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Il Welfare: freno o motore dello sviluppo?

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Giuliano Galassi

La crisi economica e finanziaria ha assunto caratteri di emergenza sociale ed anche nella nostra Provincia si sono accentuate diffuse situazioni di povertà in conseguenza della perdita del posto di lavoro, della drastica riduzione delle ore lavorate e della precarietà sempre più diffusa dei contratti. Le scelte del Governo Monti, tese al risanamento eco-nomico del paese ed alla ridu-zione del debito pubblico, ri-schiano di penalizzare la fasce più deboli e di azzerare conquiste sociali ormai date per acquisite: quali il diritto al lavoro, alla tutela sanitaria, alla casa e ai servizi sociali. Inoltre, si sta diffondendo nell’opinione pubblica la convinzione che la tutela delle fasce deboli sia un lusso che non possiamo più permetterci e che il sistema del welfare sia un freno allo sviluppo ed alla crescita economica. Questo allarme è stato rilanciato in una manifestazione a Roma il 31 Ottobre, da una rete di cinquanta associazioni “Cresce il Welfare, cresce l’Italia” costituitasi nel marzo del 2012. “Non è più sostenibile una prospettiva che veda nel welfare un mero costo ed un freno alla crescita economica. Gli attori politici, economici e sociali devono cominciare a ragionare su un nuovo patto sociale, una nuova idea di responsabilità collettiva, che tenga insieme libertà, uguaglianza, sviluppo economico, sviluppo sociale e giustizia redistributiva. Ridurre il welfare a spesa sociale è sbagliato. Il welfare è un potente antidoto al debito pubblico perché risponde meglio ed in modo più mirato ai bisogni delle persone ed è economicamente più vantaggioso.” In questo anno, di fronte a numerosi e indiscriminati tagli lineari della spesa sociale e sanitaria, il Presidente del Governo ha ripetutamente dichiarato: “Ce lo chiede l’Europa”; “Ce lo chiedono i mercati” Ma cosa chiedono gli italiani? Cosa chiedono le fasce più deboli dei lavoratori? Cosa chiedono gli anziani, le persone non autosufficienti, le persone disabili e i loro famigliari, le famiglie che, sempre più numerose, varcano la soglia della povertà? Dal Governo Monti un segnale chiaro: il terzo settore e’ un centro di costo da tagliare! Mai negli ultimi anni si era registrata una tensione così alta fra Terzo Settore e Governo. Le scelte di Monti sono state animate prevalentemente da logiche contabili e non hanno cercato di valorizzare in alcun modo il patrimonio di idee, di iniziative e di persone rappresentato dal Non Profit, che, invece può essere la base su cui investire per la ripresa dello sviluppo economico. Mi sembra paradossale che di fronte alla crisi economica da un lato cresca l’imposizione fiscale, si riducano i servizi, aumentino i costi per le persone più disagiate, diminuiscano le protezioni sociali e dall’altro lato non si riesca ad eliminare gli sprechi della spesa pubblica ed a contrastare l’evasione fiscale. Il Non Profit è un potenziale interlocutore in grado di rispondere ai bisogni che restano inevasi fra il mercato e lo stato. Nel nostro paese si sta diffondendo una profonda contraddizione: il Non Profit, l’unico soggetto in grado di sviluppare un welfare produttivo e non più assistenzialistico, è continuamente bersagliato da misure punitive, quali ad esempio: l’aumento del 400% delle tariffe postali per il non profit; l’aggravio di imposta del 3% per la cooperazione; il ritardo ormai strutturale di tre anni nel saldo del 5 per mille; la riduzione dei fondi per la cooperazione internazionale; gli oltre 40 miliardi di euro di debiti della pubblica amministrazione verso il non profit; il taglio nei trasferimenti dallo Stato agli Enti Locali; il taglio del 63% dei fondi nazionali per le politiche sociali; il taglio di oltre il 400% di risorse per il servizio civile nazionale; la chiusura avvenuta all’inizio del 2012 dell’Agenzia per il terzo settore, presieduta dal prof. Zamagni; il tentativo, poi rientrato, di aumento dell’IVA dal 4% all’11% per le cooperative sociali di tipo a).Rischio di un ritorno ad un welfare assistenzialistico.

