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COSA SONO LE DROGHE OGGI

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Michele Sanza*

La domanda può sembrare superflua, ma è da qui che occorre partire per definire il problema, conoscerlo e, possibilmente, individuare soluzioni praticabili. Le semplificazioni, i pregiudizi, le opinioni sommarie che spesso caratterizzano le discussioni su questo argomento, rischiano di alimentare la ricerca di soluzioni irrealistiche, e quindi poco efficaci. Partire dai fatti, dalla conoscenza dei fatti, per sua natura sempre migliorabile a differenza delle opinioni che rischiano di rimanere immutate proprio perché fondate su argomentazioni astratte, è una garanzia di metodo che ritengo necessaria, soprattutto in virtù della serietà e della gravità della questione. E i fatti, quelli della realtà odierna della droga e della tossicodipendenza, richiedono una breve digressione sul recente passato. Le droghe e le tossicodipendenze infatti sono sempre esistite, ma mai come nel corso dell’ultimo lustro avevano toccato numeri così elevati di persone, né avevano spostato masse di danaro così importanti da eguagliare il bilancio annuale di uno stato.

Il fenomeno della droga di massa, così come noi lo percepiamo e lo conosciamo, si associa alla diffusione dell’eroina nei mercati occidentali, a partire dagli anni ‘50 fino ad arrivare ai picchi della fine degli anni ’70 e tutto il decennio successivo. L’eroina aveva generato una massa di persone rese schiave dalla dipendenza dal farmaco, ciniche dalla necessità di provvedere ai propri bisogni essenziali, e  socialmente escluse fino alla criminalizzazione.

E oggi? La droga rappresenta  ancora lo stesso fenomeno? Le persone che ne fanno uso sono ancora gli stessi drop-outs, emarginati, di un tempo? La droga è sempre e solo l’eroina, con il suo uncino perforante che cattura in una morsa rapida e fatale chi la incontra?

La risposta è senza alcun dubbio “no”. Oggi il fenomeno droga non è più riconducibile alle semplificazioni del passato, ma allo stesso tempo è presente, si diffonde e produce danni come prima, e forse, per molti versi più di prima. Allora cerchiamo di tracciare le caratteristiche salienti di questo fenomeno al giorno d’oggi. Intanto la prima cosa da dire è che le vecchie distinzioni tra droghe pesanti e droghe leggere sono andate a finire definitivamente nel cassetto. Potremmo, però, convenire sul fatto che ciò che fa di una sostanza una droga, alla lettera un farmaco che determina alcune modificazioni dello stato psichico di norma piacevoli, ma ricche di conseguenze negative per la salute, è l’uso che ne viene fatto da chi l’assume. Valga per tutti l’esempio di alcuni farmaci, le Benzodiazepine, che sono tra i medicamenti più prescritti al mondo. Sono farmaci molto efficaci per il trattamento dell’ansia, e trovano applicazione anche come miorilassanti, antiepilettici, antispastici in diverse patologie. Ebbene tali medicine, possono divenire sostanze d’abuso quando assunte al fuori della prescrizione medica e con un prevalente scopo ricreativo. Del resto è vero anche il contrario, e cioè che le droghe per antonomasia, i derivati dell’oppio, se prescritti a scopo terapeutico perdono le loro caratteristiche distruttive e divengono utili per controllare il dolore delle patologie più gravi, o  più semplicemente per calmare una tosse stizzosa che impedisce di dormire. Quindi ciò che fa di una sostanza una droga non è solo la mera chimica, ma anche  l’atto intenzionale con il quale viene assunta. A questo proposito è significativo analizzare che direzione stia prendendo il consumo di bevande alcoliche che, nel corso degli ultimi trent’anni, ha subito una importante trasformazione; e i cambiamenti non sono stati solo negativi.

