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La “buona scuola” e il merito

     Giugno 27, 2017   No Comments

di Patrizia Medri

Unodei punti cruciali fra le innovazioni del Governo Renzi nella sua riforma perla “buona scuola” è l’avanzamento della carriera dei docenti in base ad unsistema meritocratico che andrebbe a sostituire la vecchia progressione peranzianità di servizio.

L’ideadi agganciare l’idea del docente e quindi la sua retribuzione ad un concetto dimerito è teoricamente giusta, il principio di premiare i “bravi”, i“meritevoli”, non può trovare nessuna opposizione.

Idocenti sono abituati al giudizio, quello quotidiano, degli alunni, critici,implacabili ed attenti, quello dei genitori, di tutta la società che faricadere sulla scuola una serie infinita di responsabilità ma al contempo, nonriconosce alla figura-docente un ruolo sociale adeguato.

Ilvero problema è un altro: come misurare il merito del docente?; quali parametriapplicare per differenziare il docente di serie A da quello di serie B? Comeindividuare gli indicatori di merito che portino ad identificare quel 60%meritevole in ogni scuola?

Questonodo è difficilmente districabile per vari motivi.

Innanzituttochi è il “bravo” docente? Sicuramente è colui che ha competenze certe ecertificate ma questo non basta.

Occorronoanche qualità umane, passione per l’insegnamento, amore per i ragazzi, rispettoed attenzione per ogni singola individualità, capacità di motivare, diinfondere consapevolezza e fiducia in adolescenti spesso ancora in cerca di unaloro dimensione.

Tuttoquesto è difficilmente quantificabile, misurabile.

Nelmondo della scuola la situazione è variegata, complessa, ci sono differenzegeografiche, di aree sociali, di ordine di scuola, di indirizzo ecc.., come sipossono stabilire criteri comuni ed oggettivi?

Laclasse docente non rifiuta a priori il fatto che il loro lavoro sia oggetto diun giudizio, ciò accade per tante categorie di lavoratori, a preoccuparli èpiuttosto il rischio che tale giudizio sia parziale, viziato da fattori spessopoco attinenti al lavoro svolto dal docente.

Altropunto focale è il valore dell’esperienza, non è possibile sganciare unriconoscimento economico dal numero degli anni trascorsi svolgendo laprofessione.

Anchese viviamo in una società dove, in nome della flessibilità e della velocità,tutti possono fare tutto, improvvisando ruoli e competenze; l’esperienza, inquanto somma di tutto ciò che abbiamo imparato, giorno dopo giorno, anchesbagliando, nell’esercizio delle nostre funzioni, è un valore inalienabile, ecome tale va riconosciuto.

Tuttavianon si può neppure permettere a chi non è più, o non lo è mai stato, in gradodi insegnare, di rimanere nella scuola in nome di una “intoccabilità” legata atempi ormai definitivamente tramontati.

Imeccanismi di ingresso nel mondo della scuola per i docenti devono essere ingrado di riconoscere conoscenze, competenze ed attitudini in modo certo eserio, formando una classe docente che possieda i requisiti per poter svolgereuna professione così delicata e complessa.

Laprofessione docente non si sceglie perché ci si vuole arricchire, il deterrenteattuale per i giovani che potrebbero essere interessati a tale carriera èinnanzitutto il percorso tortuoso, continuamente sottoposto a repentinicambiamenti delle regole del gioco, con cui si arriva al tanto agognato“ruolo”; è la scarsa retribuzione generale rapportata allo standard degli altripaesi europei, è lo scarso conto in cui la società nel suo complesso tiene il docente,figura altresì fondamentale nella formazione dei nostri giovani.

E’un paradosso che si riconosca, da una parte, il ruolo fondamentale che istruzionee cultura hanno nella definizione di una società migliore e si tenda,dall’altra, a mortificare chi, ogni giorno, è chiamato a svolgere quel ruolo.

Lascuola italiana è già una buona scuola che può sicuramente migliorare, fatta dauna stragrande maggioranza di docenti che lavorano con passione.

Iocredo che sia necessario stanziare più fondi per la scuola per permettere atutti di lavorare con maggiore gratificazione economica, senza avviaremeccanismi di guerra fra poveri con criteri di merito legati magari allosvolgimento di attività più visibili, ma a discapito della didattica e dellasacrosanta centralità dello studente.

Sifacciano scelte coraggiose, si elimini la burocrazia che paralizza nelleproprie maglie l’intero sistema scuola, si permetta ai dirigenti scolastici dicreare dei team di lavoro stabili, si diano loro le risorse, rendendo fattiva ereale l’autonomia scolastica, per lavorare insieme ai docenti per una scuolache promuova la cultura e contribuisca ad infondere negli studenti valori moralida cui ripartire per una società più sana e meno competitiva.

Ilvero nodo focale dunque è la mancanza di mezzi finanziari, non si puòpretendere di legare la motivazione dei docenti ad un fattore economico quandopoi questo si traduce in un aumento di poche decine di euro.

Sesi vuole motivare la classe docente le si riconosca almeno un ruolo sociale,non si svilisca il loro lavoro, non la si banalizzi, non la si renda bersagliodi malumori sociali ma si dia loro il senso di appartenenza ad una delle piùimportanti istituzioni.

Sidovrebbe inoltre puntare ad una “specializzazione” che, al contrario di altreprofessioni, nella scuola non esiste. In nome di una “tuttologia” che è unadelle calamità della scuola italiana, frutto di un sistema farraginoso fatto digraduatorie, classi di lavoro, sistema a volte incomprensibile agli addettistessi, i passaggi da un ordine di scuole all’altro, da un istituto all’altro,che nel volgere di un attimo spazzano via esperienze e professionalitàaccumulate, sono all’ordine del giorno.

Ildocente non viene considerato individualmente, non viene analizzata la suacarriera, ma vengono valorizzate le competenze dimostrate e di questo sistema idocenti sono le prime vittime.

Dunqueil problema risiede a monte, al sistema di reclutamento degli insegnanti, allenorme legate alla loro mobilità all’interno del pianeta scuola, ma soprattuttoall’investimento che lo stato è disposto a fare nei confronti del sistemaeducativo, con maggiori risorse che potrebbero tradursi in attrezzature piùtecnologicamente avanzate, in corsi di aggiornamento mirati ed efficaci per lesingole discipline, in fondi da destinarsi al lavoro pomeridiano di recupero edi consolidamento per gli studenti, in finanziamento pubblico di iniziativevolte a favorire i viaggi di studio all’estero per tutti gli alunni chedesiderano fare queste esperienze e non solo per gli “happy few”.

Afronte di tutto questo io credo però che si debba anche avere il coraggio diproporre nuove norme contrattuali che consentano di allontanare chi “per giustacausa” è assolutamente inidoneo all’insegnamento.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 27, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 27, 2017 @ 10:00 am
  •   In The Categories Of : Politica Nazionale

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