di Franco Pedrelli
“S’ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squill d’ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren. Quinci spunta per l’aria un vessillo; quindi un altro s’avanza spiegat ecco appare un drappello schierato; ecco un altro che incontro gli vien.”
Sembra l’incipit per il racconto dell’Italia attuale, la guerra tra due principali schieramenti, ciascuno composto da molteplici e variegate compagnie di ventura, ora al soldo dell’un o dell’altro signore. In mezzo tanto “popolo” (un buon 50%) a guardar subendo le conseguenze delle continue scaramucce. Tuttavia, forse siamo più in presenza di commedia che di tragedia, più di Brancaleone che di Conte di Carmagnola. Come nella tragedia dei versi iniziali, siamo sicuramente nelle condizioni di poter azzerare con le nostre stesse mani il nostro potenziale di popolo, di nazione, di Italia, a beneficio degli “stranieri”, che ci invaderanno di nuovo, inopinatamente. Come possiamo chiamare altrimenti lo stato di degrado in cui scivoliamo ogni giorno sempre più? Serve un “condottiero”, un leader carismatico, che permetta di indirizzare gli sforzi dell’Italia intera, in modo il più unito possibile, verso la grande battaglia del rinnovamento sociale, ma che al tempo stesso possa permetterci il mantenimento della credibilità a livello internazionale, senza la quale verremmo “invasi” e sbranati senza pietà. È già avvenuto nei mesi passati col famoso spread, mentre i “gioielli” di famiglia, le società interessanti, sono già state, altre lo saranno, passate in mano estera: la crisi ha le sue colpe è vero, l’insipienza del mancato governo economico e industriale di decenni ne ha solo amplificato gli effetti. Tante, sempre più sono le voci di chi invoca non maggiori leggi, che nulla valgono contro il malcostume sociale diffuso a tutti i livelli, quanto una svolta nell’etica sociale. Come dire, inutile chiedere alla classe politica di riformarsi, quando è la massima espressione della malversazione, dell’uso spregiudicato, personale, familistico del denaro pubblico. In questi casi è meglio tentare la sostituzione delle rappresentanze politiche, perché la speranza deve essere l’ultima a morire. Oggi in Italia vi scorazzano due “capitani di ventura”, che a loro modo tentano questo cambiamento, non sono in groppa ai loro destrieri, ma sopra a due camper: sono Grillo e Renzi. Il primo, con la “compagnia” denominata Movimento 5 Stelle, non ha “signorie” di partito alle spalle, non ha, tra l’altro, necessità di fare campagne acquisizioni, gli basta che siano gli altri “capitani di (s)ventura” a farla per lui, tanto sono incapaci nel non combinare danni, che ogni giorno fanno imbestialire il “popolino”, il quale sempre più va ad ingrossare le sue fila. Il secondo, al motto di “Adesso!”, sta organizzando, suo malgrado, una compagnia anch’egli, attirando proseliti dallo schieramento di appartenenza e non solo. Entrambi vogliono rinnovare fisicamente le rappresentanze politiche, indurre la sterzata moralizzatrice, portare i giovani (oramai a furia di parlare di giovani, il tempo passa e tali son divenuti i 40enni, che tra un po’ saranno 50enni!) al potere perché gestiscano il loro futuro, spezzando il circuito della coartazione perpetrato da decenni da chi il potere non ha nessuna intenzione di cederlo, se non ai propri amici o amici degli amici, in un gioco a carico della collettività. Il tutto in un’azione che lascia intendere pochi compromessi. Più ruspante il primo, Grillo, che si rivolge maggiormente ad un pubblico più protestatario e di tendenze di sinistra; più accattivante il secondo, Renzi, il cui ecumenismo politico raccoglie potenzialmente consensi da ogni parte. Renzi, per il fatto di essere espressione di un partito organizzato, il PD, può contare su una ipotetica forza d’urto più compatta e omogenea, quindi maggiormente avvantaggiato nel presentarsi al paese come possibile leader del cambiamento. Ipotetica tuttavia, perché questo partito risente ancora del forte centralismo democratico della sua componente ex-comunista, la cui democrazia funzionava allora, al massimo, più come una oligarchia che altro. Ora, anche la sinistra ex-democristiana, di fronte alla possibilità di sentirsi superata dagli eventi rinnovatori di Renzi, viene tentata anch’essa dal centralismo democratico. E dagli oligarchi non ci si è mai aspettato un gran cambiamento, specie se vi è la certezza per loro di essere accantonati nel gran cambiamento che si prospetta. Ecco allora le azioni di disturbo, non ultime le liste civetta che sorgeranno per sottrargli quei voti, e che permetteranno al segretario Bersani di poter andare al ballottaggio più agevolmente, senza doversi troppo misurare con l’avversario. Han voglia di dire i leader del PD che Renzi non è adeguato di qua, non può fare il Presidente del Consiglio di là, che non può rappresentare l’Italia in un consesso europeo, tantomeno internazionale, perché troppo giovane ed inesperto. Non è colpa sua se l’attuale classe politica non è riuscita a costruirsi alternative! Renzi piace, può essere il fautore di quel cambiamento di cui l’Italia ha necessità, può di conseguenza raccogliere consensi anche da aree esterne al PD, per la costruzione della necessaria forza politica che dovrà governare il cambiamento. Questo, purché il PD si impegni in modo chiaro e inequivocabile a rispettare l’espressione del voto delle primarie ed essere consequenziale; diversamente, sarà gioco forza guardare all’altro “cavallo”, pardon, camper!