In questa situazione di grave crisi economica, che ha messo in discussione le reti di protezione e di tutela sociale per le fasce deboli della popolazione, c’è il rischio di un ritorno ad un Welfare assistenzialistico, proprio nell’Anno Internazionale della Cooperazione dichiarato dall’ONU con lo slogan “Le cooperative costruiscono un mondo migliore”, per riconoscere nell’esperienza della cooperazione un modello di impresa che mette le persone al centro, prima del profitto, e che è in grado di incidere positivamente sullo sviluppo economico e sociale di tutte le persone e di contribuire allo sradicamento della povertà e dell’emarginazione. Il Direttore Generale dell’ILO (International Labour Organization) Juan Somavia ha affermato: ” Le cooperative rappresentano un importante canale per collegare i valori di mercato con i valori umani. Pur non essendo state immuni dai suoi effetti, le cooperative stanno rispondendo meglio alla crisi rispetto alle imprese profit, grazie alla loro capacità di coniugare efficienza ed equità. Infatti dal punto di vista imprenditoriale le cooperative contribuiscono allo sviluppo economico, alla creazione di posti di lavoro, mentre dal punto di vista sociale esse rispondono al bene comune.” La lunga storia e l’attività di impresa della cooperativa CILS è una conferma che la coesione sociale, la fiducia, la solidarietà e la redistribuzione della ricchezza contrastano l’assistenzialismo di stato ed aiutano l’economia. Senza alcun onere economico per la collettività, la CILS attualmente occupa in un lavoro stabile, definitivo e remunerato 430 lavoratori, dei quali 80 persone con disabilità complessa e 85 invalidi civili. Senza l’attività della CILS molte di queste persone rientrerebbero nei circuiti assistenziali degli Enti Pubblici, con una aggravio economico rilevante e con un ancor più grave costo sociale. Infatti una persona disabile inserita in un centro diurno costa mediamente ventimila euro all’anno, mentre una persona che lavora non comporta oneri per la collettività, produce reddito, paga le tasse e dà un contributo determinante alla coesione sociale ed alla qualità della vita della sua città.

I drastici tagli dei trasferimenti agli Enti Locali, associati ai ritardi dei pagamenti, rischiano di mettere in crisi questo modello di impresa e di far ritornare un welfare assistenzialistico, i cui costi economici e sociali non possiamo permetterci.

Verso una sussidiarieta’ circolare.

Per contrastare questa cultura dominante che il Welfare è un costo e non è in grado di produrre sviluppo, è prioritario che la politica riconosca il peso economico, occupazionale, relazionale e inclusivo delle politiche sociali, il reddito prodotto dall’economia civile e i rilevanti dati occupazionali del Non Profit. In un recente convegno il prof. Zamagni ha denunciato “il rischio di un ritorno ad un Welfare assistenzialistico, che umilia e non valorizza le persone. Si deve andare nella direzione di un “Welfare society”: cioè è l’intera società (Enti Pubblici, Imprese, Terzo Settore) che deve farsi carico dei bisogni dei cittadini. Si deve andare nella direzione di un Welfare “valicante” in grado di recuperare tutte le risorse umane e sociali per lo sviluppo economico. Superando i concetti di sussidiarietà orizzontale e verticale, si deve tendere ad una sussidiarietà circolare, che veda coinvolti gli enti pubblici, il mondo produttivo e la società civile in un comune progetto per costruire la coesione sociale, vero motore dello sviluppo.” In quest’ottica, che condivido, è urgente superare la responsabilità sociale d’impresa, che ha prodotto risultati significativi, per attuare politiche di responsabilità sociale territoriale.

Gli attori politici, economici e sociali devono cominciare a ragionare su un nuovo patto sociale, una nuova idea di responsabilità collettiva, che tenga insieme libertà, uguaglianza, sviluppo economico, sviluppo sociale e giustizia redistributiva.

Al riguardo sarebbe opportuno riprendere ed approfondire le conclusioni di un convegno organizzato qualche anno fa dall’Amministrazione Comunale di Cesena, avente per tema “Verso Territori Socialmente Responsabili”, per mettere al primo posto dell’agenda del governo locale la collaborazione fra Enti Pubblici, Imprese e Non Profit per attuare un Welfare valicante e per dimostrare che la coesione sociale e la qualità della vita non sono costi sociali, possono essere motori di sviluppo e sono elementi indispensabili per la costruzione del bene comune di un territorio. A proposito di responsabilità sociale territoriale è significativa la collaborazione che la CILS ha instaurato da anni con diverse aziende locali, che, grazie alla possibilità di assolvere all’obbligo di assunzione di invalidi della L. 68 attraverso l’esternalizzazione di servizi da parte di imprese profit a cooperative sociali, prevista dalla L.R. 17/2005(Legge Bastico), ha prodotto l’assunzione in cooperativa di molte persone con disabilità.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 8:51 am
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