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Dalla storia, sollecitazioni. Non solo un ricordo

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Denis Ugolini

Il prossimo 5 giugno ricorrono trent’anni dalla scomparsa di un grande della nostra storia cesenate e non solo. Antonio Manuzzi. Un grande Sindaco di Cesena. Fu anche Presidente del Comitato nazionale di liberazione. Dal ’56 condusse una Giunta monocolore repubblicana con appoggio del Pci. Un’alleanza difficile, che il senso di responsabilità delle parti rese possibile nell’interesse generale dei propri concittadini. Seguirono le giunte di centrosinistra fino al ’70. Manuzzi e Cesena furono apripista di quell’esperienza politica che superava il centrismo ed ampliava la base democratica dei governi del Paese, in presenza di un grande Pci che si collocava su posizioni filosovietiche ed antioccidentali. Una sintonia fortissima con Ugo La Malfa che all’occidentalizzazione dell’intera società italiana volgeva la sua azione politica, la sua polemica e il suo confronto a sinistra con il Pci. La coincidenza del 5 giugno richiama automaticamente il ricordo di uno dei maggiori interlocutori di Ugo La Malfa e del suo incalzare la sinistra comunista sul modello di sviluppo e sui problemi di una società moderna europea e dell’occidente. Giorgio Amendola. Scomparve in quella data del 1980. Proveniva da una educazione familiare intrisa di cultura liberale e democratica. Il padre, Giovanni Amendola; nella cui Unione democratica, fra i giovani, cominciò la sua battaglia politica Ugo La Malfa.

La coincidenza della data richiama la memoria di questi due grandi senza che in noi vi sia velleità di forzare parallelismi, o di incedere in domande insensate del tipo ” cosa avrebbero fatto, o detto, questi personaggi, oggi, di fronte alla situazione in cui ci troviamo?”. Riandiamo al valore della loro esperienza storica e culturale, per trarre motivi di riflessione. E a questo proposito essi di sicuro sono di grande stimolo e impulso. Tonino Manuzzi è quello che ho conosciuto meglio e di più. Una frequentazione assidua, non priva di un sincero affetto da parte sua che ancora mi commuove. Una straordinaria scuola morale, culturale e politica. Di Giorgio Amendola ho seguito molto i suoi scritti, quelli su Rinascita, i suoi libri. Riletto e da rileggere, è straordinariamente bello, “Una scelta di vita”. Rende bene uno spaccato della riflessione amendoliana – essa stessa motivo, fra altri, dell’assidua interlocuzione culturale e politica con Ugo La Malfa – il giornalista Paolo Franchi, nel suo bel libro “la traversata da botteghe oscure al quirinale” su Giorgio Napolitano, che di Giorgio Amendola fu massimo prosecutore. “Amendola chiama in causa con estrema durezza le debolezze politiche e culturali del Pci e dei sindacati nella lotta contro l’estremismo e la violenza politica, contesta miopie, massimalismi, cedimenti, opportunismi e silenzi. Ma lo fa mettendo sotto accusa l’intera linea di politica economica e sociale della sinistra negli anni settanta, a dir poco subalterna, a suo giudizio, a un modello fondato sul circuito perverso inflazione-svalutazione-scala mobile. Attacca molto la critica del carattere alienato del lavoro in fabbrica sviluppata dal Pci e dalla sinistra sindacale: << Non c’è solo il lavoro ripetitivo in fabbrica che non dà soddisfazione al legittimo bisogno individuale di vedere riconosciute le proprie qualità personali, non credo che tale soddisfazione sia data dal lavoro dei commessi nei grandi negozi, o da quello dei netturbini. Ma allora chi farà tali lavori? I lavoratori immigrati, turchi, o tunisini, come li fanno gli emigrati italiani in altri paesi?>> e mette sotto accusa anche <<l’accettazione acritica della politica degli incentivi>>, la difesa del posto di lavoro ad ogni costo e in qualsiasi condizione, l’idea sbagliata che ci si è fatti della disoccupazione, dimenticando che questa è <<concentrata in alcune zone del sud>> e riguarda soprattutto giovani laureati e diplomati le cui aspirazioni sono <<in prevalenza quelle di un impiego pubblico stabile e con prospettive di carriera e di pensione già in partenza assicurate>>.” “Napolitano riconosce che molte delle critiche di Amendola erano fondate…Molte di queste conquiste (sociali) – è Napolitano che parla – come l’aggancio delle pensioni ai salari, ma anche il punto unico di contingenza del 1975, e la stessa riforma sanitaria del 1978, Amendola le considerava insostenibili… Ma con l’eccezione di Amendola, la drammaticità del problema non la vedemmo. In una certa misura fummo corrivi con la Dc nell’idea che bisognasse allargare i cordoni della borsa senza una forte redistribuzione della ricchezza: questo era considerato, nei fatti, l’unico modo perché i ceti dominanti le accettassero e le assorbissero”. Dicevo: stimoli e impulsi alla riflessione. Utili ancor oggi.

