• I Nostri Sponsor

Loading...
Your Are in   Home     Politica Locale     Palazzo Albornoz: Toc toc, c’è qualcuno? Sono Sant’Imu.

Palazzo Albornoz: Toc toc, c’è qualcuno? Sono Sant’Imu.

     Giugno 27, 2017   No Comments

di Franco Pedrelli

Tempo di bilanci preventivi, l’Amministrazione cesenate ha messo in moto la sua collaudata macchina, volantinaggio a go-go, contatti diretti con la gente che si reca o ritorna dal lavoro, che entra o esce dai centri commerciali, maggiori.A guardarli, Sindaco e Assessori, fanno un po’ tenerezza, ricorda tanto gli anni del ’68 e susseguenti, dove il ciclostile macinava giorno e notte, il megafono spesso compagno di strada. Ma allora avevamo ancora le connotazioni di società classista in senso classico, oggi le cose sono, per fortuna ma non si ancora per quanto, profondamente cambiate. Le classi, intese come grandi raggruppamenti sociali, sono state sostituite da gruppi di interesse più ridotti e molto variegati. Tuttavia questa grande crisi mondiale, unitamente ad un Paese fermo da decenni, sta rimodellando la società, accorpandone i gruppi, in tal modo ricreando nuove classi sociali, il cui principale comune denominatore risulta essere il sempre minore benessere. Dalla “classe operaia” alla “classe del benessere perduto”? Vedremo, il tempo ci saprà dire.Questa regressione non fa bene all’Italia, sia per gli aspetti economici connessi, sia sociali, perché stimola la rinascita del ribellismo atavico degli italiani, facendo loro perdere la capacità di ragionare. Se poi ci aggiungiamo un pizzico di corporativismo con annessi interessi, ecco che il governo della cosa pubblica diventa sempre più difficoltoso, come il governo Monti sta sperimentando, e noi assieme ad esso, in questi giorni.Di certo abbiamo dei punti fermi nel Paese, quali la recessione in atto, la difficoltà nel reperire sul mercato internazionale nuovi capitali a basso costo con cui finanziare il nostro benessere, una pressione fiscale molto elevata che contribuisce a rendere appetibile l’evasione, vasti settori geografici ed economici in mano alla criminalità organizzata, l’eccessiva spesa improduttiva generata dalla burocrazia, la necessità di incidere strutturalmente sul debito, la creazione di circuiti virtuosi per innescare il cambiamento culturale del paese e quindi la ripresa.Non c’è che dire, c’è solo l’imbarazzo della scelta per dove iniziare. Purtroppo le azioni sono tutte correlate, per cui si dovranno fare insieme, pur con intensità diverse. Il governo Monti ha iniziato, proseguirà a tambur battente nei prossimi mesi, ma l’urgenza dell’azione deve essere recepita e replicata dagli altri organi dello Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni.Siamo ora in pieno tema di liberalizzazioni, che non significa dare libertà al mercato di fare ciò che vuole, ma fargli esprimere le massime potenzialità in termini di offerta di prodotti e servizi secondo regole trasparenti ed uguali per tutti, creando quella sana concorrenza i cui benefici potranno essere goduti da tutti quanti, risultando quindi un vantaggio per l’intero Paese, che a sua volta può trarne beneficio nel gioco della concorrenza europea ed internazionale. Marcata è inoltra l’intenzione dichiarata dal governo Monti di far arretrare la presenza pubblica nel mercato, in quanto generatrice di posizioni dominanti, lesiva nello sviluppare concetti di concorrenza, trasformandosi in tal modo in forza di arretramento e di maggiore costo per la collettività, in altre parole un gravame per la nostra competitività.Tradotto in termini essenziali, la redistribuzione statale viene drasticamente ridimensionata, lasciando alle collettività locali la scelta di approvvigionarsi di quanto necessario per il loro bilancio, oppure di adeguare quest’ultimo alle proprie possibilità economiche. Reperire le risorse, sia che si parli di Stato che di