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Un modello di territorio integrato contro la crisi

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Stefano Bernacci

La sfida epocale a cui ci apprestiamo è quella di creare il nuovo modello di area vasta romagnola in una fase perdurante di crisi in cui siamo chiamati a costruire fuori dai perimetri e in una prospettiva più ampia. Partiamo dal contest i dati economici più aggiornati hanno le parvenze di un bollettino di guerra: riduzione significativa delle imprese attive, crescita esponenziale dell’utilizzo della cassa integrazione, prestiti col contagocce concessi alle imprese, vertenze che mettono a rischio la permanenza di consolidate realtà industriali rappresentano indicatori tutti negativi che fotografano una situazione, al di là degli auspici di ripresa, ancora complessa e preoccupante. La nostra realtà provinciale e l’intera Romagna soffrono di più rispetto ad altre zone della nostra Regione e ad aree con cui in questi anni abbiamo confrontato le nostre performance. Nel Cesenate, va rilevato, la tenuta di alcuni settori strategici e la presenza capillare di un moltitudine di piccole imprese hanno svolto di fatto una provvidenziale funzione di ammortizzatore attutendo gli effetti della crisi. Occorre pertanto assegnare il giusto merito a quelle aziende di medie dimensioni guidate da lungimiranti imprenditori locali che hanno reagito alle sirene della delocalizzazione mantenendo la propria presenza e spesso aumentando gli investimenti sul territorio. Nonostante l’impegno e le capacità di questa attrezzata classe imprenditoriale che reagisce allo spettro del declino, è evidente la crisi del nostro modello di sviluppo. Né si può sperare che prima o poi arrivi una imprecisata ripresa. La ripresa può derivare solo dallo sviluppo e lo sviluppo lo fanno le imprese all’interno di un ambiente favorevole alla crescita. Per questo è necessario che le istituzioni a tutti i livelli e la politica producano subito fatti concreti sorretti dalla consapevolezza che “Senza Impresa non c’è Italia”, come recita lo slogan della grande manifestazione nazionale di rete Imprese Italia del 18 febbraio a Roma. Senza piccola impresa non c’è Italia, aggiungiamo noi, assodato che il nostro è un sistema economico costituito per oltre il 98% da aziende che occupano meno di 10 addetti. Mentre le multinazionali, noncuranti (?!) dei contributi ricevuti dallo Stato, sembrano preoccuparsi soltanto dei livelli di stipendi polacchi o di trasferire le sedi dove possono sfruttare al massimo i vantaggi fiscali glissando sul fatto che la ricchezza dovrebbe andare attraverso la tassazione a beneficio anche dei sistemi economici e sociali che hanno contribuito a produrla, resiste impavido sul campo un sistema di imprenditoria diffusa che – pur scontando gli stessi problemi in materia di costo del lavoro e fiscalità – continua a produrre in loco ribellandosi alla logica della decrescita infelice. È da questa forza, certo sfiancata e svilita ma non abbattuta, che dobbiamo partire convinti che gli attori locali possano giocare un ruolo fondamentale nella definizione di un nuovo modello di sviluppo socio-economico del territorio. Si tratta di avere il coraggio e la capacità di innovarlo senza perdere i valori fondanti della nostra comunità ma partendo dal tanto di buono che c’è per utilizzare nuove modalità di gestione e collaborazione. Nel 2008, quando la crisi cominciò a mostrarsi si alimentò nel nostro territorio, un dibattito partecipato e responsabile sulle modalità con cui fronteggiarla creando condizioni anche straordinarie per aiutare imprese e lavoratori. Seppure non abbiano riscontrato pieno successo furono prodotte iniziative che, se non altro ebbero il merito di mettere insieme soggetti pubblici e privati (istituzioni, associazioni, sindacati e banche) per identificare possibili iniziative comuni utili ad affrontare i problemi che la crisi poneva al territorio. Sono passati sei anni e paradossalmente di fronte ad una situazione nettamente peggiorata rispetto ad allora, poco o nulla si sta muovendo sul fronte dell’impegno comune a sostenere lo sviluppo reso così precario dalla crisi perdurante, quasi in preda alla rassegnazione e all’impotenza di fronte alle negative dinamiche del mercato ed alle impietose conseguenze sul piano economico e sociale locale. Gli attori pubblici e privati sembrano limitarsi all’ordinaria amministrazione, affrontando nei limiti funzionali e finanziari a loro disposizione, le singole partite senza la volontà o capacità di mettere al centro dell’impegno comune le politiche dello sviluppo e del lavoro. Sicuramente non si tratta di un compito