11 settembre 2001. Sei anni fa tutti ci siamo sentiti americani. Così in tanti dissero. Non saprei dire quanti di quelli che pure dichiararono così in realtà si siano sentiti davvero americani. In quel momento come in altri. Del resto da noi l’ipocrisia non è merce rara. Quel tragico evento con le sue moltissime vittime non solo suscitò profondissime emozioni, commozione, sconcerto ed orrore. Pose subito con tutta la sua tragicità la drammaticità del fatto che nulla più, da quel momento, sarebbe stato come prima. E così è stato e così è. Anche se sono molti i balordi che non se accorgono, o, ancora peggio, non lo vogliono ammettere. L’antiamericanismo che anima un certo diffuso mediocre culturame italiano, che pur si esprime in politica anche con certi prestigiosi fregi, non ha mancato di sortire in taluni perfino un moto di indifferente sentimento se non addirittura di mal celato compiacimento. Come se il cattivo e reprobo capitalismo imperialista statunitense pagasse un prezzo e un fio che doveva scontare, che era nelle attese e nei desideri che in qualche modo dovesse scontare. Purtroppo c’è anche di questo fra noi. Molti sono obnubilati di fronte alla realtà per via dei loro pregiudizi ideologici e culturali.
L’attacco all’America era ed è l’attacco alla nostra civiltà, alla nostra democrazia di stampo occidentale. Anche solo pensare di poterci tenere fuori da questo attacco e dalle sue tremende espressioni terroristiche e tragiche ci colloca fuori dal dovere di sentire e di condividere la comune questione di essere comunque, e alla pari, oggetto e bersaglio di quell’attacco che certo non si sta né attenuando, né allontanando. Da quell’11 di settembre in poi il mondo democratico ed occidentale, gli USA e l’Europa , in primo luogo, hanno il dovere di una unità d’azione determinata precisa e risoluta contro il terrorismo e le dittature e i fanatismi politici e statuali che lo coprono, lo finanziano, lo proteggono e lo alimentano. Un lavoro duro, lungo e di lena. Al quale non ci si dedica per metterlo a punto come necessita se si parte con lo stare dalla parte sbagliata o anche equivicini alle parti che sono in contesa, in questo tipo di contesa. Da questo obiettivo siamo ancora lontani. Ma è colpevole chi si ritrae o rallenta il processo di raggiungimento. Non chi deve continuare con la totalità quasi del vero sacrificio a farsi carico anche di coloro che per pavidità o miserabile mediocrità se ne stanno ai margini.