Il primo dato che occorre richiamare, e che potrebbe risultare sorprendente per molti, è quello relativo al consumo di alcool, misurato come quantità complessiva di unità alcoliche equivalenti contenute nelle diverse bevande. Tale consumo è progressivamente diminuito, in Italia, a partire dagli anni ’80. Secondo i dati forniti all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Il consumo medio pro capite di alcol puro, è passato dai 13,9 litri del 1980 ai 7,6 del 2003.
Considerando la popolazione con più di 15 anni, si osserva una tendenza analoga, anche se compare una  preoccupante battuta d’arresto nel 2003.
A fronte di questo aspetto positivo, si deve, però, considerare che i  dati disponibili sui consumi e sulle modalità di assunzione delle bevande alcoliche nella popolazione in età adolescenziale, consentono di apprezzare che si sta affermando diffusamente l’impiego delle bevande alcoliche come sostanze psicoattive. L’indagine ESPAD (European School Survay Project on Alcohol and other Drugs), realizzata in Italia dal Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) su un campione significativo di popolazione giovanile di età compresa tra i 15 e i 17 anni, ha evidenziato che, nel 2003, il 13% dei giovani contattati dichiarava di assumere bevande alcoliche allo scopo di ottenere l’ubriacatura (19% dei maschi e 13% delle femmine). L’apparente paradosso dell’incremento della percezione della dannosità e della pericolosità dell’alcool, a fronte della effettiva riduzione del consumo pro capite di bevande alcoliche si spiega con il progressivo mutamento della “qualità” dei consumi. L’aumento del consumo di birra e superalcolici, e la riduzione di quello del vino, suggeriscono che nel nostro paese si stanno affermando modelli di approccio alle bevande alcoliche più vicini allo stile anglosassone. In sintesi, il bere eccessivo durante il fine settimana, prevalentemente al di fuori dei pasti e nell’ambito di momenti di socializzazione è il nuovo modello di consumo. Questa mutazione tende ad ipertrofizzare le caratteristiche farmacologiche dell’alcool come sostanza psicotropa, e a neutralizzarne progressivamente le caratteristiche di sostanza alimentare. All’interno di questo schema, le bevande alcoliche sono ricercate sempre di più come mezzo per ottenere una condizione di alterazione psichica (euforia, eccitamento) e per disinibire il comportamento sociale. Quindi l’alcool, ovvero il familiarissimo vino, ce lo ritroviamo a far compagnia ad altri psicostimolanti (cocaina, ecstasy, amfetamine….) nel condire le notti di divertimento di giovani, e meno giovani, che affollano le discoteche, i locali notturni, o più semplicemente si incontrano e, per “socializzare”, assumono sostanze.

Il consumo di sostanze psicoattive ha assunto negli ultimi anni caratteristiche inedite, con la comparsa di nuove droghe, luoghi, rituali e modalità di utilizzo. Il fenomeno del policonsumo, l’assunzione di cocktail di sostanze, è in grande evoluzione ed espansione, favorito anche da un atteggiamento culturale di fortissima sottovalutazione dei rischi per la salute correlati non solo alle “droghe”, ma anche a tabacco, alcol, farmaci, alimentazione scorretta.
La possibilità di comprare droghe o di vedere qualcuno che ne fa uso è molto alta: anche le persone contrarie all’uso di droga si trovano a conoscere pratiche e vicende legate al mondo degli stupefacenti (dove e come si acquistano, quanto costano, modalità di utilizzo e effetti).
Lo studio nazionale IPSAD-Italia 2007 ha stimato la diffusione dei consumi di sostanze psicoattive illegali nella popolazione di età compresa fra i 15 i i 64 anni: il 31% ha utilizzato almeno una volta la cannabis, il 6,9% la cocaina, il 3,7% le sostanze psicostimolanti (amfetamine, ecstasy) e l’1,5% l’eroina. Questi significano che il consumo è aumentato in maniera importante.

