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Segnali di ripresa dalla crisi, ma occorre consolidarli

     Giugno 26, 2017   No Comments

di Mario Riciputi*

Molteplici indicatori evidenziano nelle ultime settimane un’in-versione di tendenza nell?an-damento dei mercati e dei pa-rametri economico finanziari tali da far diffondere e consolidare autorevoli giudizi sulla fine della crisi.

In primis è necessario chiarire che, al di là degli annunci di stampa, comunque importanti per una ripresa della fiducia dei consumatori e delle imprese, fine della crisi significa arresto della continua caduta delle economie dal secondo semestre del 2008 a Luglio 2009 ed una lenta ripresa dei processi di crescita degli andamenti congiunturali.

Ma è difficile valutare quanto rapido, duraturo, elevato e diffuso sarà questo processo, sia per la molteplicità di fattori esterni condizionanti, ma soprattutto per l?ampia variabilità dei risultati in funzione delle politiche economiche che saranno adottate. La crisi, oltre a travolgere mercati ed imprese in una caduta repentina della domanda, una restrizione cre-ditizia stringente ed un aumento della disoccupazione, non ha certo fatto venir meno quegli elementi di debo-lezza strutturale che avevano de-terminato un pro-cesso di crescita dell?Italia sempre inferiore ai prin-cipali Paesi del-l?area Euro e ben lontano dai Paesi Emergenti.

Porsi il tema della fine della crisi oggi, al di là del giusto ottimismo per un avvenuto cambia-mento di rotta, comporta valutare come riuscire a rendere stabile tale processo, evitando ogni rischio di ricadute recessive, come riprendere una crescita sostenuta e costruire prospettive di competitività e modernità per il nostro Paese, che si troverà ad affrontare un contesto economico internazionale profondamente cambiato.

La situazione e le prospettive sono sintetizzabili nella caduta del PIL di poco inferiore al 5% nel 2009, ma con segno positivo nel secondo semestre ed una previsione di incremento dello 0,8% per il 2010.

In termini più leggibili, il livello di sviluppo e ricchezza del 2007 non potrà essere ripristinato, a tali tassi, prima del 2013. Siamo quindi in una fase densa di incognite per il futuro produttivo, dove il sentiero e gli equilibri dello sviluppo sono sottili ed è necessaria una visione, un progetto Paese condiviso ed un’efficace azione di indirizzo e governo dell?economia.

In particolare, poiché è l?occupazione che segue il PIL ed in questa situazione di strutturale sottoutilizzo delle capacità produttive, anche con un prevedibile ritardo, si registreranno ulteriori diminuzioni e i livelli di produttività nel breve periodo resteranno comunque bassi e non favoriranno una ripresa della competitività sui mercati.

Come pre-condizione per ogni prospettiva di sviluppo economico è necessaria una stabilità ed un equilibrio dei mercati finanziari. Se, nella fase acuta della crisi finanziaria, l?azione dei governi del G20 – con un ruolo particolarmente positivo dell?Italia – è stata comunque efficace e capace di bloccare un processo che avrebbe avuto conseguenze disastrose, ora vi è la necessità di un quadro normativo nuovo di gestione dei mercati finanziari, che garantisca stabilità e trasparenza, evitando quelle illusorie anomalie che nel processo di creazione della ricchezza ed allocazione delle risorse hanno determinato situazioni gravemente distorte e distorcenti.

Sul fronte della ripresa delle attività industriali e della crescita i segnali più positivi vengono da un lato da un incremento dei consumi, in particolare dagli Stati Uniti (circa il 30% dei consumi mondiali), dove un?aumentata capacità di risparmio sostiene la riduzione dell?indebitamento, e l?arresto della riduzione dei valori immobiliari non aggrava la pesante perdita di ricchezza e contribuisce ad aumentare la fiducia dei consumatori; e dall?altra da una significativa ripresa del commercio internazionale +9,1% nel 2009, a fronte della caduta del 2008 di circa il 15%.

La dipendenza dello sviluppo italiano dalle esportazioni è nota e pertanto la loro rapida ripresa sarà determinante per l?entità e solidità del nostro sviluppo.

