di Randolfo Natali
La politica è strana. Ricca di paradossi.
La situazione di difficoltà in cui versa il Paese, ma soprattutto lo stato comatoso in cui versa la politica in Italia, sta diventando insopportabile.
Quanto sta accadendo in questi giorni nel centro sinistra (la contrapposizione Bersani / Veltroni) non è altro che il risultato speculare conseguente e prevedibile delle crisi del centrodestra (la contrapposizione Berlusconi / Fini).
Una politica che si identificava nei due maggiori schieramenti, PDL e PD, nel cosiddetto berlusconismo ed antiberlusconismo, non poteva che incanalarsi in queste derive oligarchiche e parcellizzanti ed in movimenti e correnti più o meno scissionisti all’interno dei rispettivi partiti.
Da una siffatta situazione confusionaria si può ricavare solo la logica deduzione che questo sistema elettorale maggioritario e bipolare, almeno nelle sue pretese, mal si addice alla fragile democrazia italiana, alla tanto decantata seconda repubblica, per cui sono evidenti la necessità e l’opportunità di ritornare ad una nuova riforma elettorale che ne elimini i danni e i difetti e consenta di dare voce ad opinioni, a partiti, ad assembramenti più consoni alla cultura ed al modo in cui il nostro popolo intende la partecipazione alla vita democratica.
Di questa situazione, a mio parere, in passato come ora, sono responsabili le due culture-ideologie dominanti in Italia, quella marxista e quella cattolica, che non hanno considerato il governo della cosa pubblica come servizio e cura degli interessi generali, ma che troppo spesso ne hanno fatto strumento di interessi personali, di malaffare e di illegalità diffusa..
E quali insegnamenti e conclusioni devono trarre i Repubblicani dall’analisi di questa situazione, dal fallimento di questo sistema, che ha alimentato la crisi irreversibile del PDL e del PD, entrambi posizionati su vuote formule di berlusconismo da una parte e di antiberlusconismo dall’altra, mentre il Paese richiede riforme ed interventi di rapida realizzazione?
Per quale recondito arcano gli Italiani devono essere condannati a sottostare ad una cultura delle promesse mai mantenute, ad una incapacità della classe politica a recuperare un rapporto della realtà che non porti sempre a rinviare i problemi e sia finalmente in grado di risolvere le grandi questioni italiane?
Noi Repubblicani, pochi o molti che siamo, abbiamo la certezza che i valori, la cultura e i contenuti del PRI per nulla sono superati ed anzi tanti sono ancora in attesa di realizzazione.
Noi siamo consapevoli “di venire da molto lontano”, come amava dire il sindaco Antonio Manuzzi; sappiamo di avere una storia ed un passato glorioso che nessun partito può vantare. Non dobbiamo però volgerci indietro, ma guardare avanti, tenendo conto delle esperienze ed anche degli errori passati e recenti.
Come Repubblicani allora che fare? E come attrezzarsi per il domani, al fine di dare un contributo per uscire da questa paralisi politica ed istituzionale? Vista la crisi e l’assenza quasi totale dalla scena nazionale del ruolo del PRI – partito, non in grado di attrarre consenso, mi chiedo se non sia il caso di affiancare ad esso uno strumento nuovo o che venga percepito come nuovo, più vitale, magari nella fase iniziale concentrato anche solo territorialmente, ma pronto a far decollare un’area liberale, democratica, laica, che a mio parere è più presente di quello che noi pensiamo. Questa area non ha ancora un adeguato strumento politico inteso come partito o come riferimento organizzativo di raccolta di consenso e tocca a noi Repubblicani provvedervi, portando in questa area tutta la sostanza e la pregnanza della nostra cultura e del nostro patrimonio.
Dobbiamo diventare un movimento, ripartire da un nuovo modello di programma, facendo affidamento su uomini nuovi. Il nuovo movimento può e deve creare cambiamento. Occorre già oggi vivere nel domani.
E questo rinnovamento e rilancio del repubblicanesimo può partire solo da un territorio, dalla Romagna e, perché no, da Cesena, che ha sempre vantato un gruppo dirigente unito, compatto, di grande discernimento e capacità di analisi.
Occorre avere voglia, coraggio, intelligenza e uomini. Del resto concordo con quanto detto dal nostro Presidente della Repubblica: “La difficoltà della politica in Italia è dovuta ad un difetto di visione e di coraggio, e questi limiti possono essere superati con una nuova generazione di leader, capaci di tradurre nei fatti i progetti e le riforme proposte ed approvate dal consenso popolare.”