Ma allora perché non c’è quella moltitudine di disgraziati che ci aspetteremmo di vedere per le strade se le cose fossero rimaste quelle di un tempo? Allora la droga e la tossicodipendenza sono cose diverse? Eh sì sono cose logicamente diverse, anche se spesso confusamente abbinate l’una all’altra, con il risultato di fornire una informazione approssimativa. Per esempio la cocaina, il cui consumo è aumentato in modo esponenziale in Europa nel corso dell’ultimo decennio e ancor più significativamente in Italia, che si colloca al terzo posto nella classifica del vecchio continente,  è una sostanza che può creare dipendenza come e più della vecchia, si fa per dire, eroina. Ma questo accade assai più raramente che per i derivati dell’oppio, e soprattutto il tempo di induzione, quello che intercorre tra l’incontro con la cocaina e le manifestazioni cliniche di tossicodipendenza (astinenza e tolleranza) è estremamente più lungo che nel caso degli oppiacei. Ma allora la cocaina è una droga meno pericolosa dell’eroina? Anche qui la risposta è no. Meglio sarebbe dire che è una droga diversamente pericolosa dall’eroina. Infatti i rischi secondari all’uso di cocaina sono molteplici, e non dipendono solo dall’instaurarsi della dipendenza: sono il rischio di patologie psichiatriche (psicosi  deliranti acute, depressioni maggiori) il rischio di malattie acute cardiovascolari (infarto cardiaco, ictus), il rischio di necrosi locali delle mucose o di altre parti molli. Naturalmente la tossicodipendenza da cocaina, fatalmente, aggiunge ai rischi acuti quello dello sfacelo della personalità e della rovina economica di che ne fa uso sistematico.

Uno sguardo alla realtà locale.

Il reale grado di diffusione delle droghe in un territorio, ovvero quante sono le persone che le consumano, quante quelle che a causa di esse corrono dei seri rischi per la propria salute e quante, tra queste ultime sono divenute tossicodipendenti, è sostanzialmente ignoto. Possiamo però avere informazioni su questo fenomeno servendoci di diverse metodologie: 1) inferenze sulla popolazione generale ricavate da inchieste su campioni di popolazione significativi; 2) dati di affluenza ai servizi sanitari per motivo di abuso e tossicodipendenza; 3) infine i sequestri di partite di droghe illegali effettuate dalle Forze dell’Ordine. Trascurando il terzo elemento, che ci dice più o meno quale è il quantitativo di sostanze che non è stato sequestrato (si stima che sia tra l85 e il 90%) e che entra nel mercato di strada della droga, rimangono i due primo metodi. Il primo è basato su questionari anonimi somministrati ad un numero significativo di persone selezionate per sesso ed età. Da questi studi  si ricavano dei tassi, o delle percentuali, che possono essere applicati ad altre popolazioni ritenute omogenee a quelle studiate.  Questa è la metodologia dei grandi numeri, quella che ci permette di fare delle ipotesi sul numero dei consumatori, che sono molto di più dei tossicodipendenti, che invece, più spesso, ma non sempre, pervengono all’attenzione dei servizi, e del Ser.T in particolare. Quindi il metodo dell’epidemiologia dei servizi, fornisce dati assolutamente certi, ma sicuramente non contiene l’intero numero di abusatori e di tossicodipendenti del territorio. L’insieme delle due informazioni, però, consente di definire degli ordini di grandezza utili.

Utilizzando il primo metodo, e facendo riferimento ai dati forniti dallo studio nazionale IPSAD-Italia 2007, già citato, si può inferire che nel territorio del comprensorio subprovinciale di Cesena  (popolazione di circa 200.000 ab) gli adulti cha abbiamo provato una volta nella vita i cannabinoidi siano 40.000 (il 31% della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni); il numero si riduce a meno della metà se si tratta di aver consumato la cannabis nell’ultimo anno, mentre gli “alti utilizzatori”, coloro che fanno un consumo frequente di almeno dieci volte al mese, sarebbero meno di duemila.  Seguendo lo stesso metodo, si potrebbe ipotizzare che coloro che hanno provato almeno una volta la cocaina sono circa 9.000 persone (il 6,9% della popolazione adulta), mentre potrebbero essere 130 i tossicodipendenti da cocaina. In tabella si possono riscontrare le stime di altre sostanze, ma attenzione sono numeri calcolati, in cui le percentuali sono frutto di indagini a campione attendibili, ma sono pur sempre numeri astratti, quindi da prendere con le dovute cautele.