Il mercato internazionale che emerge dalla crisi del 2008 non è uguale a quello precedente. Vi sarà una profonda riallocazione delle risorse fra i diversi Paesi, con un trend a favore dei Paesi dell?Oriente, che registrano tassi di crescita significativamente maggiori. La capacità propulsiva del nostro sistema imprenditoriale ha reagito ed accelererà la propria capacità di adattamento, ma il limitato posizionamento su quei mercati (Cina ed India) e la tipologia merceologica della domanda, che ritarderà la ripresa in alcuni settori (beni d?investimento), potrebbe far sì che la ripresa delle esportazioni italiane (del made in Italy) sia più lenta e comunque lontana dai valori del 2004/2007 che avevano trainato lo sviluppo dell?economia italiana.

Appare importante, alla luce di queste considerazioni, che vi sia una rilevante domanda interna che possa integrare quella estera e, accelerando la crescita, favorire la saturazione delle capacità produttive, sostenere l?innovazione ed aumentare così la capacità competitiva anche attraverso un riposizionamento.

Il sistema produttivo italiano ha una grande capacità manifatturiera, in particolare in alcuni settori, fra i quali sicuramente i beni d?investimento. Il basso livello di saturazione degli impianti, i nuovi livelli e le tipologie delle domande internazionali pongono pesanti problematiche per il potenziale di sviluppo del Paese.

La costruzione di un futuro di cre-cita e moderniz-zazione competi-tiva del Paese non può dunque pre-scindere da una ripresa degli in-vestimenti.

E’dunque chiaro che ci stiamo la-sciando alle spal-le la fase cruciale della peggiore crisi dopo la Se-conda Guerra Mondiale, ma la fine della crisi non significherà il ritorno alla si-tuazione precedente in termini di ricchezza e produzione industriale per un lungo periodo e sarà comunque l?inizio di un cambiamento che richiede scelte importanti e capacità di innovazione per il Paese.

Questo percorso è complesso e necessita di politiche economiche ed industriali con misure di breve ed altre di medio-lungo termine, perché solo in tale arco di tempo sarà possibile ricreare una capacità di sviluppo competitivo duraturo, aumentando il potenziale di crescita della nostra economia.

Di alcune, quelle a nostro avviso sostanziali, vorremmo fare un breve riferimento.

– Una continuità ed una espansione del credito a sostegno degli investimenti attraverso misure efficaci di garanzia esterna alle imprese, per rendere possibili i nuovi investimenti, per mantenere la nostra vocazione industriale ed accelerare un?ampia innovazione di prodotti, processi e nuovi segmenti merceologici.

– Una politica di forte sviluppo del sistema infrastrutturale, aeroporti, porti, strutture ferroviarie e viarie, e di servizio per connettere il Paese al mondo, all?Europa, e facendo della logistica un fattore chiave delle esportazioni e dell?internazionalizzazione.

-Una nuova coesione sociale fondata sulla condivisione degli obiettivi di sviluppo, su una migliore distribuzione del reddito ed una più adeguata equità, che sviluppando nuove relazioni industriali porti ad una piena consapevolezza del ruolo dell?impresa per la crescita non solo economica, ma anche sociale.

– L?utilizzo esteso degli ammortizzatori sociali nella fase cruciale ha sostenuto le famiglie, mantenuto la domanda dei consumi ed ha salvaguardato i patrimoni umani e fisici delle imprese; ora si dovranno conciliare nuovi livelli della domanda strutturalmente più bassi, con un’irrinunciabile flessibilità ed un rafforzamento delle competenze.

Il Paese ha sempre trovato, nei momenti più difficili, una capacità di reazione fondata sulla laboriosità e su un livello professionale elevato basato comunque su un sistema educativo che, per quanto criticabile, era comunque stato uno dei punti di forza della nostra modernizzazione e sviluppo industriale.

Negli ultimi venti anni questo sistema si è progressivamente indebolito, perdendo dei riferimenti sostanziali quali il merito, la conoscenza e la selezione; sarà decisivo riprendere una strada di miglioramento di tutta l?educazione e la formazione nell?intero percorso professionale. Questo sembra già essere iniziato e quindi può essere un elemento di fiducia per il futuro. Non si tratta comunque né di essere pessimisti, né ottimisti, ma consapevoli della svolta avvenuta ed operare responsabilmente e congiuntamente per costruire il futuro.

Buona parte è nelle nostre mani ed idee.

* Presidente SFIR – Vice Presidente Confindustria Emilia Romagna

  •   Published On : 6 anni ago on Giugno 26, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 26, 2017 @ 9:31 pm
  •   In The Categories Of : Opinioni

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