facile e siamo tutti più indeboliti rispetto a qualche anno fa. Le incertezze sugli assetti istituzionali, le ridotte dotazioni finanziarie a disposizione degli enti locali, le complesse situazioni del mondo bancario, le difficoltà dei sistemi di rappresentanza sono dati di fatto pesanti che rischiano di convogliare l’attenzione di ogni attore verso il proprio malmesso orticello. Tuttavia di fronte ad una rivoluzione dello scenario che come le singole imprese riguarda anche i modelli territoriali rinunciare ad un protagonismo collettivo significa rassegnarsi ad una deriva che porterebbe verso un ulteriore declino. Abbiamo di fronte partite complesse e difficili che cambieranno profondamente il nostro modo di essere e le dinamiche all’interno del sistema locale. La sfida è già in att la modifica degli assetti istituzionali, la rete dei servizi di area vasta, le politiche di welfare abilitante e gli interventi a favore dell’innovazione del sistema economico rappresentano banchi di prova fondamentali per le nostre capacità di cambiamento. Molto c’è da discutere e da decidere insieme e sarebbe necessaria una strategia di coesione territoriale che al contrario,appare sempre meno forte. Mentre ragioniamo con gli altri ambiti romagnoli di nuove modalità di gestione rischiamo di essere indeboliti in questa trattativa dalle crescenti divisioni al nostro interno. Sempre più spesso assistiamo infatti a spaccature nel territorio provinciale sulle posizioni da assumere. E’ concreto il rischio di un big bang istituzionale nel momento in cui, venendo a meno il collante derivante dalle funzioni provinciali si rivoluzioneranno gli assetti tradizionali con notevoli implicazioni per cittadini e imprese in termini di relazioni, servizi e costi. Uscendo dall’attuale gabbia istituzionale ognuno rischia di andare per conto proprio e sarebbe per questo importante raccordare il territorio con politiche che addensino le relazioni e che favoriscano la convenienza dello stare insieme. Non solo la politica, ma anche gli altri attori sono chiamati a creati legami più densi, con interventi concreti che creino amalgama, coesione, dando ragione dei vantaggi che nuove modalità di gestione possono produrre. Lo stesso vale per le politiche di area vasta. Al di là dei principi occorre infatti concentrarsi in termini concreti sulla governance, sulle modalità di presenza sul territorio e sulle relazioni con cittadini ed imprese. Qualche esempio a mo’ di flash: esperienze come Hera e l’Azienda Trasporti romagnola debbono rappresentare un modello per evitare di ripetere gli errori fatti e valorizzare invece il buono che è stato realizzato. Quanto al tema degli appalti, tanto caro alle imprese, non vorremmo che la grande dimensione della nuova Asl romagnola ostacolasse l’accesso delle imprese locali come purtroppo sta accadendo con la multiutility. Per affermarne la positività non è sufficiente sostenere che una dimensione più grande produce economie di scala e di specializzazione: occorre bensì valutare il ruolo che vorremmo e potremmo giocare nella nuova configurazione e lavorare, con un impegno collettivo, per il riconoscimento delle nostre posizioni. Lo stesso vale per Università, infrastrutture, reti dei servizi alle imprese e probabili futuri assetti del mondo bancario In altre parole: va benissimo tentare di uscire da angusti e superati perimetri territoriali ma a patto di aver chiaro quale potrà essere il vantaggio effettivo per il nostro territorio e come si svilupperanno gli impegni e le opportunità per gli attori locali. I quesiti cruciali a cui dobbiamo trovare risposte insieme son quale potrà essere il futuro del territorio cesenate in un’ottica prospettica, che tipo di città vogliamo sviluppare, quali politiche dovremo adottare per creare un ambiente favorevole allo sviluppo? Ecco noi riteniamo che auspicare un territorio romagnolo con una forte identità cesenate non sia una contraddizione ma al contrario l’unico modo per dare un percorso virtuoso ai cambiamenti che dovremo affrontare. L’esperienza insegna che tutte le volte che abbiamo sviluppato una logica di collaborazione e integrazione degli strumenti, in questo territorio sono stati conseguiti risultati importanti. Rimettiamoci dunque in cammin questa è la strada che proponiamo partendo, per quanto ci compete, dalla realtà del nostro sistema imprenditoriale e cercando di stimolare meccanismi virtuosi di supporto normativo, finanziario ed economico nell’ambito delle effettive competenze e disponibilità di ciascuno, grazie a un vero gioco di squadra.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 11:55 am
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