Comune, significa agire sulla tassazione, quindi i cittadini debbono comprendere che il risultato del benessere loro riconsegnato a fronte delle tasse pagate è quanto rimane dopo averne sottratto le spese di gestione dell’apparato pubblico. Se nel parlare di Stato c’è chi ipotizza vi siano sempre infinite schiere, non ben individuate, di possessori di ricchezza da tassare, nel caso di un Comune le cose si dovrebbero semplificare notevolmente, rendendo più immediata la comprensione di come e dove la tassazione può essere modulata, magari si conoscono anche i visi di chi può davvero contribuire in misura maggiore. Stesso discorso dicasi poi su come impiegare le disponibilità derivanti dalle tasse, molto più tangibile in ambito comunale.Allora vediamo cosa sta accadendo a Cesena con il bilancio preventivo 2012, le cui linee è possibile trovare anche sui siti del Comune. Per prima cosa si deve ringraziare la nascita di un nuovo santo, Sant’Imu, l’Imposta Municipale Unica, la cui anticipata introduzione compensa la drastica riduzione dei trasferimenti statali. È quindi grazie alle entrate tributarie, ovvero la tassazione, che si costituisce l’ossatura del bilancio previsionale: dei suoi 79 milioni di euro ben oltre 51 milioni di euro provengono da tassazione. Poco male se le tasse comunali si chiamino Imu, addizionale Irpef, imposta comunale sul consumo dell’energia elettrica o imposta comunale servizio pubbliche affissioni, fatto sta che dal 2012 il loro insieme passa dai 27,582 milioni del 2011 ai 51,608 milioni di euro del 2012, facendo compiere un bel balzo in avanti di fatto al federalismo fiscale.Altra voce di entrata di bilancio è quella relativa ai trasferimenti, da Stato e da Regione, ma questi, come dichiarato dall’Amministrazione, sono in picchiata, riducendosi dagli oltre 27 milioni di euro del 2011 a poco più di 5 milioni nel 2012. Se per i trasferimenti dallo Stato era da attenderselo, vista la compensazione ottenuta dalla nuova tassa Imu, significativa è la riduzione dei trasferimenti regionali, che passano da 2,570 milioni del 2011 a 1,084 milioni nel 2012. Il segnale che si coglie è immediato: lo Stato invita gli enti locali a fare secondo le loro possibilità, in futuro ancor più vista la recessione in atto; la Regione, subendo un’analoga politica redistributiva, deve far fronte principalmente a bilanci dove oltre l’85% della spesa è assorbita dalla voce sanitaria, riducendo i trasferimenti agli enti locali. Se ne deduce che nel prossimo futuro, sino a quando non avverrà l’agognata ripresa, vi sarà una politica di trasferimenti sempre più risicata, con bilanci che per le loro entrate dovranno basarsi essenzialmente sulla tassazione, a meno di…utilizzare la terza voce di entrata, quella extratributaria.Per il 2012 sono previste entrate extratributarie per ben 22,416 milioni di euro, in aumento di 309 mila euro rispetto al 2011, anche dovuto ad un’entrata straordinaria di 1,5 milioni di euro da Cesena Fiera. Sono una voce consistente, pari ad oltre il 28% del totale di bilancio. Analizzando le singole voci per valore di importanza, prendendole dal bilancio 2011, abbiamo proventi e rimborsi per attività istituzionali (tra cui contravvenzioni), per pubblica istruzione (tra cui proventi gestione scuole materne, concorso famiglie spesa mensa scuola materne statali, concorso famiglie scuole elementari a tempio pieno, concorso famiglie scuole medie) , per servizi sociali, dividendi. Costituiscono in massima parte quelle voci che definiscono il welfare, la cui copertura verrà a diminuire, perché i suoi servizi saranno posti sempre più a pagamento, parallelamente ai minori trasferimenti che abbiamo visto sopra, a meno di…aumentare le tasse. Ma qui rientriamo nel circolo vizioso a meno di…riconsiderare la spesa.La spesa, quale grande ultima voce di bilancio, che distribuisce le precedenti voci di