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DIBATTITO: UNA GRANDE TRADIZIONE O SOLO LA VICENDA DI UN PARTITO?

     Giugno 26, 2017   No Comments

Una grande tradizione. Cultura e politica. Una storia ricca e lunga. Dai suoi albori risorgimentali, fino ai giorni nostri. La tradizione, la cultura politica repubblicana. La Romagna, il luogo dove ha avuto la maggiore presenza, un radicamento sociale profondo. Una forza politica, particolarmente nel triangolo Cesena, Forlì, Ravenna, di grande influenza ed anche di grosse dimensioni. Una forza di massa. Decenni di politica e di azione amministrative locali sono stati forgiati in gran parte da quella cultura e da quella tradizione. Capace di primati elettorali, nei nostri territori, fin dall’inizio del secolo scorso. E dall’inizio della Repubblica fino a poco tempo fa con percentuali cospicue. Sempre sulle due cifre e non sotto, fino alla prima metà degli anni novanta. Nel contesto della politica contrassegnata dalla massiccia presenza dei grandi partiti di massa di ispirazione marxista e cattolica. Mentre il Pri – il partito che quella tradizione ha incarnato e fatto vivere – a livello nazionale aveva un ruolo minoritario, seppure di grande rilevanza culturale e politica. Percentuali elettorali, quelle nazionali, piccole, intorno all’uno per cento. Per il sistema elettorale che vigeva occorreva che un partito avesse almeno in un collegio elettorale il quoziente pieno per eleggere un parlamentare. Senza di questo, per quanti voti si fossero conquistati, non ci sarebbe stata presenza alcuna in Parlamento. In alcune elezioni politiche, se non vi fosse stato il risultato forte nel collegio elettorale romagnolo, il Pri sarebbe scomparso. Era già scomparso purtroppo dalla scena politica il Partito d’Azione. Il Psiup ( il Partito di unità proletaria ) scomparve dal Parlamento e dalla politica pur avendo ottenuto oltre seicentomila voti. Non aveva avuto in alcun collegio elettorale un quoziente pieno. Il Pri, in quegli anni, nazionalmente, non riusciva ad andare oltre quattrocentomila voti. Tutto questo a significare la consistenza ed il radicamento profondo e diffuso della tradizione repubblicana in Romagna. Oggi si parla di prima e di seconda Repubblica, costringendo in queste riduttive etichettature il processo che ha profondamente stravolto il sitema politico italiano. Certo c’è una cesura che si compie nei primi anni novanta, con il nuovo sistema elettorale maggioritario. La scomparsa di molti protagonisti politici di prima e l’avvento di nuovi, taluni radicalmente diversi, che si impongono dando spinta a quel bipolarismo assai imbastardito con il quale ancora oggi si imbriglia e schematizza la vita politica del Paese. Il Pri, come altri partiti, ha risentito enormemente di tutto questo. Ma il nuovo sistema elettorale, da solo, per quanto rilevante, non basta a far comprendere e a motivare la crisi di queste forze politiche. La formale presenza elettorale del Pri è praticamente scomparsa e ridotta alla benevola “ospitalità” di qualche candidato in altre liste. Una visibilità politica nazionale molto scarna. Anche a livello locale pur presentandosi esplicitamente alle elezioni amministrative, con progressiva accelerazione, le percentuali elettorali del Pri si sono portate sotto le due cifre. Anche di molto. Non c’è più neppure un consigliere comunale a Forlì e provinciale in Provincia. La tradizione repubblicana di oltre un secolo, così ricca di una storia che ha segnato e segna profondamente la nostra società locale e romagnola, è anch’essa da considerarsi in questa accelerata caduta libera? La grande tradizione amministrativa, quella dei grandi Sindaci repubblicani (Corradino Fabbri, Antonio Manuzzi ) di Cesena, di Forlì, di Ravenna; quella tradizione repubblicana che ha pervaso molte vicende locali, culturali, economiche e sociali; è questa una tradizione da considerarsi strettamente connessa alla vicenda politica del Pri? È soltanto qualcosa da restringere nella vita interna di un partito? Riconducibile ed esauribile nell’intreccio di virtù e difetti che hanno connotato la conduzione e la gestione del solo partito? L’equazione non corrisponde alla realtà. Quella tradizione nella nostra società locale è assai più pervasiva e interna di quanto non lo sia il consenso elettorale esplicito che ha raccolto o può raccogliere quel che è rimasto del Pri. Certo è che il Pri, nel corso degli anni, almeno fino a non molto tempo fa, è stato capace con la propria azione ed iniziativa, politica ed organizzativa, di alimentare una certa vivacità ed un certo dinamismo attivi di quella tradizione. Espressione di una discreta ed anche capace classe politica dirigente. Oggi la debolezza politica del Pri attenua la spinta e lo sprono, ma non esclude la presenza di una tradizione che si innerva nella società in ben altro solido modo rispetto alla episodicità dei consensi elettorali, specie quelli degli ultimi anni. Dal punto di vista più profondo relativo alla nostra realtà locale, quello che induce un certo interesse culturale, civile e politico – non meno che passionale, mi sento di affermare – è la riflessione, la disamina approfondita, dei valori, dei contenuti di questa tradizione, di quanto essi siano ancora attuali e non certo desueti e scomparsi. Se quella tradizione c’è e come; se può continuare ancora ad esserci, e come. È questione che merita approfondimento di esame e confronto di valutazioni. È un dibattito che è opportuno affrontare. Quella tradizione non è di quelle che la storia ha evidenziato anacronistiche, inadeguate, arretrate e fin’anche antitetiche alla democrazia. Tutt’altro. Per ciò stesso essa è un patrimonio culturale e di esperienza dell’intera realtà sociale in cui particolarmente insiste. Non solo ed esclusivamente riducibile e riconducibile a ciò che ne è stato più strettamente interno, soprattutto sul piano poltico. Ecco: un crinale non partitico di analisi e di valutazione. In fin dei conti si vuole riflettere su una tradizione che per quanto si definisce repubblicana – e con ciò se ne percepisce meglio il senso e la storia che ha avuto in questi luoghi – è anche di più: si porta gomito a gomito con altre esperienze non tanto dissimili culturalmente; si ritrova e si integra appieno nel più ampio orrizzonte di valori, di ideali, della cultura laica, liberale e democratica.

Può da qui venire, per la nostra realtà locale, una continuità di apporto, e ancor migliore e maggiore? Oggi, come? Le esigenze che viviamo non lo disdegnerebbero affatto.

 

  •   Published On : 6 anni ago on Giugno 26, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 26, 2017 @ 9:37 pm
  •   In The Categories Of : Opinioni

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