di Ottorino Bartolini
Con l’inizio del nuovo secolo, il 1900, passati i primi anni dell’internazionalismo proletario “lavoratori di tutto il mondo unitevi” prevalgono, particolarmente in Europa “ i nazionalismi” con la definizione dei nuovi confini e delle forme di governi dei nuovi Stati.
Sotto la spinta della innovazione industriale e delle conquiste in tutti i campi e settori del vivere quotidiano (elettricità, motori, ferrovie, velocità, macchine, fabbriche, volo) nascono e si affermano le organizzazioni dei lavoratori e delle lavoratrici, le leghe dei braccianti e delle mondine, le Camere del Lavoro 1900-1901 in Romagna, Forlì, Cesena, Ravenna, le Coop. e le Società di Mutuo Soccorso. Il fermento politico portava la nascita dei Movimenti e dei Partiti politici, 1892 il PSI unitario, 1895 il PRI poi la crescita delle organizzazioni del mondo cattolico.
I romagnoli, ancora una volta, sono alla testa di questa fase di cambiamento con protagonisti nel mondo della cultura, il Futurismo degli anni 1910 con il pittore Boccioni di Morciano di Romagna e Balilla Pratella di Fusignano nella musica. Ma con il nuovo secolo il nazionalismo porta alle conquiste coloniali. Inghilterra, Francia e altri paesi sono molto avanti; l’Italia, prima con Francesco Crispi è nel Corno d’Africa, poi con Giovanni Giolitti si predispone ad aprire un fronte di guerra per la conquista della Libia.
Siamo nel 1911 e il poeta romagnolo Giovanni Pascoli, forte del suo “Socialismo umanitario e patriottico” e dei suoi trascorsi giovanili a fianco di Andrea Costa, sale alla ribalta della scena politica italiana con la sua parola e lancia il suo slogan “La grande proletaria si è mossa” riconoscendo l’impegno dell’Italia che lui definisce “proletaria” nel contesto politico europeo. Nella sua adesione alla conquista della Libia egli vede la possibilità per tanti diseredati del Sud di trovare lavoro in una nuova terra e di uscire dalla fame e dalla miseria.
In realtà la conquista della Libia è una guerra di aggressione e di conquista coloniale che spaccò l’Italia in due fra il Nord contrario e il Sud favorevole, spaccò Partiti politici e organizzazioni sindacali. Dal 1911 al 1914 in Romagna e nelle Marche la reazione fu tanto violenta da scatenarsi in un movimento di ribellione che prese il nome della “Settimana rossa” che iniziò il 7 giugno e si concluse il 14 giugno 1914.
Il nazionalismo, il colonialismo, la protesta contro la guerra di Libia producevano spinte in surrezionaliste e il proletariato si organizzava su posizioni intransigenti e rivoluzionarie. Queste posizioni si ripercuotevano nella Marche e in Romagna all’interno del PSI e del PRI che si ponevano in contrasto con il mondo liberal-democratico e con quello cattolico che appoggiava i rappresentanti moderati.
Benito Mussolini, Pietro Nenni e Aurelio Lolli, venivano arrestati, processati e incarcerati a Forlì; dopo un anno e 5 mesi di galera venivano rimessi in libertà nel marzo 1912.
Su queste posizioni antimilitariste alla testa dei socialisti, quale segretario della Fed.ne collegiale forlivese, c’è Mussolini col suo “La Lotta di classe”, a Cesena Nicola Bombacci che dirigeva “Il cuneo” fondato dall’avv. Socialista Gino Giommi ad Ancona il giovane Nenni, repubblicano, direttore de “Il Lucifero”.
Con il ritorno dell’anarchico-rivoluzionario Errico Malatesta, dall’esilio in Inghilterra, riprende l’attivismo politico e si riorganizza il movimento, mentre nella Confederazione Generale del Lavoro, riformista, Filippo Corridoni con le sue posizioni di sindacalismo rivoluzionario, si pone in contrasto tanto da provocare con altri la nascita dell’Unione Sindacale Italiana.
