di Stefano Bernacci
La riflessione e il dibattito suimodelli di sviluppo e governance da individuare e adottare per il nostroterritorio – che Energie Nuove ha il grande merito di coagulare da tempo nellasua preziosa rivista – non può prescindere dalla consapevolezza di essere difronte a una serie di trasformazioni per certi versi epocali, che hannoinevitabili conseguenze sul tessutoeconomico e sociale.
Dobbiamo tenerne conto, se si vuole produttivamente ragionare insieme su qualiazioni produrre per favorire la crescita, e non farlo solo come puro eserciziodialettico.
Il tratto distintivo di questocambiamento in atto è il venir meno di alcuni punti di riferimento consolidatidel sistema produttivo locale fatto principalmente da piccole imprese.
Volenti o nolenti è a questo venir meno,o in ogni caso a questa profonda mutazione, che siamo di fronte.
Il mondo del credito è cambiato e questoin un tessuto di pmi bancadipendenti è un fattore importante.
Le vicende della Cassa di Risparmio diCesena e del Credito Cooperativo, cosìcome la riforma delle Popolari non sono state certo indolori per un tessuto dipiccole e medie imprese che ha sempre fatto conto sulle banche del territorio,presso le quali, grazie anche alla conoscenza delle persone e a un sistema direlazioni naturale, è stato più facile finanziarsi, anche se ciò avviene nonsempre e non necessariamente. Certo, si può dire che oggi ci sono le risorse maqueste vengono scarsamente impegnate e non si può liquidare la questioneaffermando semplicemente che il cavallo non beve: persistono infatti tanti vincoli che rendonopiù facile ricevere una linea di credito di tre o quattro milioni piuttosto che30mila euro, come provano i dati relativi al generale calo degli impieghi afavore delle piccole imprese. In ogni caso è indubitabile che la crisi delmodello delle banche locali accentui dunque ancor più la difficoltà di fareimpresa.
Anche nel modello istituzionale è incorso un processo di profonda trasformazione, senza che l’approdo sia ancoranitido. Le Province, in pratica, non ci sono più, per come la comunità e leimprese erano abituate a rapportarsi con loro e a tutt’oggi mancano luoghi incui confrontarsi e ragionare su politiche ed iniziative di scalasovraterritoriale.
Le Camere di Commercio, dal cantoloro, sono indotte dalla riforma adaccorparsi ma, quel che conta – giusto o sbagliato che sia il nuovo corso – lerisorse che servivano ad alimentare progetti di investimento territoriale, nonci sono più. Un altro venir meno, pesante.
Vogliamo parlare anche dell’Università?Serinar ha rivestito un ruolo egregio sul versante delle infrastruttureimmobiliari e dei servizi, sull’hardware, quindi. Ma ora, sempre più, ilproblema è quello del software e in particolare di come raccordare corsi efacoltà col mondo delle imprese e non si può pensare che questa sfida si possaaffrontare con i vari lab territoriali,pur meritorie che siano queste esperienze.
Un altro venir meno è rappresentatodagli enti pubblici che riducono progressivamente la loro presenza nelle società partecipate. Certo, non spettaal pubblico innestare lo sviluppo, come non ci stanchiamo di ripetere, ma anchequesto arretramento e disimpegno agisce da concausa, perché l’architettura delterritorio e il ruolo del pubblico sono fattori che incidono sulla crescita, omeno.
Si pone inoltre un problema, cioè ilvenir meno certamente di ricambio della classe dirigente che nel nostroterritorio è sempre stata costituita dagli esponenti di ben individuateistituzioni, alcune delle quali hanno però subito trasformazioni perdendo laloro centralità, oppure di più strutturati gruppi industriali in cui si pone incerti casi la questione del ricambio generazionale.
Il rischio, in ogni caso, è che inquesta fase di cambiamento e trapasso, più che su una consolidata e autorevoleclasse dirigente tutto ruoti attorno al dinamismo e al protagonismo di soggettiisolati da un contesto che oggettivamente latita.
Bene: se questo è lo scenario cheemerge, il tessuto produttivo stesso e chi lo rappresenta, di fronte al venirmeno di certe condizioni e supporti, deve scegliere come comportarsi: o dà perperse le condizioni precedenti e ripiega su se stesso, oppure ricerca nuovemodalità, opportunità e strategie peralimentare la crescita.
Ecco, a me pare che è di tutto questoche si parli troppo poco e che si ragioni ancora come se ciò su cui mi sonosoffermato non fosse venuto meno o non si fosse trasformato. Ragioniamo comeprima della crisi, come se non fosse successo nulla, mentre è cambiato ilmondo.
Qualche rapido spunto, infine, perinnescare il dibattito rinnovato che auspichiamo.
L’Università, si diceva: vanno beneIngegneria, Informatica, Psicologia, Agraria e Scienze dell’Alimentazione, maperché non cominciare a ragionare su un Politecnico più vicino alle tipologiedi esigenze professionali del nostro mondo produttivo o sulla richiesta di unaClinica universitaria (decentrata rispetto a quella di Bologna) per alimentaree qualificare ulteriormente le specializzazioni e le competenze di una Asl chesi muove, pur faticosamente ma giustamente, in una logica di Area Vasta? Esauritasi una certa fase propulsiva dellacittadella universitaria, non è forse necessario concentrarsi su quali nuovistrumenti possono essere più utili per favorire la crescita del nostroterritorio?
Un altro punto chiave in cui elaborarenuovi modelli riguarda la grande sfida per un territorio caratterizzato (cometutto il nostro paese) dall’invecchiamento della popolazione e dallo sviluppodi nuovi bisogni e servizi socio-assistenziali: vale a dire la costruzione diun welfare di comunità in cui pubblico, privato, sindacati e associazioni sianochiamati a ragionare strategicamente per costruire efficaci strumentimutualistici, in grado di supportare un sistema pubblico e privato che marciain maniera ancora troppo separata
Ma sono anche altre le sfide che ciattendono: dall’eterna partita delle infrastrutture ai nuovi assettiistituzionali, alla funzione e al governo delle partecipate. Come affrontarle?Con gli strumenti del passato (che non ci sono più)? Oppure in quale nuovomodo?
Ragioniamoci insieme ricreando un ambitoper farlo, luogo del confronto che oggi purtroppo sembra non esistere più.Forse non ce ne siamo accorti, ma èvenuto meno anche quello.