Fra pochi giorni, alla fine di questo mese di novembre, si vota nella nostra regione, per eleggerne il Presidente e la nuova Assemblea. Scadenza importante. Vissuta, però, con scarso interesse e ancor più scarsa partecipazione. Purtroppo. Possono intrecciarsi molte considerazioni. Il ruolo e la funzione delle Regioni. La percezione che ne hanno i cittadini e quale ne sia la loro valutazione. Sia a proposito di come esplicano i loro compiti, sia in relazione al discredito che su di esse hanno calato alcune questioni (anche morali) di “disinvolte” spese di rappresentanza e di funzionamento istituzionali; di condotte gestionali parziali. Più in generale si intrecciano e confondono con la crisi della politica, di particolare gravità ed ampiezza. Anche in Emilia-Romagna. Realtà di forte politicizzazione, regione sviluppata; tradizionalmente vetrina del riformismo di sinistra; la regione rossa per definizione, di “modello”, di “mito”. In un frangente non certo di carattere episodico, di travagliato dibattito e confronto-scontro nella sinistra. A ridosso di una scadenza elettorale che mette in campo una discreta pochezza politica. Preoccupante se non sconcertante. Perfino nella metà campo della sinistra, l’unica parte nella quale sembra giocarsi la partita. Sì, perché non ci è dato di vedere, di cogliere una dialettica politica e anche di schieramenti degna di questo nome. E non ci riferiamo solo alla quasi totale assenza di proposizioni politico-programmatiche da parte dell’altra metà del campo. Ci riferiamo proprio all’assenza perfino di una qualche individuabile forma di visibilità della contrapposizione, anche di mero, ideologico contrasto. Quel poco che c’è è a sinistra. Ed è quello che determinerà sia il voto che avrà a favore, sia quello che sarà contrario, che si spalmerà sulle altre liste elettorali. Quel poco che c’è, dicevamo, perché qui ci sono anche state delle primarie. Che non hanno suscitato un grande interesse. Hanno esplicitato scarse motivazioni e conseguente modesta partecipazione. Esatto! Proprio nel mentre la sinistra è in pieno e vivo travaglio. C’era da aspettarsi ben altro, pertanto. Delusione, invece. Neppure a quanti sono gli iscritti al Pd ammonta il complessivo numero di coloro che sono andati al voto delle primarie. Senza contare che di quel numero molti non sono iscritti e neppure abituali elettori del Pd. Non è escluso che si apra anche un problema sulle primarie, nel prossimo futuro. Non lo auspichiamo. La preparazione delle stesse è stata poi emblematica : della parte grezza del travaglio interno; delle contorsioni e confusioni del corpaccione Pd. Candidati che anche inspiegabilmente si ritirano a ridosso della partenza. Altri che rimangono pur non dando vita ad un confronto di particolare levatura e motivante. All’osso si è colto che da una parte c’era la preoccupazione di difendersi del “sistema di potere” implementato nella sinistra più ortodossa, la “ditta”; dall’altra un raffazzonato, estemporaneo tentativo di rompere la “chiusura” di quel sistema. I protagonisti delle propagande elettorali sono stati i sindaci, in luogo di più comprensibili dirigenti di partito. Tutto dentro una sorta di “renzismo” (anche di maniera), che al momento esplicita un accordo “ai vertici” fra le due tendenze, che estranea questa regione (di sicuro per il momento elettorale del nuovo governo regionale) dalla contesa culturale e politica che il renzismo leopoldino ha aperto nel Pd. E che qui, in modo particolare, verrebbe a trovarsi gioco-forza in un terreno di prova rilevante. È una trincea che scientemente non si è voluto predisporre. Tuttavia c’è anche qui movimento. Magari le prove a cui inevitabilmente in qualche modo indurrà sono solo differite. Del resto ciò che sta succedendo a sinistra non potrà non sentirsi anche in questa regione. Soprattutto in questa regione. Ed è di tale importanza, non solo per la sinistra, tutto questo, che da tempo, e ancora adesso, continuiamo a dedicarvi approfondimento e dibattito. A più e differenti voci. In ben altro modo e lontani anni luce dai tweett e dai post a cui tanti delegano e relegano il confronto e la partecipazione. Al taglio dell’approfondimento abbiamo indirizzato anche questo numero di questo nostro modesto impegno editoriale. Sul dibattito a sinistra e in vista delle elezioni regionali. E poi, ancora, sulla sanità, che è tutt’altro che slegata dalle questioni regionali. E che non ci pare avere l’attenzione e la precisione di impegni innovativi che meriterebbe. Non fosse altro per il fatto che la spesa sanitaria è, di gran lunga, il grosso della spesa regionale. Ed è terreno privilegiato sul quale potremmo misurare (se ci sono) le capacità di governo della Regione che si propongono al voto dei cittadini. Allo stesso modo poniamo altri problemi, anche quelli più locali, che comunque significano alcune centralità vere, sul piano culturale, amministrativo, economico e sociale che –e noi lo riteniamo convintamente -devono e dovrebbero avere, con la giusta attenzione, anche la volontà esplicita e tenace di essere affrontate dalle forze istituzionali, politiche, sociali. E almeno l’attenzione, quella sì e attiva, dei cittadini. Perché da parte di questi non ci siano solo o prevalenti la rabbia e le rabbie (non certo immotivate) le cui estrinsecazioni finiscono e si esauriscono solo in un’esplosione emotiva, esclamativa, magari ingiuriosa, urlata e basta così. O nell’indifferenza e nel menefreghismo. Una forza, l’attenzione attiva dei cittadini, il loro attivo interessamento, la loro partecipazione, che può essere essenziale per smuovere al meglio il torbido o anche solo il soporifero che ci circonda. Quell’attenzione e quella partecipazione non ci stanchiamo di esortarle. Perché altrimenti lo specchio continuerà a riflettere sempre e solo le stesse immagini. Sempre le stesse e sempre noi. Se non ci diamo una mossa come cittadini, non tanto a chi urla più forte, ma a partecipare, con le proprie possibilità e originali soggettività, alle vicende culturali e politiche che ci circondano e ci riguardano, continuerà che lo specchio altro non farà che riflettere la stessa immagine. Che manco ci piace. Se vogliamo che cambi la politica che vediamo, occorrerà che davanti lo specchio noi stessi ci presentiamo con qualche necessario cambiamento. Perché comunque sia, adesso, domani, meglio o peggio, lo specchio non tradisce e non tradirà: la politica che c’è rispecchia quel che siamo. Ieri, oggi, domani.