di Maurizio Ravegnani
Dopo quindici anni e più di divisioni e lotte interne solo in nome degli schieramenti Centro destra – Centro sinistra, dopo le alleanze nazionali le più disparate in virtù di cartelli elettorali, e non politici e programmatici, (Segni, Sgarbi, Forza Italia, ecc.) dopo la scomparsa del simbolo dalle elezioni nazionali e regionali; dopo la fuoriuscita dal PRI di tanti suoi esponenti di spicco o la loro scomparsa fisica, un ricordo di spicco all’On. Prof. Oddo Biasini,fulgido esempio degli ideali e delle virtù repubblicane, se ne può dedurre che in questi quindici anni una politica nazionale il PRI non l’ha svolta e l’opinione pubblica, distratta ma non stolta, semplice ma non disattenta, gli ha voltato le spalle.
E noi che continuiamo a ragionare come fossimo il partito di Ugo La Malfa o Giovanni Spadolini, con la forza delle idee ed anche di un po’ di numeri, il “piccolo partito di massa” come ci definì Togliatti.
Nobiltà decaduta, non ancora costretta a vendere l’argenteria di casa , che si dibatte però in una estrema penuria per sopravvivere.
Penuria di uomini, di idee, di mezzi. Senz’altro. Ma almeno la dignità, l’onore, lo stile, che hanno sempre contraddistinto i repubblicani, devono essere salvi.
A marzo voteranno i diciottenni nati nel 1992, l’inizio della fine della prima Repubblica. Chi sa oggi in Italia, chi è il PRI fra questi diciottenni? Relegato alla storia di un tempo che fu, forse troppo vicino per essere studiato e troppo lontano dal modo di essere di questa nostra odierna società, imbottita di una politica del solo apparire e del solo tifare. Senza più ragionamenti, studi, approfondimenti.
La politica come il tifo, per una squadra o per l’altra, in virtù solo di un sentimento, di una simpatia, di un bel viso o di un bel corpo, o di una tradizione. Ma questo non può bastare, perché oltre alla passione ed al sentimento, la politica deve ragionare. E avere cercato di ridurre in questi anni le squadre a solo due, non aiuta a ragionare.
E lasciare che la gente si disaffezioni, disertando le urne perché non trova la sua “squadra”, non aiuta a ragionare.
Come non aiuta a ragionare e quindi a creare un tessuto sociale, culturale, civile fertile, il clima che oggi si è creato nel nostro Paese e che non ha bisogno di spiegazioni perché tutti lo vediamo.
Quando “l’interesse per il Paese” vorrebbe che si affrontassero, cercando di risolverli, i problemi che abbiamo, dalla crisi economica, alla sicurezza, dall’immigrazione al lavoro, alla giustizia, dalla laicità dello Stato alle infrastrutture, all’energia, per citarne solo alcuni.
E per risolvere questi problemi pensiamo davvero che l’Italia possa fare a meno di quel contributo che viene dalle forze laiche-liberali-riformiste, ora frantumate, disperse o al servizio di altri padroni?
Se crediamo che l’Italia non possa farne a meno, dobbiamo rimboccarci le maniche, gettare alle ortiche un po’ di pregiudizi e lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Iniziare un nuovo processo che sarà lungo, tormentato,
insidioso, pieno di buche e tranelli, di sirene e ciclopi, di maghe Circe e di Calipso, un’Odissea per farci trovare la nostra “Casa”. E in questa operazione tornare a parlare con la gente ed essere interprete dei loro bisogni, delle loro speranze, delle loro esigenze.
Con le fusioni a freddo, le battute, la demagogia, il populismo, la politica-spettacolo, le tifoserie, non cresce il senso civico di un Paese. Non crescono cittadini. Alla diseducazione civile va contrapposta una politica di educazione civile e i repubblicani devono essere i primi interpreti di questa nuova fase politica.
