Energie Nuove – NUMERO 2 – novembre 2018
Serve più coraggio per poter vincere
di Maurizio Ravegnani
Il tempo incomincia a stringere, ma l’orizzonte è ancora fosco e nuvole coprono alla vista il sereno che, prima o poi arriverà.
Il 26 maggio incombe, ma tutti se la prendono comoda. Sette mesi sono lunghi ma sono anche brevi. Saranno senz’altro lunghi per il Paese, in presa a convulsioni, per mano di un governo che alza sempre di più i toni dello scontro politico fra i suoi due “contrattisti”, come a dire: qui ci siamo solo noi. Spread, Europa, occupazione, economia sono affari solo nostri.
E d’altronde chi c’è, se non loro? Chi? Forza Italia? Con Berlusconi che tira solo a rompere il governo per portarsi a casa la Lega, che poi lo soffocherà in un abbraccio mortale? Chi? Il PD stretto nella sua stessa morsa tra coordinatori prima, poi segretari ed ex segretari, fra congressi e primarie di cui si cercano contendenti?
Quali altre forze democratiche e liberali sono in campo in quest’Italia per dar voce ai cittadini seri, onesti, lavoratori quando il vento che soffia, e forte, qui come in Europa e nel mondo è quello delle democrazie illiberali o democrazie senza diritti o del liberalismo antidemocratico, o diritti senza democrazia.
Populismo e sovranismo sono la risposta di oggi alle mancate risposte di ieri da parte di chi governava o governa ancora.
Da Trump a Bolsonaro, da Putin a Orban a Le Pen stiamo vivendo una stagione che sembra aver dimenticato gli orrori di un passato assai vicino, quando l’incapacità delle forze democratiche e liberali di opporsi a ciò che stava avvenendo lasciò libero spazio a quelle che sarebbero divenute le tragedie del XX secolo. La storia non si ripete, ma trova tante occasioni per riproporre situazioni simili e punti in comune. Cambiano gli attori e i mezzi, ma lo spartito resta. E la storia è fatta di corsi e ricorsi e di cicli che si esauriscono dopo aver toccato il loro apice. Dagli Assiri agli Egizi, dai Greci ai Romani, dalla Spagna all’Inghilterra o dall’URSS per venire ai tempi nostri. Cicli lunghi o brevi, tutto si frantuma per poi ricomporsi con altre modalità.
Anche nella nostra città, dopo cinquant’anni di guida o predominio della sinistra, si parla di probabilità che ciò possa finire. Cesena ora è detta “contendibile” da parte di altre forze, nuove nella geografia politica e che da tanti sono viste come un repulisti del vecchio sistema, un rompere le incrostazioni, i poteri e dare voce ai bisogni e alle necessità di oggi, certamente diversi da quelli del 1970.
Ma siamo sicuri che sia così? La democrazia e la partecipazione mi sembra che vengano considerate diversamente. Quando la democrazia è affidata al web e alle società che lo gestiscono, quando i parlamentari possono essere estratti a sorte, quando a parole come tolleranza, solidarietà, redistribuzione della ricchezza, si sostituiscono intolleranza, esclusione, assistenzialismo, bisogna essere molto prudenti. Si sta cercando di sgretolare il sistema democratico. La luce si sta facendo fioca.
Sì, è certo che c’è più bisogno di sicurezza, ma questa come la facciamo? Armando i cittadini o con una giustizia veloce e con una sicurezza della pena? Non siamo cowboy e non lo vogliamo neanche diventare.
Sì, è certo che c’è più bisogno di occupazione e quindi di risorse per le famiglie, ma questa come la facciamo? Creando più possibilità di lavoro e distribuendo la ricchezza o dando solo più assistenzialismo?
Sì, è certo che c’è più bisogno di una nuova Europa, ma questa come la facciamo? Con i sovranismi nazionali o togliendo burocrazia, apparati, sovrastrutture?
E allora, tornando alle nostre elezioni cittadine, quali sono le proposte che le forze politiche in campo portano all’attenzione dei cittadini? Ancora non le conosciamo. Di programmi da parte dei due “contrattisti” di governo, qui avversari, non se ne vedono. Da parte del PD neppure, da parte di altri ci si riunisce in tavoli mal partiti, sghembi o zoppi, ognuno prepara le sue “armi segrete”, ognuno bada al proprio orticello, anche il M5S sembra spaccarsi in due e la Lega vuol mettere pure qui, dopo Forlì, il cappello su Forza Italia. Insomma, un terno al lotto.
Perché quel che conta oggi è il candidato Sindaco, la sua presa elettorale, il suo appeal, per usare un termine di moda, i suoi modi, la sua comunicativa, come si diceva in italiano una volta. I programmi vengono dopo. Non essendoci più gli ideali e i valori, e quindi i Partiti, ci sono gli uomini.
