di Carlo Flamigni
Quando furono annunciate le prime gravidanze ottenute con le nuove (e un po’ magiche)tecniche di fecondazione in vitro, quasi tutti i più noti intellettuali italiani, abituati a giudicare “per diritto naturale” gli eventi straordinari che capitano, qualche volta anche casualmente, su questa terra, presero un abbaglio collettivo e dichiararono che la questione morale che alcuni moralisti avevano immediatamente messo sul tappeto era più che altro un divertimento per filosofi annoiati e per commentatori alla ricerca di un tema per il loro articolo di fondo: la procreazione assistita (così i bioeticisti cattolici si erano affrettati a definirla, inserendo un termine che chiamava in causa la cooperazione dell’uomo con la divinità), era solo una curiosità, un tecnica di nicchia che sarebbe stata utilizzata solo da persone molto ricche e altrettanto strambe. I primi dati sembravano confermare questa ipotesi: pochissime gravidanze (oltretutto Edwards era stato costretto a fermarsi per ragioni logistiche) casualmente sparpagliate qua e là nel mondo occidentale (cosa che dovrebbe appartenere solo alle consuetudini dei temporali estivi), moltissime critiche, altrettanta diffidenza. Immagino che la tecnica abbia anche corso il rischio di essere messa da parte per un lungo periodo di tempo: il proprietario di una lussuosa casa di cura brasiliana invitò un famoso biologo australiano e un esperto medico italiano a tentare una di queste tecniche a casa sua, ma la paziente malauguratamente morì: se fosse successo negli Stati Uniti o in Francia, delle PMA nessuno avrebbe più osato parlare per un bel po’.
Per fortuna non andò affatto così e la fecondazione extracorporea uscì indenne da quella brutta esperienza (se ricordiamo bene la legislazione brasiliana eramolto magnanima coi medici che commettevano errori) e in più ebbe la fortuna diricevere una involontaria benedizione dal Magistero cattolico: dalla primariunione romana che avrebbe dovuto scomunicarla uscì assolutamente illesa, senon addirittura con una pacca di incoraggiamento. L’unica vera condannariguardava infatti la sua lesione alla dignità della procreazione ( una cosaalla quale il buonsenso dei bravi cattolici aveva smesso di credere da qualchedecennio) e molti dei teologi presenti al convegno lodarono il fatto chefinalmente la fisiopatologia della riproduzione proponeva qualcosa di positivo,fatto per far nascere un bambino, non per prevenirne il concepimento o perucciderlo nel grembo di sua madre, affermazioni che i medici cattoliciinterpretarono come una parziale assoluzione (nella Clinica Ostetricadell’Università Cattolica di Roma sono state eseguite GIFT per un lungo periododi tempo e molti ospedali cattolici hanno accettato di eseguire PMA adottandoil sistema del cosiddetto Caso Semplice).
Pervalutare l’importanza delle PMA nella storia della cultura e delle abitudinisociali del nostro Pianeta è sufficiente considerare i numeri così come oggi igiornali scientifici li rendono noti: più di cinque milioni di successi,percentuali significative di nati da PMA sul totale delle nascite in moltiPaesi del mondo. Ma questa è solo una faccia del problema: l’altro aspetto, dirilevanza non inferiore, riguarda il fatto che le conseguenze di alcuniprogressi tecnologici sono state accettate non solo dalla morale, masoprattutto dalle leggi di gran parte delle società più avanzate. In realtàoggi molte donne possono metter via la propria fertilità per recuperarla dopoun certo numero di anni, quando sarebbe diventato impossibile affidarsi allanatura; oggi una coppia portatrice di una malattia genetica trasmissibile allaprole è in grado di evitare l’impianto degli embrioni malati, e non siamo poicosì lontano dal giorno in cui questi embrioni potranno essere “curati” e“guariti” per togliere qualsiasi titubazione morale alle coppie preoccupate dicommettere un atto illecito; oggi una coppia omosessuale può avere un figlio,approfittando del fiorente mercato di gameti e di embrioni ( e, perché no, diuteri). E, cosa ancora più importante, la Corte europea per i dirittidell’uomo, nel valutare queste possibilità, ha detto con forza ai legislatoriche la regola morale non si forma dalla dottrina, ma dalla morale di sensocomune e che le nuove normative debbono essere caute e leggere, pronte arecepire l’accettazione sociale dei nuovi progressi scientifici; quello che èpiù significativo è che l’Italia, vittima fino a ieri del radicalismo moralereligioso, la povera dimora dei teocom, ha visto la propria CorteCostituzionale dichiarare illegittime le norme che vietavano la donazioni digameti e le indagini genetiche preimpianto e che mettevano le tecniche di PMAsotto il tallone di ferro della dittatura dell’embrione, dichiarando che, ladio mercé, l’embrione non è uno di noi. Insomma, c’è stato un conflitto diparadigmi e la modernità ha superato la sua prova. Si aggiunga a tutto ciò ilriconoscimento, ormai unanime, del diritto dei cittadini di tutti i paesi aesprimere quello che viene definito il consenso informato sociale sui problemidella medicina e della ricerca a avrete un quadro abbastanza completo dellasituazione.
