di Laura Bianconi
Tra i primi diritti universali dob-biamo annoverare sicuramente il diritto alla libertà religiosa, anche come principio cardine sul quale si può sostenere la pace. Per questo nessuno Stato democratico, nessuna società civile ma, oserei dire, nessun essere umano, può accettare violente limitazioni alla libertà di professare il proprio culto religioso, soprattutto quando questo non reca alcun danno “all’altro fratello” di diversa cultura. La religione di per sé non è nemica dell’uomo, ma anzi dovrebbe educare le nuove generazioni ad una moralità più attenta al rispetto ed all’aiuto reciproco nella completa attenzione alle diversità. La stessa Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, del 1948, ritiene la libertà religiosa, insieme ad altri diritti umani, come diritto da acquisire in quanto patrimonio normativo e culturale di tutta l’umanità. Oggi noi possiamo registrare un totale cambio di rotta rispetto al principio sancito dalla dichiarazione del ’48 e lo dimostra il fatto che la libertà religiosa è limitata o addirittura negata in molte parti del mondo. La religione che più di ogni altra si conferma scomoda e, quindi, da eliminare a tutti i costi, è senza dubbio quella cristiana. La tendenza dei fondamentalisti prevalentemente islamici è di voler instaurare uno Stato islamico, il che vuol dire un Stato fondato sull’applicazione della Sharia in modo rigoroso. Oggi i maggiori persecutori dei cristiani, purtroppo, sono gli islamici, i quali dichiarano senza timore che nel lungo periodo vogliono conquistare il mondo e nel breve periodo distruggere il cristianesimo, in primis, dove questo è minoranza e, quindi, partendo proprio dalla Terra Santa e dal Medio Oriente. È una realtà talmente evidente, con migliaia di morti e con centinaia di migliaia di esuli. Chi continua a negare questi fatti dimostra di non conoscere quanto accade intorno a noi, solo in Iraq in sei anni, dal 2004 ad oggi, si è passati da un milione di cristiani a 400 mila, e 600 mila persone sono state costrette ad una vera e propria fuga, ad un esodo verso altre nazioni. La domanda che ogni cittadino occidentale e, soprattutto cristiano, si dovrebbe porre è perché il principale scopo dell’Islam fondamentalista è quello di bloccare con ogni mezzo non solo la religione cristiana, ma la stessa cultura del cristianesimo. Non è molto difficile trovare la risposta: se si eliminano le minoranze di cultura cristiana, le porte del mondo occidentale, e quindi anche quelle dell’Europa e dell’Italia per l’Islam sarebbero, a questo punto, spalancate. Così facendo la loro componente più estremista ha capito di avere di fronte un Occidente debole e diviso non in grado di tutelare le altre minoranze religiose. Da qui la necessità di sostenere i cristiani soprattutto in alcuni particolari Paesi. Ma deve essere un sostegno concreto, non fatto di sterili chiacchiere. Anche le reazioni dopo la strage di fine anno in Egitto sono un termometro di quello che sto dicendo. Infatti, se si pensa che nell’Angelus del 2 gennaio il Papa ha dichiarato che quanto accaduto era una vera e propria strategia di violenza che prende di mira i cristiani, e che a tale ovvia affermazione condivisa da tutti, rispondeva il gran sceicco dell’università di Al-Azhar, Ahmed El Tyeb sostenendo che quelle del Santo Padre, Benedetto XVI, erano ingerenze negli affari interni dell’Egitto, la dice lunga su come si voglia impedire anche alla massima autorità della Chiesa cattolica di esprimere la propri opinione davanti ad una vera e propria strage di persone di fede cristiana. Eppure El Tyeb è conosciuto come un leader moderato, ma in verità le sue affermazioni dimostrano il contrario. Magari in privato sono disponibili ad ammettere qualche colpa, ma in pubblico ogni intervento è solo elogiativo e in molti casi rasenta il fanatismo religioso. Solo negli ultimi tempi la maggioranza dell’opinione pubblica mondiale si sta ponendo la domanda del perché si fosse arrivati a questo. Chiunque può vedere, quindi, come il Papa abbia ragione quando afferma che vi è una strategia di violenza contro i cristiani e di come gli attacchi terroristici hanno assunto una connotazione religiosa sempre più marcata, che è arrivata ad un livello di violenza gravissimo, tanto da uccidere gente inerme dentro le chiese mentre prega e sempre durante le feste religiose più importanti, al fine non soltanto di colpire le vite umane, ma anche di scoraggiare psicologicamente queste genti. Nigeria, Pakistan, Iraq, Filippine, Egitto, Libano Sudamerica, medio Oriente: la lista è lunga e il totale è di oltre 200 milioni di perseguitati cristiani nel mondo. Logicamente non tutto è riconducibile al fondamentalismo islamico, ma nella maggioranza dei casi sì. Lo dimostra anche il fatto che questa strategia della