Tab. Stima del numero di consumatori, per frequenza di consumo, nella popolazione di 15-64 anni dell’AUSL di Cesena sulla base della prevalenza risultante da studio IPSAD ITALIA 2007

 

cannabis eroina cocaina stimolanti Alluci-nogeni
Consumo nella vita 40.285

(31,0%)

1.949

(1,5%)

8.967

(6,9%)

4.808

(3,7%)

4.288

(3,3%)

Consumo negli ultimi dodici mesi 18.193

(14,0%)

390

(0,3%)

2.859

(2,2%)

871

(0,67%)

780

(0,6%)

Consumo negli ultimi trenta giorni 9.097

(7,0%)

260

(0,2%)

1040

(0,8)

325

(0,25%)

260

(0,2%)

Consumo frequente (dieci o più volte nell’ultimo mese) 1.819

(1,4%)

130

(0,1%)

130

(0,1)

65

(0,05)

26

(0,02%)

Nota * Il conteggio comprende exstasy ed amfetamine

 

 

 

 

 

 

Rispetto ai tossicodipendenti stimati sul territorio  solo una parte perviene al Servizio Tossico-alcoldipendenze (Ser.T). Nel 2007, i dati definitivi del 2008 non sono ancora disponibili, il Ser.T. di Cesena ha definito un programma terapeutico personalizzato per 512 soggetti, di cui 427 già in carico e 85 nuovi.

Negli ultimi anni il numero di accessi al servizio è in costante crescita, mentre il rapporto tra i nuovi ingressi (soggetti che sono entrati in trattamento per la prima volta nel corso del 2007) e il totale degli utenti in carico, nel 2007, ha registrato una lieve flessione.

Circa la metà dei tossicodipendenti in carico (51%) ha un’età compresa fra i 25 e i 39 anni e il 21 % ha meno di 25 anni; si evidenzia un leggero ma costante incremento dell’età media generale (33,3 anni), che conferma il protrarsi dei percorsi di cura e, in taluni casi, la natura cronica della tossicodipendenza.  Cresce anche l’età media dei “nuovi” soggetti in trattamento (29,7 anni), in quanto sono aumentati i giovani adulti, fra i 25 e i 35 (47%), e sono più che raddoppiati gli ultra quarantenni (18%).

Gli utenti in trattamento presso il  SerT di Cesena sono perlopiù di sesso maschile (81%), a conferma della differenziazione di genere che caratterizza il fenomeno della tossicodipendenza, e con un livello di scolarizzazione medio basso (7% licenza elementare, 69% licenza media inferiore); il 53% svolge un’attività lavorativa regolare, mentre il 24,2% risulta disoccupato.  In relazione alle sostanze d’abuso primario, l’eroina rimane la principale sostanza d’abuso e registra un sensibile aumento anche nell’ultimo anno (dal 71% al 76%), confermando così il trend di ripresa iniziato nel 2004. La cocaina è la seconda sostanza d’abuso (15%) ed è quella che registra negli ultimi anni un continuo incremento. Si riduce la percentuale di cannabinoidi (7%), che risulta però la sostanza più consumata tra la popolazione generale (IPSAD, 2007) ed è spesso associata, come l’alcol,  ad altre sostanze.

Anche fra i nuovi soggetti, è prevalente l’uso primario di eroina (58%), dato superiore alla media regionale (50%), in particolare, fra i giovani con meno di 20 anni la percentuale sale al 67%. Inoltre, fra i nuovi si rileva una maggiore diversificazione delle modalità di assunzione dell’eroina:  il 49% per via endovenosa, il 31% fumata/inalata e il 20% sniffata. Sempre fra i nuovi, dopo l’eroina, la cocaina è la sostanza più usata e riguarda il 25% dei nuovi pazienti, percentuale che, nella fascia d’età 25-34 anni, sale al 42%.

