) prevede il pagamento di un onorario di 700.000 euro in caso di cessione di una quota di Unibanca entro un anno; da qui a dicembre 2009, quindi, ogni mese di attesa equivale a un risparmio di oltre 58.000 euro. La contrapposizione all’interno della Fondazione si manifesterà anche alla prossima assemblea: per i sei nuovi membri dell’assemblea da nominare ci saranno due liste ben distinte.
Dove andrà a finire Unibanca è una domanda alla quale oggi nessuno può rispondere. Alla spinta verso la galassia del Gruppo Intesa Sanpaolo attraverso l’unificazione di Unibanca e Cassa dei Risparmi di Forlì che porterebbe alla realizzazione (peraltro parzialissima) del trentennale progetto Cariro tanto caro a Trevisani, oltre al rafforzamento patrimoniale della Fondazione, si contrappone un blocco trasversale che vede la maggioranza del consiglio d’amministrazione e una quota consistente del consiglio generale della Fondazione Carisp schierati insieme ai consigli d’amministrazione di Unibanca, Cassa di Risparmio di Cesena e Banca di Romagna; questo blocco privilegia il localismo e il radicamento nel territorio, pur tenendo conto delle opportunità offerte dalla presenza nel capitale di un gruppo di grandi dimensioni, per cui vedrebbe di buon occhio l’ingresso in un gruppo con impianto federalista come Ubi Banca. A complicare ulteriormente le cose c’è il fatto che le tre Fondazioni, legate da un patto di sindacato fino al 10 maggio 2010, da qualche tempo non hanno più orientamenti univoci: delle perturbazioni interne a quella di Cesena abbiamo detto, Lugo ha assunto una posizione che privilegia la cessione di non più del 15% di Unibanca, mentre Faenza tende ad accodarsi a Cesena. E poi ci sono i quasi diecimila azionisti privati di Unibanca che controllano il 34% del capitale, ma contano poco. La prudenza della banca, che mantiene gli scambi azionari a un prezzo attorno ai 18,5% quando il valore fiscale dell’azione è stato rivalutato a 24,7 euro, non favorisce certo gli scambi perché di azioni in vendita se ne trovano poche e la lista di chi vuole acquistare è corposa. Il braccio di ferro sarà ancora lungo: Davide Trevisani ha due anni di tempo prima di dover lasciare la presidenza della Fondazione (ma gli sono già arrivate richieste di dare le dimissioni), mentre lo schieramento che non vuole cedere la maggioranza di Unibanca è più articolato e, pur non avendo un leader, sembra più forte. |