violenza, esplosa contemporaneamente in varie parti del mondo, ha un’unica regia. Passando poi da un’analisi religiosa ad una più meramente culturale di questo progetto di islamizzazione dell’occidente è interessante esaminare come questo abbia una ricaduta in altri contesti della nostra vita quotidiana: nell’economia, nella politica, nella scienza. Naturalmente, questo non vuol dire che si arrivi alla violenza, almeno da noi, ma in Paesi dove i cristiani sono una minoranza, l’estremismo islamico facilmente può trasformarsi in violenza. Ed è proprio in questi Paesi che i cristiani sono più scomodi, perché specialmente in tutto il Medio Oriente essi sono gli artefici dello sviluppo culturale di quei Paesi, strumento vitale verso la modernità ed il rispetto incondizionato, ad esempio, della parità tra uomo e donna, va da sé che la parte più numerosa dell’Islam è contraria a processi di modernizzazione di questo genere. Ogni tipo di fondamentalismo è sempre una dittatura palese e aperta, perché vuole imporre con la forza e con la violenza le proprie regole così come la propria religione. Ma attenzione, anche il laicismo è una dittatura, perché è subdolo, perché relega la religione ad una sfera privatistica, cosa che non può mai essere ma, come ha sottolineato anche il Papa, le grandi religioni possono costituire un importante fattore di unità e di pace, se a loro è permesso di essere la base per un comune dialogo fondato su un equilibrio tra fede e ragione. Solo così potranno essere contrastati insieme il fondamentalismo, che trasforma la religione in violenza, e il laicismo, che da questa violenza trae motivo per emarginare la religione ad una vita che è soltanto personale. Concetto quest’ultimo tanto amato da molti esponenti del nostro mondo politico quando si devono affrontare temi di natura etica o che riguardano la morale. Non si può pensare di essere cattolici solo tra le mura domestiche e poi smettere di esserlo quando si varca la soglia del portone di casa. Ed è proprio in quest’ottica coerente che mi aspetto si continui a muovere il nostro Paese e in particolare il nostro Governo utilizzando tutti gli strumenti possibili, non solo attraverso i canali diplomatici, ma anche attraverso pressioni economiche, perché si faccia in modo che i Paesi dove vengono perseguitati i cristiani e le minoranze non vengono solo tutelate, ma anche sostenute con risorse per le scuole, attraverso un’attività di sensibilizzazione nei confronti delle tematiche relative alla libertà religiosa, bloccando il costante esodo di massa dei cristiani, che abbandonano questi territori perché non si sentono più sicuri, e qui vorrei ricordare Asia Bibi, una cristiana pakistana che rischia addirittura la morte perché accusata di blasfemia. Ritengo che le Istituzioni europee, fino ad oggi, non abbiano saputo reagire alle numerose offese, ingiurie e spesso oscenità perpetrate contro la religione cristiana. Dimostrando, così, che non abbiamo più la certezza di chi siamo e che preferiamo presentarci dovunque senza radici: nella fede, nei valori e nell’identità delle regole, tale comportamento ci fa percepire dagli islamici come un territorio di conquista. Nella mozione recentemente da me presentata ho sottolineato come il degrado di tutto l’Occidente, al quale non è assolutamente immune l’Europa, sia – non solo a mio avviso – frutto dell’errata convinzione che l’unico processo per l’integrazione degli immigrati debba passare attraverso la strada di un multiculturalismo anti cristiano; i danni di tale decisione li subiamo ormai quotidianamente. Basta pensare al NO all’affissione del crocifisso nei luoghi pubblici, al NO al presepe nelle scuole e non ultimo alla distribuzione dell’eurodiario dove sono indicati i giorni sacri a hindu, sikh, ebrei e all’ Islam, ma, per quello che è stato definito “un mero errore“, non si trovano le festività cristiane del Natale o della Pasqua. E’ ora di dire basta, è ora che anche i nostri politici che si professano “laici cristiani impegnati” lo dimostrino con i fatti, è ora che l’Occidente e l’Europa, in particolare, abbiano il coraggio di reagire e di difendere senza alcuna esitazione le nostre radici cristiane. Questo anche perché la nostra è la religione del dialogo e della tolleranza, ma anche, e soprattutto, del rispetto per la persona e dell’amore per il prossimo. Principi, questi, da sempre alla base di tutte le Costituzioni occidentali ed abbiamo il dovere di difendere il rispetto per la nostra religione così come per la nostra cultura – come ben sta facendo il Ministro Frattini – per garantire alle nuove generazioni di vivere in una società democratica che poggia le sua fondamenta sulla dignità e la libertà dell’essere umano quale mezzo per garantire la pace tra i popoli .
*Vicepresidente Gruppo senatoriale PDL