Energie Nuove – NUMERO 2 – novembre 2018
Rilanciare l’idea di Europa
di Bendetto Della VedovaMarco – Coordinatore di + Europa
Siamo partiti da una idea – o una constatazione: l’europeismo oggi non è un contenitore, ma un contenuto. Per noi è “IL” contenuto. Per questo ci siamo chiamati “+E” e non “movimento liberale” o “riformisti per l’Europa”.
Democrazia liberale, economia di mercato o economia sociale di mercato, stato di diritto, costituzioni come argine al potere delle maggioranze, libero commercio, diritto internazionale sovraordinato, tutela delle minoranze e diritti civili, equità infra e intergenerazionale, sostenibilità ambientale e socioeconomica, immigrazione e integrazione..: lo scontro sull’Unione europea è diventato il “tema dei temi”.
Da Visegrad alla maggioranza giallo-verde, è su questo crinale che ci si divide. Lo scontro su – anzi, contro – l’Europa è conseguenza, non causa.
La causa può essere, come molti sostengono, una crisi profonda economica e sociale che genera inquietudine, cavalcata – non è certo una novità storica – da demagoghi potenti. Possiamo e dobbiamo anche discutere le “colpe” di questa crisi. Chiederci se abbia inciso più il capitalismo finanziario “greed-is-good” contro cui si scaglia Corbin, oppure la volontà irrefrenabile e non più frenata delle masse cinesi, indiane, indonesiane o africane di giocarsi le proprie chanches, finalmente, da soggetti e non più da oggetti della crescita economica e sociale mondiale.
Dobbiamo cercare di misurare gli effetti della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica sull’occupazione e sulla distribuzione del reddito nel nostro mondo, consci del fatto che chi pensato davvero che la storia si fosse fermata nel 1989 – regalandoci un futuro di stabilità e prosperità – si è sbagliato di grosso.
Trump ha vinto e vincerà negli USA con il suo “make America great again”. Farage e i brexitieers promettendo “take back control”.
Hanno vinto promettendo di rimettere indietro l’orologio.
Cito USA e UK perché non penso che gli anglosassoni stiano rinnegando la democrazia liberale, naturalmente. Ma ricordo che la propaganda che ha portato alla Brexit è partita dalla richiesta di ritiro dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, cioè dall’insofferenza di cittadini e imprese e dello stesso governo per una Corte “straniera”.
La Conferenza dei Tories di qualche settimana fa ha evidenziato come, anche nel discorso di Boris Johnson, le argomentazioni a favore della hard Brexit non andassero oltre la polemica sulle modalità di vendita delle uova imposte dalla tirannia di Bruxelles e dall’obiettivo di riprendere il controllo. E poi? Poi si vedra! Non una strategia, ma una ideologia. Bruxelles colpita non per i suoi demeriti, ma per i suoi meriti di apertura e regole sovranazionali.
Del resto, negli USA c’è tutto quello che noi imputiamo alla UE di non avere: Presidente eletto e “very powerful”, federalismo, banca centrale e moneta unica, libertà di deficit – e di fallimento per i singoli stati -, lingua comune, corte suprema, i marines, poca burocrazia, la CIA e l’FBI. Eppure la rivoluzione nazional populista – come la chiama Bannon – è arrivata potente e vincente. Xenofoba, protezionista e reazionaria. E abbastanza insofferente allo stato di diritto. Anche senza l’Ue burocratica e farraginosa: né Obama né la Clinton erano come Junker, ma l‘odio per Washington è stato catartico quanto quello per Bruxelles, additata da chi riceve miliardi di fondi europei come “la nuova Mosca”.
Dal pulpito della città di Roma, sporca e umiliata, non possiamo più tollerare il dileggio della burocrazia dell’Unione. Per questo penso che si debba resistere, oggi, e non unire le nostre voci a quelle della critica dell’assetto attuale dell’Ue, di cui ci sentiamo parte e di cui vorremmo essere più protagonisti. Loro, i gialloverdi, si sentono invece estranei e antagonisti.
Non è il momento di discutere, se non vogliamo che Bruxelles venga espugnata, e con essa colpita la libertà e tutto quello che più ci sta a cuore.
Dire, come è stato fatto: ”Europa sì ma non così” o togliere la bandiera europea da Palazzo Chigi per ripicca o promettere di fare guerra al fiscal compact – senza farla, giustamente – non è servito ad entrare in sintonia con lo spirito del momento ma solo a soffiare nelle vele di Salvini e Grillo che hanno sempre l’ultima parola nel rilancio verbale contro Bruxelles e l’Euro.
Se vogliamo proporre la nostra agenda dobbiamo avere la nostra “narrazione”, non adeguarci a quella degli altri.
L’Europa è dunque il contenuto su cui unirci nella battaglia politica ed elettorale, non il contenitore, l’ombrello sotto il quale cercare rifugio politico.
Ambiente, fisco per i giganti dell’economia digitale e spesa sociale, difesa della patria europea minacciata da est e sempre meno protetta da ovest, area di libero scambio tra Europa e Africa, frontiere comuni da difendere in comune, immigrazione come crisi umanitaria da affrontare anche nel nostro interesse e non come invasione da respingere, privacy e controllo dei dati che produciamo e che ormai sono la nostra vita più che la nostra privacy, globalizzazione basata sulle regole e non sulla potenza, ricerca ed innovazione per la competitività dei lavoratori e della imprese, forza e affidabilità della moneta che abbiamo in tasca…questa è l’agenda per l’Italia europea.
Questa è l’agenda dell’interesse degli italiani che si può perseguire solo rafforzando, non distruggendo l’Unione. Noi amiamo l’Unione che siamo stati capaci di costruire fino qui e possiamo promettere di farla crescere e renderla migliore, più democratica, più efficiente, federale e solidale.
Ci arrendiamo o rilanciamo?
Non abbiamo certo la pretesa di rappresentare da soli l’alternativa europeista alla maggioranza che minaccia o persegue l’Italexit per rinchiuderci nel pauperismo autarchico degli etnonazionalisti.
Semplicemente, con +E, abbiamo cominciato da tempo il nostro lavoro politico, considerando l’Europa come il vero terreno di scontro politico che non ha come bersaglio i difetti di questa UE, ma i fondamenti profondi, comuni e nazionali, della democrazia e della libertà.