Dobbiamo guardare avanti, avere fiducia e speranza nel futuro. Solo così si salva una civiltà. E se oggi sembra di vivere nel Basso Impero, fra scandali di tutti i tipi, egoismi ed interessi solo personali, non dobbiamo né rassegnarci né restare inermi.
Anche questi anni passeranno, ma dovremo farci trovare pronti per il dopo. Iniziamo questo processo e consegnamolo ai giovani
Non so se re riusciremo a vederlo. Ma l’importante è iniziarlo. D’altronde la nostra storia di repubblicani, da Mazzini in poi, non ha mai visto compiuto, o molto poco, quello per cui si batteva.
Ci siamo abituati e non ci spaventa. La tenacia è un prerogativa dell’edera.
E se ogni anno celebriamo la Repubblica Romana del IX febbraio 1849, per ricordarne i principi ed i valori, ancor oggi disattesi, questo qualcosa vuole dire.
Perciò abbiamo l’obbligo morale di rivolgerci a tutti quei cittadini che sempre di più non votano, voltano le spalle, pensano che tutto sia uguale e che la politica faccia schifo, votano turandosi il naso, gli occhi e le orecchie, dicendo loro che si può cercare di costruire insieme “l’altra Italia” di Lamalfiana memoria. Per i nostri figli. Perché non ci si può arrendere di fronte a quello che si vede quotidianamente. E quest’Italia sempre più strapazzata, sempre più divisa per ricchezze, servizi, costumi, fra Nord, Centro e Sud non va lasciata alla deriva.
Facendo cosa si chiederà a questo punto il lettore?
Io non so se nascerà un altro partito, un movimento o altro che, ma so che é indispensabile e improcrastinabile lanciare un appello a tutti quei cittadini e forze politiche e sociali che si sentono orfani, dispersi, senza casa, ospiti che puzzano, usati e poi gettati, per dar vita a un qualcosa di ampio ed aperto, propositivo, con valori, idee, principi che si richiamano al mondo laico democratico, repubblicano, liberale, riformista, che intende la politica come bene comune, che non é per la sterile protesta o la soluzione demagogica. Che ritorna a fare politica seria e pragmatica e che crede nell’Italia. Se avremo la forza di iniziare questo percorso lo stillicidio continuo del Partito Repubblicano, sotto gli occhi di tutti potrà forse cessare. Ma da noi deve iniziare, da noi deve essere lanciata la proposta, da noi deve partire lo slancio vitale per creare questa nuova forza. Il Congresso Nazionale del PRI che si terrà entro il 2010 dovrà dare una risposta a questo. Nel frattempo si cerca di mantenere viva la fiammella repubblicana, sempre più consunta ma sempre ardente, almeno nella nostra Regione, stando nel dibattito politico, impegnandosi per la soluzione dei problemi, cercando di dare una risposta ai bisogni della collettività, lanciando proposte e non proteste.
E’ il fare amministrativo repubblicano che abbiamo nel sangue da generazioni, che ha dato alle nostre terre fior di amministratori, che ci fa ragionare sulle cose da fare, con quello spirito “laico” che é sempre più debole, fosco, rado nel nostro Paese. E’ presuntuoso pensare che l’Italia non riesca ad uscire dal pantano in cui si trova a causa dell’assenza di una forza come questa? E che i due blocchi, cattolico e comunista prima, destra e sinistra oggi, hanno sempre fatto di tutto per tenere a bada, o lontano, o marginarli forze come questa?
Ma l’Italia ha tanta gente onesta, seria, laboriosa che ha fatto un passo indietro. E allora rituffiamoci, perché questa non é una battaglia di sopravvivenza, o di furbizia, o per le prossime elezioni (che ci sono ogni anno), ma per il futuro del nostro Paese.
E facciamolo per quegli italiani che stanno aspettando, che credono ancora che le cose possano cambiare, per i giovani, nell’interesse del bene comune, o come noi Repubblicani abbiamo sempre detto, nell’interesse generale del Paese.