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Da atomi a molecola: riunire i liberaldemocratici

     Giugno 26, 2017   No Comments

di Luigi Di Placido

C’è una cultura politica che, nel corso degli anni, è riuscita nell’impresa di essere tanto più litigiosa ed inconcludente quanto più divisa e marginale: la cultura laica e liberal-democratica.

Di essa si è detto più volte che è riuscita nell’ardua impresa di “scindere l’atomo”, con ciò a significare una irriducibile tendenza al suicidio, oltretutto polemico.

Ebbene, forse è arrivato il tempo per i laici di una grande assun-zione di responsabilità: cambiare i connotati del proprio recente agire politico, in nome del-l’interesse generale.

Il momento, dal mio punta di vista, è assolutamente propizio.

Il dato dal quale occorre partire è il fallimento del sistema bipolare, incapace negli ultimi venti anni di affrontare e risolvere i grandi problemi che attanagliano il Paese.

Anche le recenti elezioni di Febbraio hanno dimostrato che gli italiani stanno sempre più stretti in uno schema del tipo “o di qua o di là”, e che sono pronti a concedere fiducia finanche alla protesta pur di contestare lo schema di cui sopra: solo il 50% dei votanti ha dato il proprio voto ai due maggiori schieramenti.

D’altra parte, come dar loro torto? Abbiamo ben presente il triste spettacolo di coalizioni posticce ed esageratamente eterogenee che si sono succedute nel corso delle legislature, ed i loro evidenti limiti; lo scadimento del confronto politico e la continua rissa verbale; il venir meno della capacità di selezione di una vera classe dirigente.

In questo quadro di disaffezione, o peggio di rifiuto, una proposta politica innovativa nei contenuti e nelle modalità di comunicazione ed espressione può trovare spazio, ed è la parte più responsabile del Paese che deve farsene carico.

Il mondo liberal-democratico, inteso nella sua accezione più inclusiva, deve abbandonare le vecchie gelosie, le vecchie ritrosie, le vecchie diffidenze, le vecchie appartenenze, e buttarsi anima e corpo in questo progetto.

Deve dare forza la persuasione che una aggregazione di questo tipo esiste in pressoché tutti i paesi occidentali, anche dove il sistema elettorale è marcatamente bipolare, e che spesso determina le vittorie o le sconfitte.

Il recente insediamento del Governo Letta, lungi dal confutare questo ragionamento, ne conferma la validità: è talmente in crisi il modello pseudo-bipolare italiano, che i principali protagonisti, non avendo la forza di reggere l’urto dei gravi problemi esistenti, non possono fare altro che trovare un accordo che li corresponsabilizzi nel governo del Paese.

Questo meritorio senso di responsabilità, tuttavia, è paradossalmente la più lampante dimostrazione che un periodo è finito.

Sta a vedere se e come il mondo laico deciderà di impattare sul nuovo che arriverà.

Il tempo delle vecchie sigle è finito. So che questa affermazione provoca reazioni forti, ma è così.

E il rimanere abbarbicati a quelle vecchie sigle significa non avere capito nulla di quello che è successo negli ultimi venti anni, e ancora peggio non voler capire nulla di come poter riacquistare un minimo di protagonismo.

Repubblicani, liberali, radicali, socialisti, socialdemocratici, si sarebbe detto una volta, nella tanto vituperata Prima Repubblica,

Futuro e Libertà, Scelta Civica, Fare, per citare esempi più attuali, ma che non bastano e che spesso hanno gli stessi limiti delle esperienze di cui sopra.

C’è un minimo comune denominatore di questi mondi, di queste esperienze?

C’è un sentimento di orgogliosa manifestazione delle proprie idee?

C’è la volontà di ricominciare a dire con chiarezza che a questo mondo si devono tante delle grandi scelte che hanno attraversato la storia repubblicana?

Ebbene, se qualcuno ne ha l’intenzione, il momento di rispondere a questi quesiti è oggi.

E rispondere che esiste un mondo culturale e politico che ha una visione chiara del futuro dell’Italia, che passa inevitabilmente dall’affrontare senza demagogia e populismo alcuni “contenuti” di lamalfiana memoria, quelli che Pietro Ichino chiama “agenda liberal-democratica”:

• mettere mano ad una riforma istituzionale che sorpassi le attuali farraginosità e consegni un impianto statuale più snello e funzionale, e che abbia la riforma elettorale come punto di arrivo, e non come unico argomento;

• riformare profondamente la spesa pubblica e le pubbliche amministrazioni all’insegna della trasparenza totale, della valutazione indipendente e del benchmarking;

• creare un mercato del lavoro con servizi più efficienti e regole più semplici e meno rigide;

• rilanciare l’università e la scuola media dando autonomia agli istituti e responsabilizzando direttamente professori e studenti;

• valorizzare il proprio patrimonio culturale unico al mondo;

• aprirsi agli investimenti stranieri eliminando uno per uno gli ostacoli che oggi tengono lontani gli operatori esteri dal nostro Paese.

Questo programma è una vera e propria tappa obbligata per l’Italia, e oggi ci sono le condizioni per realizzarlo, come ha dichiarato anche la Corte dei Conti, ammettendo l’esistenza di spazio per misure di crescita, pur senza indiscriminati aumenti di spesa.

Ci sarà il coraggio di cedere quote di sovranità a favore di un nuovo progetto che unisca movimenti, associazioni, gruppi, verso il raggiungimento dell’obiettivo di un Paese più moderno e più ricco?

O prevarranno gli orticelli le miserie, i piccoli cabotaggi, decretando il definitivo de profundis per una cultura e le sue espressioni politiche che non meritano tale sorte?

Occorre impegnarsi in tal senso, lavorando per l’adesione di tutti, ma ben sapendo che l’importante è partire in maniera credibile, e dire agli italiani che un diverso modo di intendere e vivere la politica può esserci.

Da laico, non posso e non voglio pensare di dover continuare a scegliere tra il meno peggio, spesso riconoscendomi poco o per nulla in quello che ascolto e leggo, colpito da questa continua e lacerante sensazione di totale impotenza.

Da qui, il titolo di questo mio intervento: gli atomi sono particelle elementari singole, ma è unendosi e dando vita alle molecole che pongono le basi per qualcosa di più grande, composto da diversità che trovano una sintesi.

Da ultimo, una considerazione più “vicina”.

Quello che vale per Roma vale anche per i nostri territori: occorre senza più indugi uscire dai vecchi schemi, dando vita ad una nuova proposta politica che ragioni di temi e non di schieramenti, e che, proprio per questa sua caratteristica, sia in grado di attrarre l’interesse ed il consenso dei cittadini.

Anche a livello locale lo spazio c’è, eccome se c’è.

Basta saperlo riempire con convinzione e nella maniera giusta, guarendo da quella “sindrome da torcicollo” che ci fa ragionare del futuro guardando al passato, come se le formule di allora potessero valere anche per l’oggi.

Non è così, non è più così.

La vera differenza, domani, sarà tra chi lo ha capito e chi continua a nutrirsi di ricordi e speranze.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 26, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 26, 2017 @ 10:29 pm
  •   In The Categories Of : Opinioni

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