di Paolo Mattei
Sbagliava Indro Montanelli, quando considerava il tema dell’eutanasia una battaglia di civiltà che deve restare assolutamente fuori dalla Politica. Aveva ragione invece, il grande Toscano, a temere che la Politica si impadronisse del tema per, come avrebbe potuto replicare Marco Pannella, nasconderlo, renderlo clandestino, relegarlo al buio delle pratiche che non si dicono.
A suo tempo fu così per l’aborto clandestino praticato dalle mammane. Continua a esserecosì per il mercato degli stupefacenti che, proprio per il suo essereclandestino e illegale, produce utilismisurati alle organizzazioni criminali.E’ così pure per le carceri italiane troppo piene, realtà “clandestine” inquanto sospinte in una sorta di realtà parallela che non si vuole illuminarecon la luce dell’informazione, in cui dal 2000 ad oggi sono morti per suicidiopiù di 950 detenuti e più di 100 poliziotti penitenziari.
E’purtroppo molto lunga la lista delle censure di regime che impediscono aicittadini di “conoscere per deliberare” come affermava Luigi Einaudi nelle sue“Prediche inutili”.
Tornandoa Indro Montanelli. Nel Dicembre del 2000 in un convegno sull’eutanasia aMilano affermava semplicemente e, direi, con la semplice forza della “gravità”che non misura solo la caduta deglioggetti, ma che da peso e sostanza al senso comune : “Unamorte dignitosa è un diritto di libertà. Io ho detto varie volte che sonoassolutamente per il diritto dell’uomo di scegliere il come e il quando dellapropria morte e non vedo come si possa contestare all’uomo questo diritto. Perquanto mi riguarda personalmente io sono vicino al grande passo e io faròquesto”.
Pochi mesidopo Montanelli compiva il grande passoma resta nel buio quanto del suo proposito di decidere il come e il quando si sia effettivamenterealizzato.
In quei mesi,all’alba del nuovo millennio, un giovane di Orvieto malato di SLA (sclerosilaterale amiotrofica), Luca Coscioni riusciva invece, armato di unsintetizzatore vocale che gli “restituiva” la voce e carico della forza dello“spes contra spem” nella rielaborazione pannelliana, a mobilitare José Saramagoe 50 premi Nobel in una battaglia a favore della libertà di ricerca scientificae della possibilità di portare in Parlamento questa istanza insieme ai Radicalidi Marco Pannella. Battaglia che non occupava i titoli dei telegiornali ma cheavrebbe avuto il merito di creare un ponte, come diceva lui, tra il corpo deimalati e il cuore della politica.
Nel Febbraiodel 2006 Luca Coscioni moriva dopo essersi rifiutato di accettare unatracheotomia che lo avrebbe reso definitivamente dipendente dal respiratore. Moriva così un uomo chealcuni miserabili politicanti ritenevano essere stato strumentalizzato da una parte politica la quale, invece, era stataessa sì strumento di libertà perCoscioni e per tutti coloro che credono che sia proprio questo il compito dellapolitica: ampliare gli ambiti di libertà dei cittadini.
NelSettembre dello stesso anno un altro cittadino italiano malato della stessamalattia di Coscioni riuscì a perforare la cortina di silenzio sui temi delfine vita. Si chiamava Piergiorgio Welby e scrisse una lettera aperta alPresidente della Repubblica Napolitano chiedendo di togliere dallaclandestinità l’eutanasia, che pure già esiste, in questo Paese, legalizzandola:
“…..Staràpensando, Presidente, che sto invocando per me una “morte dignitosa”. No, nonsi tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte. La morte non può essere“dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in specialmodo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattieincurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia“dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare amuoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che,scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nellasolitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? Lamorte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico,lottare. Sfacelo m’assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di penam’accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”. L’approdo esiste, ma l’eutanasianon è “morte dignitosa”, ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fedeJacques Pohier. Opportuno è ciò che “spinge verso il porto”; per Plutarco, lamorte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto eLeopardi la definisce il solo “luogo” dove è possibile un riposo, non lieto, masicuro….”.
Si noti come la locuzione “morte dignitosa” servada un lato a Montanelli per affermare la propria scelta individuale,orgogliosamente sottratta alla Politica e dall’altro lato sia invece rifiutatada Welby in quanto poco “politica”. Egli preferisce, abbiamo visto, il concettodi “morte opportuna”. E la Politica in primis è chiamata ad essere “opportuna”.Di quanta politica opportuna si sente il bisogno!
Saranno tante le tappe, almeno nel mare dellapolitica italiana, che occorrerà segnare prima di giungere all’approdo di unapolitica davvero vicina alla vita e alla Eu Tanasia dei cittadini che voglianopoter decidere il come e il quando di un passo così importante equindi, anche toccato dalla vicinanza dell’amicizia con Denis Ugolini saluto eringrazio, da semplice cittadino, labattaglia politica che Ugolini ha fatto perché i cesenati usufruissero, almeno,del Registro del testamento biologico.
E’ una tappa, questa del Testamento Biologico, sullavia dell’ottenimento di quel diritto all’eutanasia di cui parlavano Montanelli,Pannella, Coscioni, Welby? Lo sarà se questo diritto oltre che essere affermatosarà compreso in pieno dalla Politica, fatto proprio dalla Politica. Lo saràcioè se da questa istanza la Politica sarà finalmente colpita al cuore.