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SANITA’: AREA VASTA, QUESTIONE DI STRATEGIA PRIMA CHE INGEGNERIA ISTITUZIONALE

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Tiziano Carradori

Negli ultimi venti anni il Servizio Sanitario della Regionale Emilia Romagna, al pari di qualsiasi altro sistema sanitario cosiddetto avanzato, ha dovuto confrontarsi con il problema di comporre la pressione espansiva generata dall’evoluzione dei bisogni di salute, della domanda di servizi, delle conoscenze scientifiche e delle disponibilità tecnologiche con i vincoli, sempre più pressanti, determinati da una crescente scarsità nelle risorse disponibili. Questo confronto non appartiene al passato, ma continuerà a segnare il futuro.

Per il passato, le strategie di tipo strutturale e quelle di messa in efficienza del sistema di produzione, realizzate in concomitanza con l’aziendalizzazione delle Unità Sanitarie Locali, hanno contribuito in modo importante a sostenere positivamente questo confronto.

Nel tempo, tuttavia, hanno visto ridursi la loro capacità di rendimento. Gli interventi strutturali concretizzatisi nella chiusura dei piccoli ospedali con concentrazione di alcune funzioni, hanno da tempo esaurito le loro potenzialità. Sono ancora possibili ulteriori concentrazioni ma riguardano segmenti di attività, piuttosto che intere discipline specialistiche. Più che intervenire sulle strutture oggi è sempre più necessario agire su segmenti di attività e sul modo in cui vengono prodotte. Altrimenti esiste il rischio concreto di ridurre l’accessibilità della popolazione senza realizzare risultati economicamente significativi.

L’efficienza aziendale può ancora avere importanti margini di miglioramento, ma per riuscirvi deve soddisfare almeno due condizioni: sviluppare l’efficienza basata sull’appropriatezza d’uso delle risorse piuttosto che quella basata esclusivamente sulla produttività delle stesse; estendere i confini entro i quali realizzare l’efficienza del sistema di produzione oltre quelli di ogni singola azienda sanitaria. La prima condizione ha una valenza generale. La seconda è particolarmente vera in contesti come quello della Romagna, caratterizzati da aziende sanitarie (ovvero soggetti dotati di ampia autonomia programmatica, organizzativa e gestionale) di piccola-media dimensione popolazionale. In simili contesti, soprattutto se “ricchi” di servizi come è il caso, il rischio di inappropriate e inefficienti ridondanze e duplicazioni, che sottraggono risorse allo sviluppo della qualità (tecnica, ma non solo) dell’assistenza diretta alle persone, è molto superiore. Nei servizi amministrativi soprattutto, ma anche in quelli sanitari.

L’Area Vasta origina nell’anno 2001, da queste considerazioni. Nasce come scelta tecnica delle Direzioni Generali per dare organicità alle collaborazioni già esistenti e generare efficienze “facendo insieme”, senza intaccare l’autonomia decisionale, propria a ciascuna delle aziende sanitarie, nel campo della programmazione, della organizzazione e della gestione dei servizi. La rilevanza “politica” di alcune delle progettualità (laboratorio unificato, officina trasfusionale, centrale unica 118) ha rapidamente reso necessario estendere i confini e gli interlocutori del coordinamento. Così, dalla seconda metà dell’anno 2003 le Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie, le Direzioni Generali e le OOSS CGIL, CISL e UIL decidono di attivare un “tavolo di confronto programmatico” e un “tavolo di confronto tecnico-gestionale. Successivamente, anno 2006, tra gli stessi interlocutori è stato sottoscritto un “documento di intenti” in cui sono definiti le finalità e gli strumenti dell’integrazione di area vasta. Questo documento è quello che ancora “regola” la governance dei progetti comuni alle quattro aziende sanitarie romagnole.

Di fatto oggi la cosiddetta governance di Area Vasta prevede tre livelli. Il primo, programmatico o di governo, posto in capo al coordinamento dei Presidenti delle CSST, è destinato al monitoraggio dello stato dei servizi, alla definizione della distribuzione delle funzioni o dei servizi con bacino d’utenza sovra aziendale e del loro sistema di governo. E’ la sede dove si realizza il confronto con le organizzazioni sindacali confederali, sui progetti di interesse comune, sulla loro opportunità e sulle modalità di realizzazione e sulla valutazione dei risultati. Il secondo, tecnico – gestionale, posta in capo al coordinamento delle Direzioni Generali, è destinato alla gestione della realizzazione dei progetti di interesse comune, alla gestione della concertazione con le organizzazioni sindacali e alla definizione delle migliori modalità d’uso delle risorse. Il terzo, tecnico – professionale, posto in capo ad una pluralità di gruppi professionali (circa trenta) interaziendali, è destinato alla individuazione e alla diffusione delle migliori pratiche cliniche ed organizzative. Non c’è vincolo formale tra le aziende, se non limitatamente alla realizzazione dei progetti di comune interesse, una volta che questi abbiano positivamente superato il vaglio dei soggetti istituzionalmente a ciò preposti (CSST e Assessorato Regionale).

È sufficiente? Dipende dall’ottica che s’intende adottare.

Se si guarda a ciò che sino a oggi è stato prodotto, il bilancio è da considerare certamente importante e positivo. Soprattutto comparativamente ad altre realtà.

