di Denis Ugolini
Dovremo fronteggiare non solo oggi, ma per molto tempo la situazione pessima della nostra finanza pubblica. I Comuni ne risentiranno alquanto. Non basterà protestare contro i tagli anche se non si deve accettare pedissequamente nulla. Occorrerà mettere mano dentro il merito dei bilanci e delle scelte. Cultura politica vuole che di innovazioni nelle nostre amministrazioni ve ne è bisogno da tempo. L’occasione è di quelle che rende di necessità virtù. Se non si è messa in campo in altri tempi adesso è una necessità non procrastinabile. Veniamo allora a Cesena. Quali le linee strategiche innovative per fronteggiare il presente e soprattutto per pararsi verso il futuro? Le considerazioni del tuo collega forlivese sull’accorpamento dei comuni minori, sulla necessità di un “nuovo” ente intermedio di governo del territorio per le questioni che sono dirimenti solo in un ambito di area vasta, come sono da te viste ed affrontate?
Confesso che non riesco ad appassionarmi alle discussioni di ‘ingegneria istituzionale’. E’ un limite, lo so bene, soprattutto poiché tanti – Roberto Balzani, ma non solo lui – in questo momento paiono dedicarsi quotidianamente alle ipotesi di soppressione delle Province, alla Provincia unica romagnola, alla Regione Romagna……. A me, invece, in questa fase così difficile per la nostra economia, che definire “di emergenza” non è certo eccessivo, pare più utile per le donne e gli uomini dei nostri territori concentrarsi sulla costruzione di prospettive reali per il nostro tessuto sociale e produttivo, sulla nostra rete di servizi, che dedicarsi a schemi creati a tavolino. Ma non mi sottraggo naturalmente al tema e, entrando nel merito della proposta di dar vita a un’unica provincia romagnola, ne comprendo anche la logica. Che però non mi persuade. Non mi sembra, infatti, che con la stessa si metta in campo un risparmio significativo da un punto di vista gestionale ed organizzativo (sicuramente rimarrebbero invariati, ad esempio, i costi del personale, prevalenti per ogni emanazione periferica dello Stato) mentre temo che le complicazioni sarebbero maggiori dei problemi che si vorrebbe risolvere in questo modo. Questo non toglie che sia utile – anzi, indispensabile! – un maggior coordinamento territoriale a livello romagnolo, in particolare su temi strategici come quelli della sanità, dei trasporti e della logistica, delle fiere e della cultura, spingendo in modo ancora più deciso sulle politiche di area vasta che abbiamo già avviato, ma che possono e devono essere ulteriormente sviluppate. Il tema allora diventa quello di un coordinamento vero, certo, codificato, tra i Comuni. Proviamo a ragionare di questo, a costi invariati (e cioè senza nuove strutture formali) ed a Province superate, come ormai mi pare essere stato acquisito da tutte le forze politiche.
È difficile prescindere da questo quadro ed ambito se si vuole affrontare questioni come logistica, infrastrutture, viabilità ed altro ancora. Oltre al tema di dibattito riformista il punto è anche come si deve fare adesso. Che ne pensi?
La Romagna deve agire come un sistema unico. Ed in fretta. Su un tema di fondo, è però bene essere chiari: su questa premessa, in teoria, siamo tutti d’accordo, pronti però a cambiar idea quando il “dominus” non siamo noi stessi o il nostro territorio. Molti dei confronti di questi mesi (ultimi quelli su Aeroporti e Fiere) lo dimostrano concretamente. E’ un errore gravissimo e dimostra una miopia congenita di una parte della politica ma anche del mondo associativo. Personalmente non misurerò mai la valenza di un progetto strategico di unione delle forze in ambito romagnolo, sulla base della prevalenza di Cesena rispetto a Ravenna, Rimini, Forlì. Per esempio, se saremo abbastanza bravi – come spero – da pensare in fretta ad un’Azienda sanitaria unica della Romagna, utile a garantire la tenuta del nostro sistema dei servizi per i cittadini, riducendo i costi amministrativi già contenuti delle attuali quattro aziende, non esprimerò il mio parere pensando alla sede principale della struttura. E lo stesso farò se riusciremo a gestire insieme settori importanti come quello fieristico, culturale, sportivo, dei trasporti, della logistica, solo per limitarmi a temi che stiamo concretamente affrontando da qualche mese. In questo momento così difficile per il Paese, nel quale siamo chiamati non solo a sacrifici ma anche a riarticolare il ruolo delle Istituzioni, i rapporti tra i territori, a “guardare avanti”, a me piace pensare che la politica possa ridiventare finalmente coraggiosa e, utilizzando lo stesso spirito che animò uomini di qualità come Giorgio Zanniboni per Romagna acque, debba riprendere a sognare anche le cose non facili. Tra queste vi sono senza dubbio le scelte che dovranno – rapidamente, senza indugi – portarci a concretizzare un “sistema Romagna” che abbia come priorità i servizi per i cittadini e le imprese e non invece la semplice difesa dei campanili.
