di Franco Pedrelli
Tempo di bilanci preventivi, l’Amministrazione cesenate ha messo in moto la sua collaudata macchina, volantinaggio a go-go, contatti diretti con la gente che si reca o ritorna dal lavoro, che entra o esce dai centri commerciali, maggiori. A guardarli, Sindaco e Assessori, fanno un po’ tenerezza, ricorda tanto gli anni del ’68 e susseguenti, dove il ciclostile macinava giorno e notte, il megafono spesso compagno di strada. Ma allora avevamo ancora le connotazioni di società classista in senso classico, oggi le cose sono, per fortuna ma non si sa ancora per quanto, profondamente cambiate.
Constatiamo dei precisi punti fermi, quali la recessione in atto, la difficoltà nel reperire sul mercato internazionale nuovi capitali a basso costo con cui finanziare il nostro benessere, una pressione fiscale molto elevata che contribuisce a rendere appetibile l’evasione, vasti settori geografici ed economici in mano alla criminalità organizzata, l’eccessiva spesa improduttiva generata dalla burocrazia, la necessità di incidere strutturalmente sul debito, la creazione di circuiti virtuosi per innescare il cambiamento culturale del paese e quindi la ripresa.
Non c’è che dire, c’è solo l’imbarazzo della scelta per dove iniziare. Purtroppo le azioni sono tutte correlate, si dovranno fare insieme, pur con intensità diverse. Il governo Monti ha iniziato con le liberalizzazioni, con l’obiettivo di creare quella sana concorrenza indispensabile per migliorare l’offerta di prodotti e servizi secondo regole trasparenti, i cui benefici potranno essere goduti da tutti quanti, a vantaggio dell’intero Paese, che a sua volta può trarne beneficio nel gioco della concorrenza europea ed internazionale. Questo si esprime nell’eliminazione delle posizioni dominanti, dove la presenza pubblica è ben annidata, specialmente a livello locale.
Tradotto in termini essenziali, la redistribuzione statale viene drasticamente ridimensionata, lasciando alle collettività locali la scelta di approvvigionarsi di quanto necessario per il loro bilancio, oppure di adeguare quest’ultimo alle proprie possibilità economiche. Quindi tassare, ma se nel parlare di Stato c’è chi ipotizza vi siano sempre infinite schiere, non ben individuate, di possessori di ricchezza da tassare per l’appunto, nel caso di un Comune le cose si dovrebbero semplificare notevolmente, rendendo più immediata la comprensione di come e dove la stessa tassazione possa essere modulata.
Cosa sta accadendo a Cesena con il bilancio preventivo 2012?
Per prima cosa si deve ringraziare la nascita di un nuovo santo, Sant’Imu, l’Imposta Municipale Unica, la cui anticipata introduzione compensa la drastica riduzione dei trasferimenti statali. È quindi grazie alle entrate tributarie, ovvero la tassazione, che si costituisce l’ossatura del bilancio previsionale: dei suoi 79 milioni di euro ben oltre 51 milioni di euro provengono da tassazione. Poco male se le tasse comunali si chiamino Imu, addizionale Irpef, imposta comunale sul consumo dell’energia elettrica o imposta comunale servizio pubbliche affissioni, fatto sta che dal 2012 il loro insieme passa dai 27.582 milioni del 2011 ai 51.608 milioni di euro del 2012, facendo compiere un bel balzo in avanti di fatto al federalismo fiscale. Altra voce di entrata di bilancio è quella relativa ai trasferimenti, da Stato e da Regione, ma questi, come dichiarato dall’Am-ministrazione, sono in picchiata, riducendosi dagli oltre 27 milioni di euro del 2011 a poco più di 5 milioni nel 2012. Se per i trasferimenti dallo Stato era da attenderselo, vista la compensazione ottenuta dalla nuova tassa Imu, significativa è la riduzione dei trasfe-rimenti regionali, che passano da 2.570 milioni del 2011 a 1.084 milioni nel 2012. Il segnale che si coglie è immediato: lo Stato invita gli enti locali a gestirsi secondo le loro possibilità, in futuro ancor più, vista la recessione in atto; la Regione, subendo un’analoga politica redistributiva, deve far fronte principalmente a bilanci dove oltre l’85% della spesa è assorbita dalla voce sanitaria, riducendo i trasferimenti agli enti locali, nel prossimo futuro sempre più risicati, con bilanci le cui entrate dovranno basarsi essenzialmente sulla tassazione, a meno di … utilizzare la terza voce di entrata, quella extratributaria.
Per il 2012 sono previste entrate extratributarie per ben 22.416 milioni di euro, in aumento di 309 mila euro rispetto al 2011, anche dovuto ad un’entrata straordinaria di 1.5 milioni di euro da Cesena Fiera. Sono una voce consistente, pari ad oltre il 28% del totale di bilancio. Analizzando le singole voci per valore di importanza, prendendole dal bilancio 2011, abbiamo proventi e rimborsi per attività istituzionali (tra cui contravvenzioni), per pubblica istruzione (tra cui proventi gestione scuole materne, concorso famiglie spesa mensa scuola materne statali, concorso famiglie scuole elementari a tempo pieno e scuole medie), per servizi sociali, dividendi. Costituiscono in massima parte quelle voci che definiscono il welfare, la cui copertura verrà a diminuire, perché i suoi servizi saranno posti sempre più a pagamento, parallelamente ai minori trasferimenti che abbiamo visto sopra, a meno di … aumentare le tasse. Ma qui rientriamo nel circolo vizioso a meno di … riconsiderare la spesa.
