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Un antidoto alla burocrazia

     Dicembre 24, 2018   No Comments

Energie Nuove – NUMERO 2 – novembre 2018

Un antidoto alla burocrazia

di Francesco Beccari

Non molti sanno che il termine burocrazia significa letteralmente “dominio dell’ufficio” oppure “potere della scrivania”, in quanto mette insieme il termine greco “kratos” (dominio, potere) e quello francese di “bureau” (ufficio, scrivania). Con il termine burocrazia quindi si intendeva sottolineare il crescente potere dei funzionari pubblici nel governare i processi pubblici (e che avevano il massimo riverbero, in senso negativo, nei rapporti tra cittadini ed imprese) cui non corrispondeva però una pari efficienza.

Si ha burocrazia quindi quando un processo autorizzativo (pensiamo alla richiesta di costruire casa o al permesso per poter aprire una attività produttiva) presenta troppi livelli di giudizio (emblema della logica gerarchica che caratterizza molte strutture pubbliche), quando vengono richiesti tantissimi adempimenti, quando il rapporto tra costo sostenuto e qualità del servizio percepita è inversamente proporzionale e sbilanciato sulla prima voce.

Esiste quindi un antidoto alla burocrazia? Si, si chiama “semplificazione amministrativa”, che non è un argomento tecnico, come spesso può sembrare, ma riguarda tutti, perché da una amministrazione che aggredisce la propria burocrazia semplificando le proprie procedure, i propri linguaggi, le proprie modalità di comunicazione ed accesso hanno da guadagnarci tutti, dai cittadini alle imprese agli stessi dipendenti che ci lavorano.

Un importante professore universitario con cui ho avuto la fortuna di confrontarmi sul tema, una volta ha scritto quanto segue: “La burocrazia è come il colesterolo: c’è quello buono e c’è quello cattivo; entro certi limiti va bene, un minimo di regole servono per evitare il caos e l’anarchia amministrativa, ma oltre certi limiti diventa patologia e provoca l’ictus organizzativo ad una struttura di oltre tre milioni di lavoratori che offre servizi primari ed in monopolio a 50 milioni di cittadini e sei milioni di imprese. In Italia abbiamo superato da tempo la fase dell’ictus, oggi siamo in coma profondo.

In queste parole la burocrazia viene quindi associata ad una malattia che affligge in maniera cronica la nostra pubblica amministrazione e che per essere curata richiede ricerca continua, non soluzioni spot. Bisogna lavorare continuamente per ridurre la cultura giuridica e per elevare la cultura organizzativa.

Troppe volte la struttura organizzativa dell’Ente Locale si irrigidisce sulla forma, dimenticando non solo il buon senso ma soprattutto il proprio ruolo di “servitore civile”, troppe volte l’operatore della Pubblica Amministrazione si limita a suonare uno spartito, prescindendo dal fatto che le note che escono fuori producano una melodia o una accozzaglia di suoni e pur avendo spesso l’orecchio per capire dove intervenire.

La distinzione tra pubblico e privato è sacra e va conservata, ma se non si guardano i problemi da prospettive nuove, orientate all’efficienza della propria azione, al fare strategia, al cercare indicatori per misurare l’efficacia dell’azione pubblica, a migliorare la qualità del servizio erogato, il declino della Pubblica Amministrazione e degli Enti Locali in particolare è ahimè inevitabile, soprattutto per le realtà medio-piccole, inginocchiate già oggi da tagli di risorse, sia economiche che di personale.

In questi anni molte amministrazioni, sia a livello centrale che locale, hanno cercato di implementare azioni di semplificazione, spesso però scarsamente, chiaramente e correttamente veicolate e comunicate. Avviare progetti di semplificazione significa incidere sulla qualità dei processi amministrativi ed in particolare sui diversi elementi che lo caratterizzano: costi, tempi di risposta, soggetti coinvolti, etc.. Quando poi oggetto dei processi di semplificazione sono anche le funzioni di coordinamento, che nascono per snellire, ma che spesso sono percepite come ulteriori complicazioni, le ricadute positive possono avere un effetto moltiplicatore sui diversi ambiti operativi in cui tali funzioni di coordinamento sono chiamate ad intervenire.

Tuttavia, nonostante il legislatore abbia da tempo indicato delle aree di intervento precise in cui andare a semplificare, le amministrazioni incontrano numerose difficoltà a concretizzare i loro sforzi di snellimento, proprio per carenza di metodologia e capacità di analisi.

Ma poiché non si può però sempre aspettare che il legislatore metta mano alle norme, così come non si può lasciare ai vari TAR o al Consiglio di Stato il compito di dirimere le controversie (questo non significa semplificare!!), si rende necessario giocare di anticipo.

Si deve iniziare a sperimentare in maniera continua  soluzioni nuove (magari creando all’interno delle Pubbliche Amministrazioni un “gruppo di miglioramento continuo dei processi”) e promuovere – nel rispetto dei ruoli e delle identità – processi di snellimenti e di riorganizzazione anche a livello territoriale (vedi alla voce “fusioni di Comuni”, o “Provincia Unica”), orientati non a guadagnare rendite di posizione ma a far progredire e rendere più forte tutto il territorio locale.

 

 



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