Quest’idea dell’uomo solo al comando, che oggi con Salvini tocca punti molto alti e che ha “dei babbi” come Berlusconi e Renzi (che oggi ci fanno sorridere), agli italiani in fondo è sempre un po’ piaciuta. I successi elettorali di Berlusconi prima e Renzi poi lo dimostrano, con la differenza che Berlusconi è sempre lì perché “l’Azienda” è la sua. Non voglio scomodare altri uomini soli, non è né tempo né luogo, ma il vento cambia spesso direzione e quando cambia non lascia molto scampo.
In questo mutamento di scenari politici e delle forme e modi di far politica, si è passato dai discorsi ai tweet, dal confronto allo scontro, dalla passione al tifo, dallo scontro politico a quello personale. Ieri leader politici, oggi uomini duri e decisi. Un po’ di scivolamento di qualità c’è stato, ammettiamolo, ma mai e poi mai la democrazia e la partecipazione possono essere messe in gioco.
Ideali, principi, valori come libertà, diritti, democrazia, tolleranza, giustizia sono indisponibili, mai negoziabili, e da questi non si può prescindere.
Bene, allora perché non creare una lista civica in cui questi siano i valori fondanti sulla base dei quali si erige un programma, un progetto per la città tenendo ben presente le necessità di oggi per il suo sviluppo e la sua sicurezza.
Lo spartiacque deve essere rappresentato dalla condivisione dei valori fondanti, non voglio dire di arrivare ad un C.L.N., con tutta la differenza che si impone e senza paragoni di sorta, ma tanto per capire che c’è necessità di unire e non di frammentare per arginare uno scivolamento che può diventare inarrestabile.
Quando nazionalismo, sovranismo, populismo sono parole troppo ricorrenti e i “me ne frego” appaiono sempre più spesso, beh! un po’ di preoccupazione bisogna averla. Per la Città, per il Paese.
Non è una cosa che si improvvisa, serve coraggio e determinazione, unità di intenti, ecco perché non si può perdere tempo. Non opera di trasformismo o di sommatorie, con uno che guida e i cespugli, come li chiamava D’Alema (ora pure lui cespuglio), al seguito. Serve un atto di grande responsabilità perché il momento è decisivo. Altrimenti si sarà condannati all’ininfluenza e all’irrilevanza.
Se si avrà la forza e la capacità di far comprendere ai cittadini-elettori che non è solo opera di facciata, ma ci sono idee e progetti, si potrà competere. Se invece ognuno per sé o addirittura, come a Trento in cui, ad esempio, la cosiddetta sinistra si è spaccata in tre, allora non vedo molte speranze. Saccenza, autoreferenzialità, autoconsiderazione, celebrazioni dei fasti e delle forze di un tempo non aiutano a comprendere il presente, ma divengono una zavorra da cui occorre liberarsi in fretta, se non vogliamo essere travolti.
Partiti, Associazioni, Movimenti, forze economiche e sociali che si rifanno ai principi di cui dicevo sopra non possono rimanere inerti o alla finestra o frammentati.
Forze e intelligenze della Città devono dare vita a una volontà comune lasciando da parte egoismi partitici e personali, pregiudizi, vecchi rancori di un tempo che fu, in nome di quel bene comune, di quel senso civico, di quell’interesse pubblico di cui, mi sembra, stiamo perdendo tracce e memoria, dietro a sovranismi e populismi, redditi di cittadinanza, flat-tax e no TAV.
Il lavoro, la sicurezza, la casa, le infrastrutture, la sanità e il sociale, la cultura e lo sport, l’istruzione e la formazione sono aspetti che vanno affrontati perché la nostra città ce li chiede. E vanno totalmente reimpostati, con una lettura a tutto tondo e non più di parte. Servono discontinuità e altre forze umane. Ognuno è figlio del suo tempo.
Sta a noi far recuperare il senso civico alla nostra comunità con azioni e comportamenti. Non serve demagogia, né inventarsi dei nemici. Occorre senso del dovere e capacità di riconoscere che Cesena ha ora bisogno di ripartire, dopo tantissime cose buone realizzate e tante altre no. Un’unica persona, al momento, si è fatta avanti, e già da un po’ di tempo, dichiarandosi disponibile ad allargare orizzonti e rompere barriere e steccati. Poi molto silenzio. In attesa. Potrebbe essere questa un’occasione per dimostrare che l’aria è cambiata, che si lavora su un progetto ampio e che serve la disponibilità, l’intelligenza, la forza di tutti, ognuno per la sua, senza pesature da far valere. E senza tante primarie o invenzioni del genere, ma con una disponibilità piena.
Un progetto ambizioso e difficile per cui occorre ritrovare coraggio, forza e voglia di cambiamento, unitamente ad un programma in risposta alle esigenze, bisogni e sogni di oggi. Solo così il cittadino potrà ritrovare fiducia nella politica intesa non solo come scontro e lotta, ma come mezzo per il bene e l’interesse comune. Cerchiamo di voltare pagina.