Di Antonio Manuzzi ho riletto in questi giorni alcuni suoi interventi in Consiglio comunale, quando era Sindaco; sono riandato con la memoria e a rileggere di un congresso comunale dei repubblicani cesenati in cui volli che a Tonino fosse dato un riconoscimento affettuoso che voleva sottolineare il grande apporto da lui dato a Cesena, alla cultura amministrativa, alla politica. Il suo modo di amministrare da “Sindaco di tutti”, senza neppure l’ombra delle autoreferenzialità che immiseriscono vasti panorami odierni; il rigore finanziario; l’anticipatrice visione programmatoria del territorio, del decentramento partecipativo della sua Giunta; l’attenzione alla crescita ed allo sviluppo. Tonino era anche uomo di impresa, di cultura imprenditoriale moderna. Iniziatore e promotore di cooperazione. Un leader politico. Avrebbe potuto assurgere a scranni parlamentari e gli veniva sollecitato. Ma il parlamentare repubblicano era il suo amico Cino Macrelli (un altro grande della nostra storia locale e nazionale). Nel ’70 poteva tranquillamente andare nel primo Consiglio regionale. Lasciò campo libero ad altri. Terminò l’impegno politico attivo in prima persona. Non terminò la sua passione, il suo apporto costante, la sua attiva vicinanza ed influenza. La sua sincera ed affettuosa amicizia. Serbo ancora una profonda immutata gratitudine. Un sentimento che anche altri, sono sicuro, condividono. Antonio Manuzzi è stato una personalità di rilievo. Figlio e parte, per un verso, e, per altro, straordinario, autorevole e originale soggetto attivo della gande tradizione laica, democratica e repubblicana che è tanta parte, in particolare, della storia cesenate e romagnola. Anni addietro volli che di quella tradizione e cultura di origine risorgimentale ne approfondissimo la conoscenza e ne comprendessimo il suo dispiegarsi. Promossi l’edizione di un libro, straordinariamente curato e confezionato dal Prof. Maurizio Ridolfi: “Dalla setta al Partito”. Ha avuto fortuna negli ambienti accademici ed universitari, nelle facoltà di storia contemporanea. Più di quanta ne ebbe fra quanti avrebbero potuto arricchire di maggiore conoscenza la tradizione di cui son parte e che partecipano con passione anche se preminentemente soffermandosi e stringendosi ai riti e a certi stereotipi formali di quella. Adesso stiamo preparando un bel poderoso progetto, storiografico, su questa nostra tradizione e su questa cultura, così significative per e nella nostra realtà.

Da dove arrivò quel libro, fine ottocento, agli anni attuali, vigilia di quelli di cui è ancora la cronaca che si occupa. Anche la figura di Antonio Manuzzi, insieme ad altre, risalterà indubbiamente per ruolo ed importanza. Non a caso l’idea è maturata riflettendo sulla prossimità di questo trentennale. Ogni volta ne ricaviamo moniti, stimoli. Anche adesso, anche se siamo in situazioni profondamente cambiate. Non ne cambia il peso il fatto che oggi quello che fu lo strumento politico che più incarnò e innervò quella tradizione, il Pri, non abbia più i numeri e la fattezza che ebbe ed ha avuto. La figura di Antonio Manuzzi come la cultura politica che fu anche sua, non si esauriscono e non si restringono in specifiche vicende elettorali. Ecco il crinale di una riflessione impegnativa ed esaltante: su una tradizione ed una cultura, non riducibili a vicende episodiche che non ne possono alterare e neppure ridurre – per una impossibile e insensata equazione proporzionale – l’importanza, la profonda e vasta pervasività sociale che lungo la storia si è andata a radicare, espandere e rinnovare. Semmai è utile pensare a come, in tempi e situazioni così mutati ed in rapida evoluzione, si può e si deve assecondare, innovare e favorire ulteriormente il processo evolutivo e di rinnovamento di quella tradizione e di quella grande cultura laica e democratica. Anche a queste riflessioni induce il monito che origina dal ricordo affettuoso di Tonino Manuzzi. A trent’anni dalla sua scomparsa.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 11:47 am
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