Il progetto di Laboratorio Unificato ha già prodotto evidenti miglioramenti qualitativi e realizzato importanti efficienze economiche che hanno abbondantemente compensato i costi sostenuti per la qualificazione strutturale e tecnologica della rete laboratoristica. A completamento del progetto (genetica medica, officina trasfusionale, anatomia patologica) la Romagna disporrà di una delle più importanti reti di patologia clinica su scala Nazionale.

Il progetto Romagna Soccorso 118 è entrato a pieno regime da circa un anno. La centrale operativa unica dispone oggi di una delle più sofisticate tecnologie disponibili ed è per questo una delle tre realtà nazionali scelte per la sperimentazione nel numero unico per l’emergenza. La centralizzazione delle funzioni di centrale operativa ha consentito alle aziende di liberare personale dalle funzioni di gestione delle chiamate e destinarlo al potenziamento del soccorso territoriale. Gli investimenti per gli adeguamenti tecnologici sono stati pari ad un terzo di quelli che sarebbero stati necessari con il precedente assetto.

La rete oncologica della Romagna da oltre un anno dispone di una struttura di ricerca, diagnosi e cura delle malattie tumorali tra le più dotate su scala nazionale. La già elevata capacità di attrazione dei servizi oncologici nei confronti della popolazione romagnola è ulteriormente migliorata, avendo la possibilità di disporre di tecnologie e competenze di alta qualità. E’ stata inoltre stimolata, la ricerca clinica indipendente, e tutti i cittadini della Romagna hanno pari opportunità di accedere a trattamenti innovativi o sperimentali.

Ciò che è stato realizzato è importante e il tempo di realizzazione, circa cinque anni, non è eccessivo se confrontato alla complessità dei progetti. Se ne potrebbe dedurre che anche il sistema di governance si è dimostrato adeguato.

Se si guarda a ciò che si può fare ancora per migliorare i servizi e la loro efficienza, molto si può e si deve ancora fare. La qualità del servizio, non solo delle prestazioni, ha ampi margini di miglioramento soprattutto in termini di rispetto dei diritti e della dignità della persona da assistere. Il modo di produrre i servizi e le prestazioni, soprattutto quelle a carattere amministrativo – professionale o di supporto tecnico-logistico, deve necessariamente adottare una prospettiva di bacino ottimale di riferimento. Per evitare di spendere inutilmente e per spendere meglio. Non si tratta di censire e distribuire, “eccellenze”, aggiungendole. Occorre consolidare e qualificare tutta la rete dei servizi, vera eccellenza del SSR, in modo tale che ogni punto della rete sia in grado di fornire ai cittadini prestazioni e servizi di alta qualità evitando di allontanarli dai centri di cura più prossimi alla loro residenza, quando non è tecnicamente necessario.

Certamente la realizzazione di progetti comuni sulla base del semplice coordinamento, com’è il caso dell’Area Vasta, non è semplice da gestire. Tuttavia, tra le criticità incontrate, la “leggerezza” degli strumenti di governo non è certamente quella più importante. Ciò che più di ogni altra cosa genera l’attrito che rende le cose più difficili di quanto potrebbero esserlo, è la difficoltà che hanno i diversi attori (politici, gestori, professionisti) a superare l’autoreferenzialità. È la nostra cultura di “classe dirigente” che fa fatica a vedere oltre il proprio particolare. Il politico teme il depotenziamento del proprio territorio a scapito di un altro, il gestore vede e considera primariamente gli “interessi” e gli effetti sulla gestione della sua azienda, il professionista teme la limitazione della propria attività e la perdita di prestigio.

Sono tra coloro che pensa che le strutture si legittimano sulla base della cultura e dei valori condivisi. Le strutture possono rafforzare e diffondere la cultura, ma difficilmente la generano.

Per questo penso che attualmente la revisione, più o meno radicale, del governo della sanità romagnola sia una semplificazione organizzativa ad alto potenziale di inefficacia. Primariamente, perché immatura rispetto alle caratteristiche del contesto. I problemi sono complessi e il loro governo richiede sensibilità e specificità nell’azione, intersettorialità negli interventi e un adeguato decentramento del potere decisionale. L’esatto contrario di ciò che oggi potremmo realizzare con, ad esempio, un’azienda unica di Area Vasta. Si è appena iniziato un nuovo e importante processo di integrazione sociale e sanitaria che vede nel Distretto la sede elettiva per la programmazione dei servizi di assistenza primaria. Quando questo sarà consolidato, allora una revisione anche “radicale” della governance potrebbe avere senso ed essere anche opportuna.

Oggi, per affrontare al meglio le sfide con cui deve e dovrà confrontarsi la sanità romagnola considero molto più utili iniziative che consolidino la condivisione della strategia di area vasta tra quanti hanno funzioni di rappresentanza, a vario titolo, della popolazione e quanti hanno funzioni di gestione dei servizi. Iniziative finalizzate a generare una conoscenza e una consapevolezza dei problemi e da cui possa scaturire un dibattito che consenta la massima condivisione possibile delle strategie da mettere in campo per provare a risolverli. Iniziative che non devono rimanere confinate alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori che operano nella sanità, che coinvolgano altri settori socio-economici e che favoriscano la partecipazione attiva della cittadinanza.

 

  •   Published On : 6 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 11:15 am
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