L’intransigenza rivoluzionaria e l’anticlericalismo di Benito Mussolini, di Nicola Bombacci e di altri dirigenti nell’attivismo e nella propaganda fanno nascere la “questione Romagna”. Benito Mussolini dal primo dicembre 1912 è direttore dell’Avanti! a Milano e inizia la sua azione antimilitarista contro la guerra di Libia mentre Nicola Bombacci, sempre su posizioni intransigenti e rivoluzionarie in politica, sceglie di dedicare il suo impegno solo al movimento sindacale del quale fa parte ed è dirigente a livello Emiliano Romagnolo.
Il Primo Ministro Giovanni Giolitti avvertiva che la guerra di Libia stava provocando la crisi dei rapporti nella sua maggioranza e con le organizzazioni del mondo del lavoro. Giolitti valutava le conseguenze negative sul piano interno e con molte perplessità decise per l’intervento ritenendo che gli interessi internazionali per l’Italia fossero superiori.
Mentre la Conf.ne Generale del Lavoro manteneva le sue posizioni e finalità riformiste, nei Partiti Socialista e Repubblicano ci furono forti ripercussioni con l’affermazione delle correnti rivoluzionarie. Nel Congresso di Reggio Emilia del 1914, nel P. S. I. Mussolini riusciva a fare espellere i dirigenti riformisti Bissolati, Bonomi e altri.
Ad Ancona il 7 giugno 1914, in coincidenza con la festa dello Statuto del Regno (1848) e con le consuete parate militari, si stavano svolgendo manifestazioni per l’abolizione delle “Compagnie di disciplina dell’esercito e per la liberazione dei soldati contrari all’intervento militare in Libia”
Nella sede del PRI a Villa Rossa di Ancona molti aderenti ai partiti dell’estrema sinistra, repubblicani, anarchici, socialisti, erano riuniti per ascoltare gli interventi di Pietro Nenni, e dell’anarchico Errico Malatesta. Al termine della riunione i partecipanti, nel tentativo di avviarsi verso il centro in Piazza Roma per inscenare una dimostrazione, cercarono di sfondare lo sbarramento delle forze dell’ordine. Erano le 18.30 e dopo i tre squilli di tromba per disperdere l’assembramento i carabinieri con il loro duro intervento provocarono la morte dei giovani repubblicani Nello Budini e Antonio Casaccia e del giovane anarchico Attilio Giambrignoni. Immediatamente da Ancona, nelle Marche e in Romagna si svilupparono disordini. La Con.ne del Lavoro proclamò lo sciopero generale a partire dal 9 giugno al quale aderirono per la prima volta i ferrovieri; nelle città ci furono scontri violenti fra scioperanti e forze per l’ordine pubblico.
Le tensioni sociali accumulatesi nel paese e l’antimilitarismo stavano per provocare e sfociare in uno sbocco insurrezionale incoraggiati e spinti dai rivoluzionari Mussolini socialista, Zuccarini repubblicano, De Ambris sindacalista e dall’anarchico Malatesta.
Ma con la dichiarazione di fine dei due giorni di sciopero proclamato dalla Con.ne del Lavoro, con il comportamento del Governo che non ricorse a misure di emergenza, con la estraneità della stampa nazionale e la non adesione del mondo cattolico in particolare delle campagne, il moto di protesta e di sollevazione popolare della Settimana Rossa, violento in Romagna e nelle Marche e forte solo nelle grandi città e nei centri industriali, il 14 giugno, nel breve volgere di 7 giorni si stava esaurendo.
Quel moto popolare che prese vita fra la “guerra di Libia 1911-1914” e la “prima guerra mondiale 1915-1918” con B Mussolini, P. Nenni, E. Malatesta e gli altri protagonisti, resta nella storia della Romagna, delle Marche e dell’Italia.
Aldo Spallici, il poeta romagnolo, nella sua raccolta di poesie “Sciarpa nigra” (Cravatta a svolazzo e cappellino sulle ventitré) ci lascia la sua poesia “La stmana rossa” nella quale rivolgendosi al deputato repubblicano Pirolini di Ravenna, altro protagonista romagnolo in quei giorni, scrive: “Sta forte Pirulini e non ti avvelire che prima di morire repubblica farem”
Non sarà così e non ci sarà la Repubblica, perché quindici giorni dopo, in quello steso giugno venne ucciso l’arciduca ereditario dell’impero austroungarico e l’Europa veniva trascinata nella prima Guerra Mondiale e tutto il mondo politico e italiano si divise nella scelta fra interventisti e neutralisti.