“Le dimissioni di Vasco Errani da presidente dell’Emilia-Romagna, dopo la condanna in appello per falso ideologico, rappresentano – come scrive Stefano Folli ne Il Sole 24 Ore – un evento politico tutt’altro che secondario”.“Un epilogo personale che dice molto anche sulla storia del Pd in via di trasformazione”. Sgombriamo il campo subito dalla questione “garantismo”. A intermittenza o no, a seconda del colore politico, o anche dentro lo stesso colore politico. Noi siamo garantisti, sempre. Anche in questo caso. “Di fatto però l’uscita di scena di Errani segna una nuova svolta nel Pd. Il partito dei “quadri” e del potere locale, il partito che per decenni è stato la spina dorsale del Pci, poi Pds, Ds e ora Pd subisce un altro “shock”. Dopo la sconfitta elettorale a Livorno e in altre storiche località, la coperta tradizionale diventa sempre più corta. La condanna penale c’entra fino a un certo punto, benché in passato forse non ci sarebbe stata. Ma l’incidente giudiziario, in fondo minore, è sovrastato dal lento smottamento politico.” La trasformazione in corso che dice Folli merita approfondimento, particolarmente nella nostra regione. La regione “rossa”, “modello”, “mito”. Per il riformismo e la sinistra di governo. Richiamato e decantato. Ogni “shock”, in questa regione, a sorpresa o meno, rilancia dibattito e riflessioni. Talvolta però in modo così circoscritto, per tempo e spazio, che si smarriscono la dimensione e lo spessore dei processi di trasformazione che sarebbero (sono) in corso. Non vengono in luce adeguatamente le spinte, gli interessi che si agitano. Lo stare a valutazioni a pelo d’acqua, e di “quotidianità”, non è un congeniale approfondimento della situazione del partito che in questa regione esercita egemonia e si appoggia su un esteso sistema di potere: definito (e imbellettato) come “modello”, “mito” ed altre posticce sovrastrutturali etichette. I ‘sistemi chiusi’ si curano al loro interno, mal sopportano l’attenzione critica. Preferiscono un velo che attenua (o oscura) quest’ ultima. Prima di questo “shock” non ne sono mancati altri di cui si è fatta una “gestione attenuante”, di “rimozione”, di discreto effetto per la difesa del “sistema”. Cinque anni fa (2010) titolavamo “Tramonto di un mito”. Lo shock si era imposto nel cuore del sistema regionale, a Bologna. Riprendevamo l’acuto rilievo dello scomparso Edmondo Berselli, su Repubblica: “Bologna come simbolo assoluto della moralità comunista e del suo modello alternativo rispetto al malgoverno romano. Oggi questo simbolo cade mediocremente e forse tragicamente… Perché sono le due Torri a crollare, il profilo della città, il senso di una diversità su cui si è formata l’immagine di Bologna”. Sul Corriere della sera così Dario Di Vico: “Laddove la Dotta non aveva difficoltà a produrre personale amministrativo di qualità…oggi invece è ridotta al lumicino. Sarà un caso però il Pd alle prossime regionali ricandida il presidente Errani, ‘al suo terzo irrituale mandato’ come ha velenosamente scritto un altro professore petroniano, Gianfranco Pasquino”. Ernesto Galli Della Loggia: “Qui, a Bologna, il potere politicoculturale cittadino, fino al ’94 articolato in un polo cattolico-liberale e in un altro comunista, in feconda dialettica tra loro, si è riunificato sotto ’insegna del ‘prodismo’, dando luogo ad una vischiosa ‘palude’ notabilare che tutto ingloba e domina”. Tanto per riattivare un poco di memoria e, quindi, per segnalare, in questi anni, capacità indiscutibili di “gestione attenuante” e di “rimozione” che, forse, non consentono a molti di cogliere appieno cosa stia accadendo al e dentro “ il partito dei ‘quadri’ e del potere locale”; quale ne sia la trasformazione in corso cui accenna anche Folli. Una fase, uno shock, presto velati, che non sortirono particolari effetti sulla “struttura” del sistema. Tuttavia un certo mutamento non poteva non scorrere. Se ne evidenziò qualcosa nelle primarie, a partire da quella per il candidato sindaco di Forlì. Ed anche nei risultati elettorali, ai vari livelli, anche regionale, che seguirono. Intanto che la sovrastruttura politica era smossa in qualche modo, all’interno della struttura muoveva un lavorio intenso di messa in sicurezza (il più possibile) del “sistema”. Già i cambiamenti e l’evoluzione economica e sociale (di per sé stessi) richiedevano adeguamenti. Fuori da effimere analisi di quotidianità, si potrebbe mettere in fila cose che (negli anni) hanno dato segno eloquente di certo lavorio. Quando a Bologna ci fu lo shock della sindacatura di Guazzalocca, si rese di plastica evidenza che i cambiamenti sovrastrutturali potevano ben alterare ed accelerare quelli strutturali . Guazzalocca avviò il processo di trasformazione (“privatizzazione”) dell’Azienda dei servizi gas e acqua. Aprì il processo senza la dovuta piena comprensione che il “sistema” non sarebbe stato a guardare. Ed infatti scattò la questione di superare i confini bolognesi di quel processo e di avviarlo