In generale, se negli anni passati l’utenza del Ser.T. era costituita quasi esclusivamente dai consumatori di eroina, attualmente il quadro è più complesso, è ancora caratterizzato dal consumo di eroina, in ripresa, ma anche dal diffondersi di altre droghe, dal policonsumo e da un’ampia “sperimentazione” delle sostanze, al quale spesso si associa l’assunzione di alcol.

Gli spaccati che abbiamo osservato ci dicono che il fenomeno della diffusione delle droghe nella nostra realtà è in espansione, che l’uso di sostanze – legali e illegali – è divenuto un elemento di vita estremamente comune che tocca trasversalmente tutte le fasce sociali e che di conseguenza si affacciano nuove problematiche sanitarie derivanti dall’abuso e la dipendenza dalle sostanze psicostimolanti. Da non sottovalutare il ritorno dell’eroina. La nuova spinta impressa al mercato mondiale dall’Afghanistan ha portato ad un nuovo picco di eroina nelle strade, meno costosa che in passato e subdolamente promossa come sostanza da fumare.

Allora che fare?

Ho cercato di dare una risposta, certamente  incompleta, alla grande questione del che cos’è la droga, questione preliminare, in ogni strategia che si rispetti, alla definizione di obiettivi e azioni che servano a dare risposte concrete a chi è afflitto dalle conseguenze dell’uso e della dipendenza dalle droghe. Non credo di poter suggerire in poche battute che cosa fare per risalire la china e offrire ai giovani un futuro di speranza e alle loro famiglie sicurezza.
Altre istituzioni, esageratamente più autorevoli di me, hanno indicato nella politica dei quattro pilastri le strategie che dovrebbero essere perseguite ovunque: prevenzione, cura, riduzione del danno e riabilitazione.
A dirlo sono l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e l’Unione Europea. Voglio solo aggiungere a queste prospettive generali, alle quali le moderne politiche occidentali si rifanno per contrastare le droghe e le loro conseguenze, un’idea che valorizza il territorio, quella di una rinnovata responsabilità sociale che coalizza nella prevenzione, nella riabilitazione, nel reinserimento sociale i servizi con gli Enti Locali e questi soggetti con la scuola, il mondo dell’impresa, il mondo produttivo. Solo se affermeremo che l’economia non concerne il profitto, ma il benessere della comunità, potremo scoprire che la lotta alla droga, e alle sue conseguenze, è un bene prezioso per il quale è giusto chiedere il contributo di tutti gli attori della società civile e in particolare di quelli che possono fare qualcosa di concreto. Alle imprese, quelle del divertimento in particolare, chiediamo di condividere un programma che sfati il mito delle discoteche come luoghi dello sballo.
Di assumere responsabilità sulla diffusione dell’alcool proponendo prezzi più bassi per le bevande analcoliche, e rendere un po’ meno difficile l’accesso alla semplice acqua da bere in locali ove generalmente fa caldo, si balla, si suda e di conseguenza si ha sete.  Alle imprese del mondo della produzione e dei servizi chiediamo di favorire l’accesso al lavoro delle persone che si sono lasciate alle spalle l’esperienza della tossicodipendenza. Il lavoro è la prevenzione più efficace nei confronti delle ricadute. Alla scuola chiediamo di essere presente e attiva nel favorire le azioni di prevenzione fondate sull’informazione dei rischi, ricordando che la prevenzione più efficace comincia precocemente. Sono queste le azioni, che stiamo portando avanti e che hanno un punto di riferimento istituzionale nei Piani di Zona per il Benessere e
la Salute (ex Piani Sociali di Zona), coordinati dagli Enti Locali. E’ necessaria una nuova responsabilità sociale e civile, per sostenere l’idea di un patto che veda allearsi soggetti molto diversi per contrastare quello che è un nemico comune della salute e della vita civile della nostra comunità. La droga non è un problema solo degli specialisti, la droga è un problema di tutti, e tutti possono fare qualcosa.

*Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Azienda USL di Cesena.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 11:09 am
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