di Alessandro Carli
“Dio è morto, Marx è morto ed io non mi sento troppo bene” (Woody Allen)
Recentemente mi sono trovato a scambiare alcune valutazione sulle risultanze delle elezioni politiche del febbraio scorso con un amico.
Lui, ex comunista, ed ora su posizioni democratiche, io da sempre su posizioni minoritarie liberali con rappresentanza parlamentare storicamente esigua. Nel nostro scambio di opinioni mi sono più volte trovato a disquisire sulla differente forma di laicità delle nostre rispettive posizioni. A mio parere io partivo da convincimenti laici “puri”, lui, al contrario, con opinioni mediate da filtri culturali di riferimento che non lo mettevano in condizione di elaborare compiutamente idee personali. Provenendo dalla cultura ex-comunista e, attualmente, legato ad una logica politica alla quale conformarsi, non poteva analizzare con distacco la situazione politica che si era creata giungendo quindi a formulare ipotesi che poi si sono scontrate con l’evoluzione politica. In ogni caso, quella discussione, mi ha portato a riprendere in esame il diverso concetto di laicità che legava le nostre rispettive posizioni ma che, allo stesso tempo, ci divideva ispirando una riflessione personale sul concetto di “laicità”. Da queste riflessioni è nata questa personalissima elaborazione che non può, proprio per la provenienza ideale, cercare di spostare convincimenti altrui ma può essere di supporto a coloro che, non avendo a fuoco il concetto di “laicità”, possono trovare spunti di meditazione. Innanzi tutto è bene, a mio avviso, mettere subito da parte il preconcetto superficiale che vuole il “laico” contrapposto al “cattolico”. Vero è che nell’antichità la Chiesa individuava col temine “laico” il “popolo”, coloro i quali, semplici fedeli, rimanevano separati dagli officianti la funzione religiosa. Nel gergo moderno, o nelle convinzioni più comuni, col termine “laico” viene identificato colui che non è legato a qualsivoglia autorità ecclesiastica o religiosa, oppure viene accostato ai concetti di “ateismo” e “agnosticismo”, o, infine, nell’accezione politica viene individuato come “anticlericale”. In realtà la “laicità”, non identificandosi aprioristicamente in alcun “credo” preciso, non essendo condizionata da nessuna fede, non seguendo alcun “dogma” ideale (quindi anche politico, economico, sociale e non solo religioso), non avendo il culto della persona, potrebbe essere più simile al “pragmatismo”: la tendenza a dare più importanza all’attività che produce effetti pratici sulla realtà ovvero ad avvalorare la validità delle teorie dopo la loro verifica pratica seguendo un concetto socratico che vuole che “le parole troveranno credito quando i fatti daranno certezze”. Per questi motivi la “laicità” proprio perché non circoscrivibile dentro i contorni di una dottrina, non può essere contrapposta ad altre dottrine, religioni, teorie o ideali rigidi. “Agisci solo in base a quella regola che tu desidereresti diventasse legge universale” (Immanuel Kant). A mio parere il laico, nel modo di affrontare i problemi, si avvicina molto ai canoni illuministici: una persona che, essendo priva di pregiudizi e preconcetti, sintetizza le proprie convinzioni attraverso l’analisi, lo studio, l’articolazione di un ragionamento logico che possa avere uno sbocco reale e non una semplice speculazione dialettica. La realtà è una variabile in movimento dinamico, per costruire la propria opinione, che non è mai assoluta, il laico mette in dubbio prima di tutto le passate convinzioni, cercando, attraverso una continua analisi, la migliore sintesi per renderle più rispondenti al mutare dei tempi. Il laico fa i conti con le proprie scelte, con le rinunce implicite che ogni scelta comporta, non confonde il pensiero con le convinzione fanatiche, il sentimento autentico con le reazioni viscerali, rispetta le convinzioni altrui, tollera per gli altri quello che per lui non si concede, non è fazioso, non è influenzabile da personalità forti. Per questo il laico sa aderire ad un’idea conservando l’indipendenza critica, sa seguire un ideale senza restarne succube, può impegnarsi politicamente mantenendo la propria capacità di sintesi, può essere credente senza essere dogmatico, può seguire un Capo senza essere servile non avendo il culto della personalità. “So di non sapere” (Socrate). L’insicurezza sulla validità delle proprie opinioni e comportamenti spinge il laico ad una continua ricerca della verità che possa essere confermata dalla realtà. Ma è una ricerca che non trova fine. L’insegnamento filosofico di Socrate può essere ricordato come un chiaro esempio di laicità: pur essendo stato individuato come il greco più sapiente di tutti, fu condannato a morte perché accusato di non riconoscere gli Dei tradizionali e di corrompere, con le sue opinioni, la gioventù ateniese. La sua convinzione che la maggior sapienza sta nel “sapere di non sapere” o nel “non credere di sapere anche se si sa”, fa emergere l’elemento essenziale nella formazione culturale del laico: il Dubbio. Proprio il “dubbio” rappresenta il filtro iniziale dell’analisi interiore del laico, la messa in discussione dei precedenti convincimenti e l’analisi della loro reale efficacia. A questo punto potrebbe sorgere una legittima domanda: in che cosa crede un laico? “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me” (Immanuel Kant) Etica e Morale sono alla base delle opinioni e dei comportamenti laici: etica come definizione di comportamenti dei singoli nei confronti dei propri simili e il rispetto delle rispettive libertà, e morale come rispetto delle norme che una società si è data per il bene comune. Il laico rispetta questi valori, etici e morali, si muove affiancato dal dubbio e con la certezza che solo la dedizione, l’impegno costante all’analisi, allo studio e al riscontro pratico delle proprie opinioni o delle proprie idee possa soddisfare la propria personale ricerca di verità, anche se temporanea perché gli eventi richiederanno nuovi processi analitici.
Queste caratteristiche fanno sì che il laico sia difficilmente catalogabile in strutture rigide (dogmi religiosi, ideali politici, dottrine economiche, ecc…) ed è per questo che è destinato ad essere in posizioni di minoranza.
La maggior parte delle persone, infatti, è più portata ad assumere opinioni “di massa” e a seguire comportamenti “gregari”, più facili e tranquillizzanti, piuttosto che mettere in discussione le proprie convenzioni culturali. Ma non sempre la “massa” ragiona nel modo corretto.”Non bisogna dimenticare che tutto quello che Hitler fece in Germania era legale” (M.L. King). La scelta laica è quindi la più difficile da seguire in quanto presuppone un impegno responsabile alla formazione di una propria opinione, partendo dal “dubbio”, dalla tolleranza e rispetto delle opinioni altrui, dalla messa in discussione dei propri principi nella consapevolezza che il mutare dei tempi può modificarne la portata. Ecco perché il laico ha una vita più dura.
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