su scala regionale, almeno investendo il “perimetro” romagnolo delle aziende ex municipalizzate. Bologna (azienda) stava in quota superiore per consistenza, ma (quella politica di Guazzaloca) era minoranza nei numeri del nuovo assetto della più vasta nuova azienda. Oggi è Hera. Il sistema si è attrezzato, eccome!. Si può perdere una amministrazione comunale (poi magari la si riconquista), ma non si lasciano i servizi fondamentali gas e acqua e tutto quel che comportano che è una immensità di cose all’improvvisazione e alle sorprese della politica. Non di certo in questa regione. Di non minore significato per evidenziare l’impostazione sistemica furono (ancor prima di Hera) l’arrabbiatura “del partito dei ‘quadri’ e del potere locale” che non riuscì ad impedire e dovette subire la chiusura del Polo Scientifico e Tecnologico di Bologna. Un carrozzone di spesa. Questione che tanti di quel ‘partito’ si legarono al dito. Come pure perché dovettero subire la riforma del sistema Ervet (servizi reali alle imprese). Un’altra carrozza per gran parte (non tutto) immotivatamente solo dispendiosa. Strumenti, però, di influenza e controllo, nell’ambito economico delle imprese e delle organizzazioni imprenditoriali e di categoria, di non secondaria importanza, per ‘il partito dei quadri e del potere locale’. Ovvio che per questo ‘partito’ le dimissioni di Errani (per come lui è interno ed espressione di quello) non siano un evento secondario. Errani arriva in Regione, nel gabinetto del Presidente Bersani. È uno dei ’quadri’ di maggior lungo corso: funzionario del Pci; poi Assessore regionale al turismo e poi i lunghi anni di presidenza, fino ad oggi. Una carriera per meriti sul campo e personali. Per tornare agli ‘shocks’, c’è solo l’imbarazzo di quale scegliere per sempre più approfondire. Il caso Unipol-Consorte, ad esempio. L’approccio al sistema bancario, il processo riorganizzativo interno al potente sistema cooperativo (dalle costruzioni, alla distribuzione, ecc). Il libro di Caprotti “falce e carrello” non è un fantasioso romanzo. Poi è arrivato il ‘ciclone’ Renzi: una minaccia al ‘sistema’. A partire dalla sovrastruttura, ma sapendo che da lì possono seguire cose che possono (potrebbero) intaccare la struttura. Alle primarie fra Renzi e Bersani tutto ‘il partito dei quadri e del potere locale’ si trincera e si chiude a riccio sul secondo. “Rottamazione”, “cambiamento”, “sinistra liberale” hanno un suono pericoloso. Ancor più pericoloso che quella “rivoluzione” così tanto ascritta a Renzi gli trascinasse un fin troppo consenso esterno. Campanello d’allarme per gli equilibri interni di tenuta di quel ‘partito’ e di quel ‘sistema’. In campo, quindi, tutta l’attrezzata ‘batteria’. Bersani, purtroppo, si è andato perdendo nell’asciugare gli scogli. Poi il ciclone è arrivato davvero. La batteria (che è di scuola, tutt’altro che dilettantesca) è corsa ai ripari: sono diventati tutti (quasi) renziani. Gattopardismo. I voti di Renzi li gestiranno ‘questi’ renziani. I ‘primi’ renziani, infatti, nei congressi locali del ‘partito dei quadri e del potere locale’ resteranno all’asciutto. Renzi serve a vincere le elezioni, anche locali, non solo europee. E si è visto. Ma i vincitori beneficiati (i ‘nuovi’ renziani) sanno che subito devono rafforzare il ‘loro’ sistema; altro che rottamazione, sinistra liberale, innovazione e via dicendo. ‘Catenaccio’ in difesa. Batteria e soldati sicuri. Nelle giunte, negli enti, negli organismi, ovunque. Renzi, a Firenze, come Sindaco, impegnò anche persone non del suo partito in responsabilità collaterali al Comune. Perché capaci. Dalle nostre parti si risulta capaci ed adeguati solo se si è di parte e più che di parte. Come dire che altrove nulla c’è di buono e meritevole. Se non è una visione di sistema chiuso questa! E lo si sta anche vedendo nella sanità, settore nel quale quel sistema si arrocca alquanto, giungendo perfino a degerarchizzare le finalità: prima vanno a regime carriere, assetti, dipartimenti, unità operative. Poi vediamo come, per il meglio della salute. La fortuna è che, comunque, i servizi non sono male e c’è fior fiore di professionalità. La gestione e il controllo del sistema devono ‘restare’ forti. Ovvio che le dimissioni di Errani sono uno ‘shock’ rilevante.Anticipano le elezioni della nuova Assemblea e del Presidente della Regione. Ai vertici della sovrastruttura politica c’è movimento, potrebbe succedere qualcosa. L’approfondimento della ‘trasformazione in corso’ che non tenesse in conto anche queste cose sarebbe alquanto deficitario. Se Renzi rappresenta davvero la rivoluzione ed il cambiamento che dice, niente è più esplicito banco di prova, in cui provarli, dell’Emilia-Romagna, nell’attuale frangente.
Renzi alla prova Emilia – Romagna
- Published On : 6 anni ago on Giugno 27, 2017
- Author By : Redazione
- Last Updated : Giugno 27, 2017 @ 9:45 am
- In The Categories Of : Politica Nazionale
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