di Giampiero Teodorani
Nel Febbraio 2007 a Cesenatico nella sala dell’ex Azienda di Soggiorno il vulcanico Tinin Mantegazza, con sprazzo creativo e geniale, organizzò un convegno di studio dal tema “Il sole sotto vetro”, più semplicemente come valorizzare le strutture precarie e temporanee all’aperto, così indispensabili al mare per gli esercizi pubblici della ristorazione; maggiormente in inverno e con la brutta stagione. Il sottotitolo alludeva alla creazione di “verande d’autore” come oggetto di riqualificazione urbana e con diversi contributi, fra i quali quello dell’Arch. Ilario Fioravanti e più modestamente il mio, che sostanzialmente proponevano di “fare necessità virtù”.
Furono presentati diversi esempi di altre realtà, anche europee, in cui la veranda contribuisce a caratterizzare i locali pubblici e a qualificare l’ambiente, anche quello storico. Non so che fine faranno le tante idee emerse in quel convegno svoltosi alla presenza di molti amministratori locali e dei rappresentanti delle categorie economiche interessate, forse finiranno, spero di no, per morire nel cassetto dove stanno le buone intenzioni.
A Cesena, in quel periodo o poco dopo, sull’onda del rinvio a giudizio dell’ex Assessore all’Edilizia e Urbanistica Giorgio Andreucci, per avere rilasciato alcune autorizzazioni “provvisorie” che nulla hanno a che fare con quelle previste dall’allora Regolamento Edilizio per i bar e i ristoranti, si apre un dibattito, tutto interno all’Amministrazione, che porta a una delibera di Consiglio Comunale che abroga la normativa specifica con la quale, per dieci anni, si sono regolamentati quegli interventi.
Si decide di fatto che qualsiasi manufatto, anche leggero, temporaneo e provvisorio, sottoposto all’esame della Commissione Edilizia, convenzionato per quanto riguarda i tempi e le modalità di realizzazione, con tanto di fideiussione bancaria a garanzia degli obblighi assunti nei confronti del Comune, è illegittimo. Non si rinnovano le autorizzazioni in scadenza, le nuove sono trattate come fossero strutture in cemento armato e quegli ambienti creati per integrare il locale esistente sono considerati a tutti gli effetti rientranti nell’indice edificatorio e devono rispettare tutte le norme di PRG quali: le distanze dai confini, dalle strade, le altezze, la visuale libera, etc..
Se queste condizioni ci fossero, ovviamente il problema non esisterebbe. Si parla di problemi di illegittimità della norma alla luce di una legge regionale del 2002, anche se la illegittimità non viene sancita dal TAR o dal Consiglio di Stato, ma da un legale del Comune e forse dagli uffici della Regione.
Secondo me qualcuno deve avere pensato che coi tempi che correvano (e che corrono?) era meglio “stare con la schiena appoggiata al muro”, rinunciando a capire la differenza fra le autorizzazioni “provvisorie” dell’Assessore Andreucci e quelle di cui all’art.105 del RE, che riguardavano i bar e le pizzerie-ristoranti.
Attenzione la illegittimità del titolo autorizzativo del Comune (prima l’art.105,poi l’art13 del RE) viene motivata con la non rispondenza delle disposizioni comunali con la normativa regionale (L.R.n31/2002).
Ma perché allora dal 2002 al 2007 si continuano a rilasciare e a rinnovare autorizzazioni per opere che il Comune per primo riconosce temporanee, provvisorie e legate alla attività commerciale e le stesse dopo il 2007 (2008?) sono opere che devono rientrare nel PRG?
La volontà della Amministrazione era quella di negare a Cesena la possibilità per bar, ristoranti di creare all’aperto spazi coperti, protetti e funzionali alla attività?
A leggere le dichiarazioni riportate dai giornali sembra proprio di no, anche se il comportamento ondivago finirà per originare un contenzioso, con richiesta in alcuni casi di danni, per cui sarà difficile salvare “capra e cavoli”.
Sicuramente per il Sindaco Paolo Lucchi è una pesante eredità, una patata bollente caratterizzata dal mancato raccordo fra uffici competenti e assessori, da una scarsa assunzione di responsabilità e da nessuna chiarezza amministrativa. Dal punto di vista urbanistico, rispetto agli altri temi importanti per la città, non mi sembra che quello delle verande per gli esercizi pubblici abbia creato, nel tempo, problemi di impatto o difficoltà di ambientazione. Forse in alcuni casi andrebbero migliorati, dal punto di vista estetico, i materiali, le coperture, i tendaggi e “l’invenzione artistica” come sostiene Tinin Mantegazza.
Proprio per questo non andava revocato il regolamento che tentava di dare ordine alla materia; sicuramente si poteva migliorare, specificare, ma soprattutto, mi sento di dovere dire, che nessuna regione potrà mai proibire a un comune di regolamentare un tema che sta fra l’arredo e la costruzione, la disciplina degli spazi pubblici e l’utilizzo di aree private comprese nel PRG.
Poi chi commette abusi va punito, chi realizza opere difformi da quelle assentite deve demolirle, senza giocare sulla possibile ambiguità delle parole.
L’unica paura (o meglio preoccupazione) che si deve avere è quella di non creare trattamenti diversi e di favore a seconda dei casi.
Se la Commissione voluta dal Consiglio Comunale e presieduta dal giovane amico Luca Ferrini saprà riportare l’argomento nella giusta progettualità amministrativa, spogliandolo delle inutili, assurde e a volte stupide incrostazioni burocratiche, si potrà ben dire che le commissioni non sono fatte solo per insabbiare i problemi o creare alibi e giustificazioni inutili.