di Luigi Di Placido
Le elezioni regionali che si celebreranno il prossimo 23 Novembre rischiano di scontare la disaffezione generale dei cittadini verso la politica e il poco entusiasmante percorso con il quale si è arrivati alla determinazione delle forze in campo.
Prima di ogni ragionamento politico su questo appuntamento, una premessa è d’obbligo: può piacere o meno, ma l’unico campo nel quale c’è vita è quello del centro-sinistra.
Centro-destra e Movimento 5 Stelle stanno affrontando le tappe di avvicinamento alla competizione elettorale in sordina, probabilmente consapevoli della evidente debolezza politica della loro proposta, in clamoroso ritardo su alleanze, definizione di candidature, raccolta firme.
Anche il centro-sinistra non gode di ottima salute, ma gli altri stanno decisamente molto peggio.
L’indagine sulle spese pazze dei gruppi consiliari, la condanna del Governatore uscente Errani con relative dimissioni, l’evidente conflitto tra conservazione e discontinuità, hanno indebolito la capacità egemonica tuttora presente nella nostra Regione, ma nessuno sembra minimamente in grado di approfittarne.
Le stesse primarie di coalizione per la scelta del candidato Presidente della Regione hanno riproposto in maniera plastica questo travaglio interno: un candidato espressione della continuità (Bonaccini), e un candidato portatore di un messaggio di forte discontinuità (Balzani).
Insieme a tanti altri amici mi sono schierato convintamente al fianco di Balzani, convinto che una sua vittoria avrebbe favorito una nuova stagione di politiche regionali più dinamiche, capaci di uscire dalla gestione stanca e priva di orizzonte degli ultimi anni.
Seppur sconfitti (ma con un risultato oltre ogni ottimistica previsione), ritengo che la scelta sia stata giusta, e che sia stato opportuno impegnarsi direttamente anche senza essere iscritti o militanti, in quanto cittadini desiderosi di dare il loro contributo attivo in una vicenda che riguarda tutti.
Adesso si tratta di non abbandonare quell’impegno che ci ha portato a “metterci la faccia”, non per dare solamente un sostegno acritico, ma segnalando argomenti e stimolando il confronto su di essi.
Lo abbiamo fatto da cittadini, non dimenticando la nostra provenienza culturale ed ideale.
Lo abbiamo fatto, infatti, per continuare a rappresentare quel mondo laico, repubblicano, liberaldemocratico che tanta parte ha avuto nello sviluppo e la crescita dei nostri territori e che non deve rassegnarsi a fare da spettatore al dibattito politico, cercando anzi forme di aggregazione nuove e moderne.
Mentre altri si attardano in inutili pregiudizi di schieramento (che sono l’assoluta negazione del pensiero laico), fingendo ipocritamente di non vedere cosa gli gira intorno, occorre dire chiaramente e con forza che c’è un mondo che non rinuncia a priori ad una rappresentanza, perché è ancora convinto di avere cose da dire e proposte da fare; un mondo che il suo spazio se lo deve andare a cercare negli interstizi dove è possibile incunearsi, ben sapendo che nessuno offrirà ponti d’oro o srotolerà tappeti rossi.
Ma questo non deve spaventare o far desistere: deve, al contrario favorire una nuova e maggiore consapevolezza delle difficoltà, ma anche delle opportunità che un quadro politico così liquido e in perenne trasformazione offre a chi abbia il coraggio dei propri comportamenti.
Come abbiamo sempre fatto a Cesena, così faremo a Bologna: ragionare sulle idee.
Dicendo che la Regione Emilia Romagna non può essere governata con la logica del piccolo cabotaggio e del “giorno per giorno” come è accaduto negli ultimi anni, perdendo imponenti occasioni di sviluppo e contribuendo a far percepire l’ente regionale come produttore di norme bizantine e di complicazione dei procedimenti, sempre più lontano dal cittadino.
Dicendo che, se manca una vocazione di coordinamento e governo delle istanze provenienti dai territori, si impoverisce la spinta innovatrice e si vanificano le tante risorse presenti, affidandole esclusivamente ad un sistema dove dominano amicizie e contiguità.
Dicendo che dalla Regione possono partire esempi di buon governo che possono divenire un filo conduttore comune per le politiche di sviluppo, ambientali, culturali, di semplificazione amministrativa.
Ecco: se non c’è nessun altro che si sta preoccupando di dire chiaramente queste cose, devono essere i laici a farlo.
Ma non stando alla finestra e spiando dal buco della serratura come fanno gli altri!
Al contrario, assumendosi la responsabilità di essere protagonisti.
E qui torniamo alla premessa iniziale: c’è un solo campo nel quale, oggi, è possibile giocare: quello del centro-sinistra.
Le differenze, che pur ci sono, e che non vanno nascoste o sottaciute, non possono servire come alibi per preferire il letargo alla partita: se ci fossero degli spazi nei quali poter rappresentare la propria cultura, sarebbe necessario approfittarne.
Dovessero, quindi, nascere liste elettorali disponibili a riconoscere un diritto di tribuna, servirà il coraggio di mettersi in gioco, mantenendo la coerenza delle proprie idee, che non cambia a seconda dello schieramento con il quale ci si confronta.
Oggi è importante avere anche solo la possibilità di una voce nel futuro Consiglio Regionale, e tale opportunità non può essere ostacolata da timidezze e presunzioni di superiorità.
Occorrerà lavorare per questo, e lavorare di lena.
Laici, liberaldemocratici e repubblicani sono più di quelli che si possa pensare: facciamo loro capire che, proprio per questo, meritano una rappresentanza.