entrata, spesa che nel 2012 riesce tuttavia a salire dello 0,75% rispetto al 2011. Questo nonostante i tagli e taglietti, che complessivamente portano ad una riduzione delle somme destinate ai vari settori per 651 mila euro. Certo, vi è stata l’istituzione ex-novo del fondo per l’imprenditoria giovanile (+200 mila euro), l’aumento dei contributi alle cooperative di garanzia (+ 58 mila euro), la creazione di un fondo per la promozione del centro storico e delle sue attività economiche (100 mila euro), oltre ai 100 mila euro destinati alle politiche per l’infanzia. Ma vi sono anche spese quali per esempio la ricapitalizzazione della “Società per la città” (500 mila euro), l’adeguamento del palazzo comunale per lo “Sportello del cittadino” (1,4 milioni di euro), il rifacimento di Piazza della Libertà (3,1 milioni di euro), la permuta dell’immobile ex Conad a Ponte Abbadesse (742 mila euro), tanto per citarne alcune. Si poteva fare diversamente ? Forse sì, ma il tema sarà oggetto di dibattiti di qui alla fine di febbraio, termine per la chiusura del bilancio, anche se poi l’ultima parola spetta alla Giunta e alla sua maggioranza a deciderlo, come è giusto che sia.Ma non è la singola voce di spesa che ci interessa, anche se come già detto se ne può discuterne, interessa il bilancio nel suo complesso e la tendenza che abbiamo davanti a noi. Oggi l’Amministrazione di Cesena sceglie di operare piccoli aggiustamenti su tassazione e spesa, in modo da non stravolgere il sistema di welfare e continuare a perseguire gli obiettivi di programma, ma domani? A furia di piccole strette anche il più forte soccombe, figuriamoci chi forte non lo è di suo. Aumentare le entrate tributarie senza aumentarne la pressione fiscale significa aumentare il reddito prodotto nel territorio, nel nostro caso le scelte di bilancio annunciate servono più che altro per tamponare la nascita di maggiori criticità, non certo per dare slancio a nuovi paradigmi economici. Chi ritiene si possa far leva sui cantieri dei nuovi quartieri Novello e Europa, con 3.500 appartamenti sfitti a Cesena, deve rendersi conto che costruirne altri 1.000 significherebbe mettere in moto un meccanismo di produzione di beni che poi difficilmente avrebbe compratori, col rischio di generare nuove situazioni di crisi economica per le imprese coinvolte. Morale, partiranno mai questi cantieri? Escluso l’immobiliare volgiamo lo sguardo sul territorio cesenate nel suo insieme, con una composizione per numero di imprese che vede il comparto Servizi e Altro con il 27% (fonte Camera di Commercio Forlì-Cesena – 2008), Commercio e Turismo con il 26%, quello Agricoltura e Pesca con il 23%, le Costruzioni con il 13% e l’Industria con l’11%, con addetti medi per impresa che oscilla tra i 3,4 (compreso il settore Agricoltura) e i 3,9 (senza il settore Agricoltura), in linea con i dati nazionali. Da rilevare che il comparto più dinamico e in crescita è il terziario, denominato Servizi & Altro, dove “l’altro” andrebbe maggiormente analizzato, a conferma che il territorio cesenate è pienamente nell’alveo dell’economia avanzata, quella che denota la tendenza nello sviluppo maggiore del settore servizi. Se questa è la realtà allora occorre essere consequenziali, agire concretamente per obiettivi, evitando il solo annuncio di nuovi programmi, occorre creare l’infrastruttura e le relazioni affinché il territorio sia agevolato e incentivato nello sviluppo. Come? Non certo attendendo i finanziamenti da Stato o Regione, ma coinvolgendo i privati, i quali vanno coinvolti affinché possano far loro l’interesse nel perseguire gli obiettivi, secondo la logica del giusto profitto, logica che permette di ottenere efficacia ed efficienza, ovvero la maggiore competitività da giocarsi sul mercato, non solo nazionale. Del resto, la stessa Amministrazione dopo aver dichiarato il rilascio di diversi