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Nuove regole istituzionali. Una nuova sinistra

     Giugno 27, 2017   No Comments

di Davide Giacalone*

I governi europei intendono salvare le banche, ma chi salverà i governi? La crisi che viviamo ha tarlato la credibilità dei debiti sovrani, quindi degli stati come affidabili pagatori. S’è accanita contro i paesi dell’euro proprio perché questi hanno disattivato le convenzionali uscite di sicurezza, convinti che dentro il club della loro moneta unica nulla sarebbe mai potuto ac-cadere di male. Abbiamo buttato via quattrini per provare a placare le fiamme degli spread, ritrovandocele sempre più alte. Non soddisfatti li si butta per salvare le banche, a loro volta zeppe di titoli ufficialmente sicurissimi e sostanzialmente erosi. Ne buttiamo a vagonate per non volere e dovere ammettere che nell’area di una sola moneta non possono esistere né debiti né banche nazionali. Vedo in giro il riverbero di una cultura marxiana, ma adattata a poveri di spirito e ignari di Treviri. Si dice che i governi sono troppo piccoli e troppo deboli per potersi, da soli, opporre ai mercati e, quindi, si cercano gli strumenti con cui assecondarli e convincerli a non cancellare l’esistenza stessa dei governi. Ma questi ultimi sono debolissimi perché hanno dimenticato la ragione della loro esistenza, né hanno il coraggio di dire che i mercati sono divenuti una bestia ingestibile perché la finanza è stata lasciata per troppo tempo e per troppo spazio priva di regole e controlli: prima ha supposto di potere cancellare il rischio, affievolendone la percezione, ora il mostro si volta e diffonde il terrore, affievolendo la percezione della realtà reale. Non c’è una via d’uscita tecnico-finanziaria. Per riuscire a svegliarsi e interrompere l’incubo si deve far ricorso alla forza che merita d’essere più forte: la politica. In Europa significa riunire i capi di Stato e di governo e fissare regole e tappe dell’integrazione fiscale e istituzionale, oppure, all’opposto, dirsi addio. Ma restare sull’uscio, nel mentre quello batte sugli attributi, è demenziale. Puoi comprare titoli del debito pubblico e ricapitalizzare la banche quanto vuoi, finché resti nello stipite sarai massacrato. E siccome le nostre sono democrazie, questo vuol dire che cadranno governi inetti e prenderanno il loro posto le inette opposizioni, fino a quando non si avrà la forza di dire: basta, siamo i più ricchi al mondo, ma anche i più pazzi, abbiamo creato un euro che non regge e c’incaponiamo a difenderlo com’è anziché rafforzare istituzionalmente l’Europa. Al G20 significa porsi il problema di una finanza seguendo la quale sembra che il globo sia venti volte più grande di quel che è, per giunta con la pretesa di commerciare terre inesistenti e mettendo a tacere chi ne mette in dubbio la ragionevolezza con un alzata di spalle: è il mercato, e se non lo capisci sei un troglodita. Invece no, non è il mercat è il frutto di una superstizione, secondo la quale le sue regole e i suoi protagonisti sono migliori di quelli della politica. Sono solo più ricchi. Il mondo paga l’illusione che esista mercato senza Stato. Molte pagine devono essere girate e la politica deve tornare al posto che le compete. Certo, per farlo occorrono politici all’altezza, selezionati per idee, coerenza e coraggio. Non cercateli fra i presenti, sono figli di un’altra storia. Le forze di governo hanno dato la prova che si vede, ma è in miglior salute l’opposizione? Il partito democratico è finito, ammesso che sia mai nato. Non è un’invettiva partigiana, perché a tenere assieme il partitone della sinistra era il berlusconismo, e nel momento in cui il perno della seconda Repubblica cigola pericolosamente, il pd schiatta. C’è chi legge la vicenda di Penati con la soddisfazione derivante dal mal comune mezzo gaudio. Della serie: il più pulito ha la rogna. Capisco, ma non apprezzo. Mi pare più interessante un altro punto di vista: colpendo i canali di finanziamento, quei soldi culturalmente affini alle scalate Telecom e Bnl, quel tessuto di potere fatto da cooperative, imprenditori paganti e amministrazioni pubbliche compiacenti, si strangola quel che resta della vecchia struttura comunista. E si asfissia il pd. Perché le altre componenti, da sole, non contano e stare assieme ha un senso solo finché si tratta di combattere Berlusconi. Poi si prende a combattersi in casa. Quindi, è finita. Che ne sarà, della sinistra? Una volta esploso il falso partito unico a sinistra resterà una sinistra-sinistra: antiamericana (bevendo coca cola, vestendo i jeans e chiamando “gay” gli omosessuali), antisraeliana, quando non direttamente antisemita, antagonista e anticapitalista. Una congrega di relitti, la cui età non veneranda dimostra l’intramontabilità dell’ebete estremismo. La componente cattolica potrà ricongiungersi ai suoi simili. Togliete dal conto Berlusconi e poi spiegatemi come si fa a vedere la differenza fra Alfano e Casini, togliete di mezzo il pd e provate a vedere quella fra Casini e Fioroni. Non sforzatevi, fanno confusione anche le loro mamme. Certo, c’è la Bindi. Vero, ma mi pare di avere già descritto la sua casa: la sinistra-sinistra. Così imparano. Gli intramontabili apparatnik del pci, interpreti di quella scuola che si vergognano a nominare e si offendono a sentirsela ricordare (veltronianamente procedend comunista io? badi come parla), dopo averla trasformata in un’accademia della lobby, potrebbero pure accomodarsi alla maison. Peccato per la troppo ricca pensione, giacché non sarebbe male, prima del trapasso, provare l’ebrezza di fare i lavoratori. Dopo tanto averne parlato. Il punto è: come si fa ad evitare che in quello spazio elettorale s’insedino i protagonisti della destra reazionaria e qualunquista, che i sinistri odierni hanno allevato come alleati, vale a dire i giustizialisti, i manettari, i falsi e i moralisti senza etica alcuna? Ecco la sfida: far esistere, anche in Italia, una sinistra seria, di governo, occidentale, riformista. Una sinistra che capisca la scempiaggine d’opporsi al capitalismo, ma i pericoli della sua versione finanziaria (non è un caso che i comunisti se ne siano innamorati). Una sinistra che non consideri la spesa pubblica la divinità e lo stato sociale la sua incarnazione. Ci fu e c’è, questa sinistra. Solo che è stata minoritaria. La sinistra più forte considerava fin troppo evoluto il pensiero socialdemocratico, la sinistra occidentale sa che anche quello appartiene al passato. L’Italia è cresciuta, s’è laicizzata e se oggi dal suo intestino non sorge solo il rumore sordo della rabbia cieca, che spera di allontanare da sé il mondo lanciando su altri, su nemici immaginari o miserabili, l’anatema, allora può prendere forza quel che nel dopoguerra è mancat una seria alternativa di governo, a sinistra. Alcuni li vedo. Quel Matteo Renzi non è male, se non provvedono i suoi compagni a sopprimerlo. Sono persone con cui si possono riscrivere le regole istituzionali. Raddrizzare l’Italia. Perché rappresentano interessi e convinzioni, non blocchi sociali e ideologie.

*Editorialista per Libero, Il Tempo, RTL 102,5

 

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 27, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 27, 2017 @ 9:33 am
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