di Davide Giacalone
Quel che ci manca è molto, ma quel che ci halasciato è di più. Denis Ugolini resta cittadino dell’Altra Italia, quella percui non ha mai smesso di battersi. Fino a una fine né improvvisa néinaspettata. Lo sapeva e ne ha fatto oggetto di battaglia politica, anche daqueste colonne. Il diritto ad autodeterminare il fine vita, proprio perchéamante della vita.
La persona più vitale, però, non può essere ridottaal passaggio, per quanto lungo, che ne accompagna la fine materiale. C’è benaltro, di cui parlare. A cominciare dalla sua più straordinaria condotta: unavita dedicata alla politica, una passione che non si è mai spenta, unadeterminazione cocciuta nel sostenere le proprie idee, senza mai perdere lavoglia di ascoltare gli altri. Senza mai confondere le contrapposizionipolitiche con quelle personali. Con Denis potevi discutere anche animatamente,si potevano avere opinioni diverse, ma questo mai e poi mai intaccava il valoree il rispetto di un’amicizia profonda.
Senza il rispetto umano dell’avversario, di tuttigli avversari, la politica esce dalla democrazia ed entra nel selvatico. Perdela ragione pretendendo la conquista. Esce dal costume che arricchisce e veste ipanni della miseria culturale. Quando penso a Denis penso a questo. E lo facciospesso.
Subiamo la veemenza analfabeta di chi pretende didarti torto sostenendo che sei storto. Alla nascita. Un reietto, sol perché tiostini a dissentire da quel che altri non considerano un’idea, ma un verbo, unaconclamata verità. Minuscoli militi dell’ottusità. Assistiamo acontrapposizioni d’infimo livello, in cui i contendenti si scambiano accuse divaria criminalità e immoralità. Lo schifo di Denis traspariva dal garbo deimodi: la testa leggermente inclinata di lato, gli occhi intenti a radiografare,un sorriso beffardo, cercava le sigarette e ti guardava: non sarà questa afarmi male. Ma non stava mica parlando del suo fisico e di quella miliardesima cicca,stava parlando di noi tutti, della nostra Italia, della nostra Europa.
Delusioni? Tante. Illusioni? Mai, nessuna. Sapeva esapevamo dove ci trovavamo. Se la nostra è l’Altra Italia ciò discende dalfatto che l’Italia degli altri non ci è mai piaciuta. Eppure non l’abbiamo mairinnegata. Mai. Quando la pensavamo in modo diverso lui s’impegnava a trovare ilati deboli, o insidiosi, delle cose che sosteneva, così inducendo a farealtrettanto. Siamo l’Italia che non vince, perché attenta alle ragioni di chila pensa diversamente e convinta che vincere significa convincere, nonprevalere. Siamo anche l’Italia che non perde, perché quel che di forte e dibuono c’è, nella nostra vita collettiva, lo si deve a persone come il nostroamico Denis.