La spesa, quale grande ultima voce di bilancio, che distribuisce le precedenti voci di entrata, spesa che nel 2012 riesce tuttavia a salire dello 0,75% rispetto al 2011. Questo nonostante i tagli e taglietti, che complessivamente portano ad una riduzione delle somme destinate ai vari settori per 651 mila euro. Certo, vi è stata l’istituzione ex-novo del fondo per l’imprenditoria giovanile (+200 mila euro), l’aumento dei contributi alle cooperative di garanzia (+ 58 mila euro), la creazione di un fondo per la promozione del centro storico e delle sue attività economiche (100 mila euro), oltre ai 100 mila euro destinati alle politiche per l’infanzia.
Ma vi sono anche spese quali per esempio la ricapitalizzazione della “Società per la città” (500 mila euro), l’adeguamento del palazzo comunale per lo “Sportello del cittadino” (1.4 milioni di euro), il rifacimento di Piazza della Libertà (3.1 milioni di euro), la permuta dell’immobile ex Conad a Ponte Abbadesse (742 mila euro), tanto per citarne alcune. Si poteva fare diversamente ? Forse sì, ma il tema sarà oggetto di dibattiti di qui alla fine di febbraio, termine per la chiusura del bilancio, anche se poi l’ultima parola spetta alla Giunta e alla sua maggioranza a deci-derlo, come è giusto che sia. Ma non è la singola voce di spesa che ci interessa, anche se come già detto se ne può discutere, interessa il bilancio nel suo complesso e la tendenza che abbiamo davanti a noi. Oggi l’Amministrazione di Cesena sceglie di operare piccoli aggiustamenti su tassazione e spesa, in modo da non stravolgere il sistema di welfare e continuare a perseguire gli obiettivi di programma, ma domani? Aumentare le entrate tributarie senza aumentarne la pressione fiscale significa aumentare il reddito prodotto nel territorio. Si ritiene si possa far leva sui cantieri dei nuovi quartieri Novello e Europa, con 3.500 appartamenti sfitti a Cesena? Costruirne altri 1.000 significherebbe mettere in moto un meccanismo di produzione di beni che difficilmente avrebbe compratori, col rischio di generare nuove situazioni di crisi economica per le imprese coinvolte.
Diversamente, tra i comparti del territorio il più dinamico e in crescita è il terziario, a conferma che il territorio cesenate è pienamente nell’alveo dell’economia avanzata, quella che denota la tendenza nello sviluppo maggiore del settore servizi. Se questa è la realtà allora occorre essere consequenziali, agire concretamente per obiettivi, evitando il solo annuncio di nuovi programmi, occorre creare l’infrastruttura e le relazioni affinché il territorio sia agevolato e incentivato nello sviluppo.
Come? Non certo attendendo i finanziamenti da Stato o Regione, ma coinvolgendo i privati, i quali vanno coinvolti affinché possano far loro l’interesse nel perseguire gli obiettivi, secondo la logica del giusto profitto, logica che permette di ottenere efficacia ed efficienza, ovvero la maggiore competitività da giocarsi sul mercato, non solo nazionale.
Un esempio, prendiamo l’insieme dei beni museali, le attività culturali, il bel Teatro Bonci e facciamo un bando di concorso, sì, un bel bando pubblico come quello per Piazza della Libertà per esempio, e vediamo quali sono le proposte che giungono per la valorizzazione dell’insieme.
La maggioranza che esprime la Giunta Comunale deve rendersi conto di avere in mano una pistola puntata verso se stessa, la pistola del federalismo obbligato, per scaricarla occorre che agisca sulla riduzione, anche qui come nel caso statale, strutturale dei costi. Occorre che abbandoni lo statalismo, rimettere quanto più possibile al mercato, lasciando all’ente comunale gli indirizzi di regolamentazione, indirizzo e controllo, aspetti questi che debbono privilegiare lo sviluppo delle attività socio-economiche e non essere l’occasione per giustificare, con la propria presenza ed ingerenza, l’ente pubblico medesimo. Tradotto in fatti concreti, il Comune di Cesena deve disfarsi delle sue società municipali, lasciarle al privato, incentivando lo sviluppo del libero mercato, i cui benefici attesi di maggiore base imponibile si riverseranno quale maggiore entrata con cui finanziare il welfare gestito dell’ente.
Affermare che Cesena ha tutti gli indici di eccellenza, che è un comune sano, per giustificare il suo statalismo, non significa forse crogiolarsi nell’essere un orbo in mezzo a tanti ciechi? Dobbiamo per forza attendere, dopo Sant’Imu nel 2012, l’arrivo di un altro “santo” non meno oneroso?
Non mi sento particolarmente religioso, in questi casi ancora meno. La strada del cambiamento non è semplice, l’importante è iniziare a percorrerla, sicuramente se lo si vorrà fare in modo chiaro e trasparente, senza rinnegare nulla del passato se non che è per l’appunto passato, allora ritengo che l’aiuto potrà venire inaspettatamente anche da chi maggioranza non è.