interventi per “piazze e via Emilia” (sono giunti ben 80 progetti) poi dichiara di non avere i soldi, e quindi dovrà attendere i finanziamenti regionali (sic), figuriamoci dove potrà trovare soldi per fare il resto.Solo parole e niente indicazioni su come applicarle? Bene, prendiamo allora l’insieme dei beni museali, le attività culturali, il bel Teatro Bonci e facciamo un bando di concorso, sì, un bel bando pubblico come quello per Piazza della Libertà per esempio, e vediamo quali sono le proposte che giungono per la valorizzazione dell’insieme. Sono certo che entrerebbe in gioco anche la rete cittadina del Wi-Fi, che da semplice connettività diverrebbe agente attivo. Già, ma nella maggioranza che esprime la Giunta Comunale si intravvedono le mani in avanti verso aperture definite “ultraliberiste”, quelle che secondo loro hanno lo scopo di dichiarare di “non mettere le mani nelle tasche dei contribuenti”, col rischio che si avvii un processo esattamente contrario di ultrastatalismo, che, per le la legge degli estremi, fa tale e quale . Se dalla maggioranza di giunta si dichiara che è giusto che “chi più ha, più deve contribuire”, ovvero è giusto alzare l’addizionale Irpef e aumentare le tariffe dei servizi a domanda individuale, è altresì vero che la pressione fiscale si rivolge essenzialmente su quella classe media, oramai solo di nome, fatta oggetto di tutte le manovre, sia centrali che locali, classe media che non si tira indietro, come ha sempre fatto, nel fare la sua parte, a condizione di aver di fronte situazioni accettabili. Altrimenti sorge il malcontento, come nel caso ultimo dei pasti alle materne, i cui protestatari non appartengono certo a classi medio-alte. Questa parte di maggioranza deve quindi rendersi conto di avere in mano una pistola puntata verso se stessa, la pistola del federalismo obbligato, per scaricarla occorre che agisca sulla riduzione, anche qui come nel caso statale, strutturale dei costi.Per farlo occorre che abbandoni lo statalismo, rimettere quanto più possibile al mercato, lasciando all’ente comunale gli indirizzi di regolamentazione, indirizzo e controllo, aspetti questi che debbono privilegiare lo sviluppo delle attività socio-economiche e non essere l’occasione per giustificare, con la propria presenza ed ingerenza, l’ente pubblico medesimo. Tradotto in fatti concreti, il Comune di Cesena deve disfarsi delle sue società municipali, lasciarle al privato, incentivando lo sviluppo del libero mercato, i cui benefici attesi di maggiore base imponibile si riverserà quale maggiore entrata con cui finanziare il welfare gestito dell’ente.Utopia o semplice presa d’atto della realtà presente e futura? Se liberalizzare, togliere posizioni di rendita, diventa sempre più un mantra a livello nazionale ed europeo, per rimanere nei dintorni, non è il caso che anche un comune come Cesena cominci a seguirne la strada? Affermare che Cesena ha tutti gli indici di eccellenza, che è un comune sano, per giustificare il suo statalismo, non significa crogiolarsi nell’essere un orbo in mezzo a tanti ciechi? Dobbiamo per forza attendere, dopo Sant’Imu nel 2012, l’arrivo di un altro “santo” non meno oneroso?Non mi sento particolarmente religioso, in questi casi ancora meno. La strada del cambiamento non è semplice, l’importante è iniziare a percorrerla, sicuramente se lo si vorrà fare in modo chiaro e trasparente, senza rinnegare nulla del passato se non che è per l’appunto passato, allora ritengo che l’aiuto potrà venire inaspettatamente anche da chi maggioranza non è.Franco Pedrelli

       

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 27, 2017
  •   Author By :
  •   Last Updated : Giugno 27, 2017 @ 9:42 pm
  •   In The Categories Of : Politica Locale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You might also reading...

Cesena e la gara per le amministrative

Read More