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L’Italia tra opposizione e proposta

     Dicembre 19, 2018   No Comments

Energie Nuove – NUMERO 2 – novembre 2018

L’Italia tra opposizione e proposta

di Marco Di Maio – Deputato PD

L’Italia è un Paese bellissimo. Non solo per il suo sconfinato patrimonio naturalistico, culturale, architettonico; ma anche perché un ministro della Repubblica può permettersi di annunciare la stampa di “6 milioni di card” per altrettanti cittadini senza nemmeno che sia stata approvata una legge, un articolo, un comma sul reddito di cittadinanza. E senza correre il rischio di venire deriso e sbeffeggiato, come meriterebbe chi specula sui bisogni della gente promettendo cose irrealizzabili.

Lasciando da parte l’ironia, però, quando Luigi Di Maio ha fatto quell’annuncio si è toccato l’apice dei paradossi raggiunti dal governo in carica: mentre l’Italia, per la prima volta nella storia europea, veniva bocciata da tutti gli Stati membri per le sue politiche economiche, il ministro del lavoro parlava come se fossimo ancora in una qualsiasi campagna elettorale. Quasi a voler sfidare gli altri 28 Stati della UE (ormai 27, con la fuoriuscita della Gran Bretagna) sulla decisione di aumentare il debito per pagare misure assistenzialiste e non per sostenere investimenti o riduzioni di tasse.

Il problema non è solo il ricorso al deficit (un film già visto, tra l’altro), ma l’uso che se ne vuole fare: si scarica tutto sul debito pubblico, generando ulteriore spesa senza produrre maggiore crescita, ipotecando in questo modo il futuro dei più giovani, che dovranno ripagarlo ad un costo altissimo. Già oggi in Italia, al momento della nascita, ogni bambino è costretto a portare sulle sue spalle un debito di 37mila euro; e ogni cittadino italiano spende in media mille euro all’anno soltanto per ripagarne gli interessi. Che nel frattempo sono aumentati del triplo rispetto a maggio e malgrado ciò soltanto pochi coraggiosi sono disposti ad acquistare titoli di stato italiani (si pensi che nella settimana del 19 – 23 novembre si è raggiunto il risultato peggiore di sempre nel collocamento dei nostri titoli).

Non va tralasciato poi un dettaglio non di poco conto: a bocciare la legge di bilancio del duo Salvini – Di Maio sono stati anche governi europei presunti alleati di questo esecutivo (Ungheria e Austria in primis). A significare che, comunque la si pensi sull’Europa e sulle scelte da prendere nel futuro prossimo, dinanzi alle regole da rispettare si è tutti uguali.

L’Italia è da sempre un Paese che fa fatica a pensare al futuro. Ne è prova la struttura della nostra spesa pubblica: se il 16,5% va in pensioni solo il 4% viene dedicato al capitolo istruzione. Con questa manovra, ad esempio, si spendono quasi 7 miliardi di euro per mandare prima in pensione alcune decine di migliaia di persone (peraltro con iniquità molto forti, come quelle legate a chi ha iniziato tardi a versare contributi, come avvenuto storicamente per molte donne lavoratrici), e non si offrono borse di studio a centinaia di migliaia di studenti. Anche per questo sosterrò, assieme ad un gruppo di colleghi trasversale a tutti i movimenti politici, l’introduzione nella nostra Costituzione del principio di equità inter-generazionale per fare in modo che da questo momento in avanti ogni manovra, ogni legge, tenga sempre conto di chi verrà dopo di noi.

Non basta, però, denunciare quello che non va, sebbene sia doveroso.

Per questo noi proponiamo: un intervento-shock sul costo del lavoro: un taglio di 4 punti percentuali per tutti i contratti (quelli nuovi e, soprattutto, quelli in essere) che consenta di aumentare il peso delle buste paga e ridurre gli oneri a carico delle imprese; l’introduzione di un’aliquota fiscale unica per le piccole e piccolissime imprese pari al 24%; meno tasse per chi forma i dipendenti per l’utilizzo delle nuove tecnologie; il ripristino dell’iperammortamento (che il governo ha cancellato) per ridare fiato agli investimenti; credito di imposta per Ricerca e Sviluppo ed estensione di Impresa 4.0 all’agricoltura; un assegno unico e universale per i figli: 5 miliardi all’anno in più a tutte le famiglie con figli a carico, che comprenda lavoratori dipendenti e autonomi; raddoppio dei fondi per la lotta alla povertà: 3 miliardi in più per il reddito di inclusione; andare oltre la “famosa” quota 100 con un sistema che renda permanente l’Ape Social e permetta a chi fa lavori usuranti di andare in pensione a 63 anni senza essere penalizzato.

Sul fronte dell’educazione, invece, occorre rilanciare l’alternanza scuola – lavoro (e non cancellarla come sta facendo il governo), con più formazione per gli studenti e più contatti con il mondo del lavoro.

Di fronte alle tragedie provocate dal maltempo, poi, riteniamo demenziale chiudere l’agenzia “Italia Sicura” che aveva messo in campo 6 miliardi di euro di investimenti contro il dissesto. Suggeriamo, quindi, di elaborare un piano straordinario e permanente per la prevenzione, manutenzione e messa in sicurezza del territorio e per l’edilizia antisismica, con un investimento annuale di oltre 3 miliardi di euro.

Nella prospettiva futura, però, serve mettere in campo un progetto politico che sappia convogliare al proprio interno tutte le persone e le energie che non vogliono rassegnarsi alla deriva gialloverde. Non bastano i partiti tradizionali, non basta dire ciò che non va: serve un patto tra politica e società civile che ad ogni livello, a partire dai territori, dia linfa ad una visione alternativa per l’Italia e per le nostre comunità basata più sui “sì” che sui “no”, vicina alla quotidianità delle persone e al bisogno endemico che ciascuno di noi ha di legarsi ad un progetto di lungo periodo. La sfida dei prossimi anni è tutta qui, e spetta ad ognuno di noi mettersi in gioco per non lasciare nelle mani di questi signori il futuro del nostro Paese.

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