La situazione è tale che richiede sforzi comuni o il più possibile condivisi e partecipati. Non è certo la miglior palestra per gli scontri delle tifoserie politiche contrapposte. E neppure a Roma come ovunque, per stare chiusi in qualche sorta di autoreferenzialità che non è strumento per fronteggiare i tempi che ci sono davanti. A Cesena c’è un dibattito aperto. C’è anche spirito di collaborazione. Che seguito darete a questo dibattito? Sono possibili innovazioni anche politiche come effetto di collaborazioni programmatiche e sul piano di governo locale? Su quali temi si possono verificare possibili innovazioni e quali invece permangono separati e tali da non consentire mutamenti nella situazione politica locale?
La situazione è difficilissima, chiunque abbia buonsenso non può negarlo. Io credo che la strada da percorrere sia prima di tutto quella del federalismo, per restituire a Comuni e Regioni sobri e virtuosi un maggior quantitativo delle risorse prodotte dai loro territori, riconsegnando così ai cittadini, in termini di opere pubbliche e servizi, parte delle tasse che hanno pagato allo Stato. Oltre a ciò va chiarito il quadro rispetto alle tariffe dei servizi a domanda individuale che, per esempio, a Cesena coprono il 57,39% dei costi sostenuti dall’ente locale. Come fare, quindi, – in attesa di un Federalismo piu volte annunciato ma, nei fatti, negato da tutte le scelte compiute dal Governo in questi mesi estivi – per non tagliare servizi indispensabili ed ai quali ci siamo, giustamente, abituati ma che comunque andranno fatti pagare di più rispetto al passato? Noi da un anno abbiamo scelto di rimodulare la partecipazione degli utenti ai costi dei servizi chiedendo a chi ha di più di contribuire di più, sulla base di un principio di equità. E’ nato così, dopo un ampio confronto con le forze sociali, il ‘quoziente Cesena’ che, attraverso il ricorso all’Isee, tiene conto non solo dei redditi, ma anche del patrimonio e della composizione dei nuclei familiari. Su questi due temi va aperto un confronto vero, fatto di numeri certi, esame dei bilanci, attenzione ai bisogni reali dei cittadini. Questo confronto, su basi serie e concrete, noi l’abbiamo già avviato con i primi incontri con le organizzazioni sindacali e le associazioni imprenditoriali e contiamo di andare avanti su questa strada, nell’auspicio di poter contare sull’apporto costruttivo di tutte le forze presenti in Consiglio comunale. Penso, in particolare, ad una “competizione di idee” capace di dividere la nostra rete partitica, associativa, della rappresentanza, non sulla base dei vecchi schemi paraideologici attuali, ma tra chi ha voglia di costruire una passerella verso il “nuovo mondo” al quale, inevitabilmente siamo destinati e chi, invece, ha paura di questa prospettiva. Le donne e gli uomini, i Partiti, che non avranno paura di percorrere quella passerella, saranno parte della Cesena che cambia, nell’ambito di una inevitabile scomposizione di una parte degli schemi attualmente consolidati. Gli altri, di quella che guarderà semplicemente con nostalgia al passato.
Piano strutturale; riforma del welfare; burocrazia e tempi amministrativi; parcheggi e soluzioni per il centro storico; un rapporto delle istituzioni con i cittadini più aperto meno partiticizzato (perché così molti lo sentono in verità) sono temi che possono fare la differenza fra oggi e domani, fra questa situazione e una nuova situazione più appropriata a fronteggiare tempi onerosi e cambiati.
