di Pietro Caruso
Molti considerano la mia amicizia verso Roberto Balzani un tratto che obnubila la lucidità che, soprattutto nel ragionare delle cose politiche della nostra provincia e della nostra regione, mi viene spesso generosamente attribuita. Cercherò di non fare velo, appunto, alla ragione senza risparmiare critiche ed elogi a una figura come Balzani che secondo me è in ogni caso un esemplare politico nuovo rispetto alle consuetudini e alle modalità con cui, spesso, si esprime il politico.
Nel campo degli elogi del professore forlivese si possono elencare: la correttezza dei comportamenti etico-pubblici, soprattutto in materia di moralità amministrativa, la competenza storico-politica capace di individuare dall’analisi del passato un certo grado di previsione e programmazione del futuro senza ripetere molti degli errori alle nostre spalle, un notevole grado di coraggio nel scegliere anche individualmente o con gruppi piccoli vie innovative rispetto alle tradizionali formule del consenso di massa prive spesso di quella voglia di cambiare facendo vivere il futuro ora e non dopodomani. Insomma un buon grado di riformismo attento al sociale, rispettoso dei diritti delle minoranze etniche, religiose, politiche, una sensibilità ecologista, una solida filosofia federalista che dal dinamismo di un quartiere a quello di un comune, si sposa con un regionalismo che guarda all’Europa. Il fatto poi che uno dei migliori allievi, se non il migliore, dello storico Giovanni Spadolini sia entrato a 45 anni compiuti nel Pd e non abbia fatto parte prima se non della Fgr, del Pri, dell’Associazione Mazziniana e del Movimento Federalista Europeo per me è un segno di rinnovamento, non certo di conservazione rispetto a chi ha invece militato nei grandi partiti di massa: Dc, Pci e, ma con caratteri diversi, nel Psi.
I punti di debolezza che vedo invece in Balzani, dal punto di vista politico, ma che non minano la mia stima personale squisitamente amicale e compatibile con molti dei miei punti di vista è sulla tecnica di gestione della politica. Non è un mistero attribuire a Balzani, alla fine, un forte decisionismo personale e una inclinazione caratteriale a non volere essere un organizzatore politico tradizionale, se mai un orientatore, un educatore, un leader morale…forse in omaggio moderno al pensiero di Giuseppe Mazzini che fu comunque un pensatore, un promotore di iniziative politiche, un rivoluzionario per tutta la vita.
Balzani nelle primarie del 2008 a Forlì seppe suscitare in alcune migliaia di forlivesi un entusiasmo capace di riportare nell’alveo della politica persone che non si erano mai impegnate, vecchi militanti delusi e frustrati dalle cattive e retrive gestioni dei propri partiti di appartenenza e non pochi giovani e donne. Una parte di questo patrimonio in cinque anni è sfumato, con le primarie regionali si è ricreato diventando di diverse migliaia, addirittura di 23 mila preferenze su scala regionale. Numeri che non sono solo più quelli di un semplice popolare sindaco di una nobile città di provincia. E infatti ora bisogna amministrare quel consenso senza diventare una semplice corrente regionale del Pd, ma garantendo un’attiva capacità di influenzare tutto il Centro-Sinistra regionale e soprattutto il nuovo governo della Regione. Mi auguro cioè che nasca un’area ben più vasta di una corrente interna al Pd e che soprattutto il mondo dei laici, del riformisti, dei radicali spinga Balzani ad assumersi gli oneri e gli onori di un leader. Un leader intellettuale e politico insieme. Cosa che fa inorridire i politici politicante e gli accademici blindati nella loro torre eburnea. In fondo era il sogno, e la loro vita drammatica lo testimoniò, di Amendola, Gobetti, Gramsci e Rosselli. La nostra migliore coscienza di italiani con la I maiuscola perché profondamente consapevoli del destino di una nazione capace di fermentare con i suoi ideali l’Europa intera.