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L’urbanistica che verrà

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Giampiero Teodorani

A più economia e meno finanza dovrà corrispondere più ambiente e meno cemento

Qualche amico che legge i miei contributi in materia urbanistica su questo periodico, mi ha chiesto di parlare in modo ancora più semplice, di quanto non abbia fatto nel numero scorso, su “Come dovrà essere il nuovo piano regolatore” (che non si chiamerà più così). Lo capisco. La materia è molto autore-ferenziale, roba per addetti ai lavori; “tecno-legulei” con linguaggio a volte incomprensibile. Viene anche il dubbio che lo usino proprio per non farsi capire.

Basta entrare nel sito del Comune e consultare gli atti amministrativi relativi all’urbanistica per rendersi conto che la richiesta di semplicità e chiarezza è più che giustificata.

Molto dipende dalla legislazione regionale, sempre più obesa e farraginosa. Dipende anche dalle normative locali fatte da centinaia di articoli, che pretendono di regolare tutto e spesso finiscono per contraddirsi e quindi di dover essere “interpretati”. Non parliamo poi degli accordi di programma che anche il più furbo dei mediatori fatica a capire o del social housing che dovrebbe dare risposte a chi chiede case popolari o alloggi a basso canone.

Nei prossimi mesi si dovrà discutere il cosiddetto Piano Strutturale, che è l’inizio del processo della pianificazione comunale e credo dovrà essere occasione di verifica delle precedenti previsioni e del loro stato di attuazione nel tempo.

Vorrei ricordare che il corrispondente dei nostri piani regolatori per le città di New York, Boston e altre città medio-grandi degli Stati Uniti non è “firmato” dagli architetti ed ingegneri, che invece “firmano” i progetti degli edifici, ma è predisposto da economisti, sociologi e da commissioni di esperti di ambiente, geologia e paesaggio.

Si tratta di un paragone che vuole invitare a una riflessione ovviamente ed esclusivamente solo sul metodo.

Più in generale, nei paesi di origine anglosassone i piani sono meno disegnati dei nostri, meno scenografici e meno prescrittivi, più programmatici e puntuali. I nostri sono avulsi dal tempo o con tempi geologici e molto attenti alla proprietà catastale. Se una impresa vuole ristrutturarsi o accorparsi, intercettare la ripresa e fare proposte di localizzazione, i tempi dell’urbanistica sono incompatibili con quelli dell’economia. Obiettivi minimali non vengono presi in considerazione.

Per essere intesi da tutti si dovrebbe provare a spiegare quale sarà la città e il territorio che s’intende consegnare ai nostri nipoti dopo avere soddisfatto il fabbisogno contemporaneo. Andrebbe anche criticamente esaminato ciò che abbiamo fatto negli ultimi venti anni se non vogliamo perpetrare errori che sono sotto gli occhi di tutti e meritano una seria riflessione.

Se vogliamo vivere meglio, favorire l’occupazione e il lavoro dobbiamo creare ricchezza e, ci dicono gli esperti, sviluppando l’economia è più probabile che si ottenga un risultato positivo, anziché creare i derivati o quei “pezzi di carta” che passano di mano in mano fino a quando qualcuno rimane fregato, perché è solo carta e non filigrana garantita.

Analogamente se vogliamo crescere in un ambiente migliore e più bello non dobbiamo solo pensare al cemento e all’asfalto. Forse molto di quello che è stato messo anche in tempo recente va rimosso, così come l’ambiente e il terreno agricolo non dovranno essere la risultante di quello che abbiamo reso edificabile.

Dovremo pure, in occasione della discussione del piano strutturale, porci seriamente la domanda del perché, nonostante le molte aree inserite nel piano del 2000 e i tanti alloggi costruiti in ogni luogo, gran parte degli appartamenti sono invenduti o sfitti.

Qualcuno pensa che la colpa sia dei cittadini che non hanno i soldi? Nessuno ha pensato che forse la causa va ricercata nel modo assurdo con cui produciamo edilizia? Nel costo abnorme dei terreni?

Più ne abbiamo inseriti nel PRG e più costano. Sono stati compresi in alcuni piani particolareggiati edifici e capannoni produttivi oramai obsoleti e fuori mercato, che oggi nelle convenzioni per costruire nuovi condomini vengono valutati diversi milioni di euro (questa si chiama speculazione edilizia). Il riferimento ai quartieri Novello e Europa è fin troppo evidente.

Leggo questa mattina sui giornali locali la notizia, probabilmente fornita da una “velina” del Comune e pubblicata senza commenti, forse perché non capita, che è stata firmata una convenzione fra Comune, Provincia e otto imprese locali grazie alla quale il Comune acquisirà gratuitamente 44 alloggi da destinare al famoso social housing.

Ma qualcuno si è chiesto: chi paga? O crede di trovarsi di fronte a una gigantesca operazione filantropica da 7 milioni di euro?

La verità è che sarà un ulteriore costo o tassa, oltre l’Imu, la Bucalossi e gli oneri vari che graverà sui costi di produzione dell’edilizia.

In parole povere, il Comune invece di favorire la costruzione di alcuni, ma necessari, alloggi a prezzi contenuti, che abbiano fin dall’inizio possibili acquirenti (con possibili e sostenibili mutui) o affittuari (con stipendi di un operaio o di un impiegato, che deve fare i conti anche con le normali esigenze del vivere quotidiano) si prepara “a celebrare nozze coi fichi secchi”.

Esiste solo una possibilità per rilanciare l’attività edilizia: creare condizioni per realizzare costruzioni a basso costo, con soluzioni di elevato valore architettonico e tecnologico, che incontri una nuova domanda.

Col piano strutturale si dovrà anche discutere di questo!

Quella che io continuo a chiamare edilizia sociale va fatta, anzi rifatta, ma con modalità diverse; non facendo leva sulla rendita fondiaria e con il pizzo da imporre alla rimanente attività edilizia.

A forza di dire, a parole, che si è contro la speculazione edilizia abbiamo creato “una moneta urbanistica” che è una specie di derivato, fatto di convenzioni, accordi, proposte, concessioni che cambiano di volta in volta.

Quando non c’è certezza del diritto non può esistere la programmazione.

Se si vuole fare della strumentazione urbanistica un abito su misura per il cittadino cesenate, allora si cominci ad azzerare tanto di quello che è stato proposto negli ultimi vent’anni; e si faccia in fretta mi verrebbe da dire, prima che se ne accorgano e lo facciano, a modo loro, i ” vari grillini”.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 8:52 am
  •   In The Categories Of : Politica Locale

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