La storia recente della nostra parte d’Italia – di Cesena così come dell’intera Emilia-Romagna – è costruita sulla capacitá di difendere e tutelare gli interessi dei cittadini, ma nell’ambito di un progetto di sviluppo complessivamente condiviso, senza infingimenti, dagli amministratori pro tempore della cosa pubblica e con loro dalle forze politiche, dalle rappresentanza sociali e da quelle imprenditoriali. A me pare prioritario il confronto su un modello nuovo di welfare, capace peró di partire sempre dalla difesa ad oltranza di quei servizi che è giusto definire “‘identitari’, perché costituiscono una parte rilevantissima della nostra qualità della vita: quelli in campo scolastico, sociale e sanitario. E, allo stesso tempo, avere ben chiaro che riuscirvi garantirà giuste aspettative di vita a coloro che stanno più subendo le conseguenze di questa durissima crisi economica, che noi stiamo combattendo anche con una sempre maggior attenzione ad una doverosa lotta all’evasione fiscale, ormai entrata nel DNA motivazionale dell’amministrazione comunale di Cesena. Ma poichè la considerazione contenuta nella domanda è giusta e condivisibile, naturalmente non ci dovremo occupare solo di questo. Nel frattempo, sarà bene ragionare anche del modello di sviluppo della nostra città e del suo “volto” da qui ai prossimi 20 anni. Mi permetto, però, di suggerire una chiave di lettura di carattere più generale: è bene che decidiamo cosa fare in merito ai temi riguardanti il centro storico, il traffico ed i parcheggi (ricordo che negli ultimi due anni con le iniziative partecipate “Al centro dell’ultimo chilometro” abbiamo “esploso” le scelte contenute nel Piano di mandato dell’Amministrazione ma anche ascoltato ed accettato oltre l’80% delle proposte giunte in proposito dai cittadini) o la burocrazia (il 2010 è stato l’anno che ci ha visti assumere ben sette dipendenti giovani e di alto livello professionale nell’ambito del settore dell’edilizia e questo ci ha portati, in questo primo anno di piena operatività di una struttura controllata da un Assessore capace e preparato come Orazio Moretti, a passare da Comune indicato come esempio di lentezza ad essere, con dati numerici inconfutabili, a Comune che le stesse Associazioni d’impresa, ultima la Confartigianato, invitano a diffondere ad altri il proprio modello organizzativo), ma decidendo prima tutti i passaggi che ci consentiranno di passare da una partecipazione dei cittadini codificata solo attraverso le strutture di rappresentanza tradizionali (Partiti ed Associazioni) ad una fase capace di costruire anche strumenti di approccio diretto. Penso alla delibera approvata il 30 agosto dalla Giunta e proposta al voto del Consiglio comunale, che avvia un nuovo metodo di confronto sulle Società partecipate (Hera, Atr, Romagna acque, tra le altre) e che avvia la costituzione di un “Comitato utenti città di Cesena” il cui scopo sarà di monitorare in modo ampio e diffuso l’andamento dei servizi ed il livello di soddisfazione dei cittadini. Una piccola rivoluzione! Posso permettermi una sintesi? Ragioniamo dei grandi temi e decidiamo la Cesena del futuro, ma facciamolo attraverso una partecipazione più ampia, aggiornando il nostro modo d’essere attuale ed utilizzando al meglio le tecnologie che ci hanno cambiato la vita!
C’è grande fermento nella politica, a destra come a sinistra, segnali cospiqui adesso e da tempo, anche con le ultime elezioni parziali. Domani difficilmente sarà tutto come oggi. Come pensi di affrontarlo, quale sbocco ne vorresti favorire, in quale direzione ritieni di muoverti?
In parte dicevo già sopra come questo fermento – che “naso” quotidianamente nel rapporto con i cittadini, grazie alle oltre 4.000 mail che mi giungono annualmente e fermandomi per strada con chiunque lo chieda – declini per tutti un nuovo approccio con la partecipazione. Qualcuno lo sta subendo e certo la crisi d’identità innegabile che attraversa i Partiti del centrodestra (il Pdl a me pare vivere già anche a Cesena la fase post berlusconiana e certo la Lega nord è lì a chiedersi come superare un modo d‘essere da “partito di lotta e di governo” che gli italiani stanno guardando con sempre più malessere) non può essere consolante per i Partiti del centrosinistra che hanno bisogno di uscire da un approccio fatto di forzature (le Primarie come mezzo ma anche come fine, l’eccessiva personalizzazione degli approcci, la divisione forzata tra generazioni) che rendono meno percepibile la capacità di alternativa reale. Forse a Cesena possiamo fare meglio di quel che sta accadendo nel resto d’Italia. Possiamo provare a parlare dei problemi della gente, uscendo dagli schemi e dando spazio ad un modo “antico ma non vecchio” di far politica che a me, avendolo vissuto per ragioni anagrafiche, piace ancora molto. Per “antica” intendo una politica che non si fa dettare i tempi dai giornali e dai comunicati stampa, che studia e si prepara, che prevede elaborazioni progettuali da parte dei Partiti ma coinvolgendo professionisti, associazionismo, società civile, che una volta deciso un approccio ad un tema “investe” sullo stesso misurandosi e, magari, raggiungendo a partire dallo stesso, anche accordi politici duraturi. Spero, mi auguro, che i Partiti del centrosinistra cesenate, ma che il Pri, l’Udc, quella parte di Pdl che sta provando ad elaborare il lutto per il post berlusconismo, siano pronti a questa sfida. Io personalmente, opererò in questa direzione, sapendo bene che la stessa è anche indispensabile per garantire più spazio a quel ricambio generazionale che a Cesena, in politica, può avvenire senza traumi, poiché già oggi molti dei nostri Partiti possono contare sull’apporto di ragazze e ragazzi preparati, appassionati, non frutto solo di una logica di cooptazione che oggi è bene spazzare via con molte delle abitudini del passato.