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Sogno, non ragione

     Luglio 23, 2019   No Comments


Energie Nuove – NUMERO 1 – luglio 2019

Sogno, non ragione

di Flavio Pasotti

Lasciamo perdere come è finita la partita a Bruxelles e Strasburgo: non conviene a nessuno sostenere che l’Italia è isolata, che non ha contato nulla e ha killerato il candidato presidente della Commissione più “vicino” e sensibile ai nostri guai. Lo sapevamo da subito che con una maggioranza politica nazionale che non aderisce a nessuno dei quattro gruppi politici più votati dai cittadini europei, con un Presidente del Consiglio autentico vaso di coccio tra i due Guardiani della Rivoluzione e la posizione di paese maggior debitore l’Italia avrebbe giocato a questo giro un ruolo marginale.

Ciò che deve interessarci è se questa marginalità è una scelta o una situazione contingente; e in ambedue i casi quali siano le conseguenze e cosa dobbiamo mettere in atto per evitarle.

La risposta è semplice da una parte e logicamente difficile dall’altra: la scelta è voluta perché nella Lega le due anime del Nord convivono a fatica. Da una parte i “professorini” soffiano sul fuoco sovranista forti di un appoggio popolare non secondario e puntano con decisione alla uscita dall’Euro. Dall’altra una Lega che sta stretta tra la promessa della Flat Tax e l’interesse, per non dire l’obbligo, dei suoi elettori nel rimanere all’interno dell’euro e della Unione Europea a pieno titolo. In mezzo Salvini che non riuscendo a scegliere deve garantire che i sondaggi confermino la prepotente avanzata elettorale e il conseguente ribaltamento dei rapporti di forza nel governo, in Parlamento e nel Paese: pena la sua detronizzazione.

Per non sposare l’una o l’altra strada, non avendo la abilità di volersi tenere le mani libere ma semplicemente non essendo in grado di decidere Salvini deve dimenticare la razionalità e giocare sulle emozioni.

Si è costruito un profilo decisionista come piace a molti, cerca appoggi internazionali sostenuto dalla grancassa di regime, alimenta la questione della immigrazione perché ha capito prima degli altri che un paese terrorizzato da un futuro peggiore del presente e un presente più avaro del passato cerca sempre l’untore e nulla lo rappresenta meglio sulla scena di chi ha più profondamente cambiato la nostra vita nella quotidianità di sapori, odori e abitudini. In più lo spauracchio della invasione, il nazionalismo come identità, il sacro a riempire ciò che la ragione rifiuta, le quinte colonne interne rappresentate dai magistrati di sinistra e il diritto, anzi i diritti individuali, come un ostacolo per la salvezza collettiva. Tutte cose conosciute.

Hanno un fondamento? No, lo sappiamo. Il fondamento è la paura, è una emozione. E una emozione noi per tradizione, noi che abbiamo da sempre la ragione come guida nelle scelte, facciamo fatica sia a comprenderla che a smontarla. Non servono i numeri e le statistiche, inutili sono le evidenze: quelle sono cose che servono per governare, non per vincere le elezioni in una situazione elettorale tanto liquida.

Servono emozioni “positive”, e questa è la parte difficile. Serve la capacità di rassicurare, non di smentire. Serve la forza maieutica di far sognare, di dare fiducia, di ottenere piccoli risultati che giustifichino e sostengano un grande disegno. Non è vero che gli italiani sono antieuropei, o che sono nemici di “questa” Europa o che l’Europa ci ha isolato. Viene difficile dire che è proprio l’Europa delle Nazioni che vogliono i sovranisti ciò che sta alle spalle dell’asse franco-tedesco. Ma l’Italia in Europa può essere ancora un sogno non nella logica della rivincita ma nella logica del sogno federale. Come deve essere un sogno costruire un messaggio politico positivo legato alla sanità, perché la popolazione invecchia e le paure crescono; legato alla scuola perché chi invecchia vede nel futuro dei figli il proprio futuro; legato alla pressione fiscale perché sono trent’anni che ci dicono che pagare le tasse è bellissimo ma non è vero; e legato alla immigrazione perché è un problema reale. Io non credo sarà facile fermare gli sbarchi e continuare a chiudere gli occhi su ciò che accade in Libia, posto che non troveremo su questo molti amici. Però si deve ragionare su diritti e doveri e se da una parte lo ius soli sta nelle cose dall’altra, una volta garantito un livello di assistenza sanitaria “universale”, forse altre regole del welfare, dalle case al sostegno, andrebbero graduati in modo che non vengano vissuti come una “sottrazione dei diritti” degli degli italiani ma come una “conquista” attraverso l’osservanza dei doveri da parte degli immigrati.

Problemi autentici questi, più dei barconi.

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