Quandoi moralisti cattolici riusciranno a tornare su questi argomenti con sufficientedistacco dovranno riconoscere che la loro reazione a questa sconfitta è stata,lo dico senza alcuna cattiveria, isterica. Prendo a caso uno dei documenti cheho sul tavolo, una Newsletter scritta il 10 settembre del 2015 da StefanoFontana “del Comitato Verità e Vita”: afferma che si sta istituzionalizzando laperversione; che si dichiara illecita la legge naturale; che sta per esserereso costituzionale l’incesto; che abortire è diventato un diritto; che,insomma , la perversione viene programmata, elargita, esatta, rimborsatafiscalmente: inevitabile conclusione della metamorfosi della laicità, divenutalaicismo, Si tratta, continua, di una lotta religiosa, all’ultimo sangue, nellaquale non si possono fare prigionieri e che i cattolici debbono affrontarefacendo obiezione di coscienza nei confronti di tutte le Istituzioni laiciste,Stato compreso. Le reazioni isteriche sono per loro natura sempre esagerate equesta lo è in modo particolare: ma la cosa più interessante è la mancanzaassoluta di una vera autocritica. La morale di senso comune si forma, cometutti ormai dovremmo sapere, da molteplici sollecitazioni culturali, una dellaquali è certamente la religione e le Chiese hanno avuto secoli di tempo peresercitare la loro influenza: se questo è il risultato, è più che probabile chequello della laicità sia il vero destino dell’uomo e più che tanto questodestino non possa essere modificato. A parte ciò, un Paese laico è un’isola perstranieri morali e nessun regolamento e nessuna legge impedirà ai cattolici (eagli ebrei, e ai musulmani) di vivere la propria vita secondo le regole moraliche si sono dati: solo che i cattolici (e gli ebrei, e i musulmani) potrannochiedere solo questo, non certamente di più.
Checosa accadrà, a partire da oggi, è difficile dirlo. Certo si è che è stataaccettata l’idea che il nostro modello tradizionale di genitorialità non èl’unico possibile, come del resto antropologi e sociologi ci dicono da moltianni e come tutte le ricerche empiriche dimostrano: si è fatta strada fino adimostrarsi vincente l’idea che si è madre e si è padre anche in assenza di unlegame genetico, è sufficiente l’intenzione di assicurare al figlio tutte leattenzioni e le cure delle quali avrà bisogno per crescere. Lo diceva moltochiaramente William James : “L’istinto naturale della maternità e dellapaternità non esiste e rappresenta solo un mito molto enfatizzato in Occidente.Questa pretesa è soltanto una illusione”. Lo scriveva Elisabeth Badintèr (Unamour en plus…..) negando l’esistenza dell’istinto materno e lo dicono oggitutti i sociologi che ritengono che la migliore società possibile sia quellanella quale tutti gli adulti sono i genitori di tutti i bambini. La filosofafrancese, seguendo a distanza di tempo le indicazioni di Simone de Beauvoir, hascritto che non vi è nulla di naturale nella maternità in sé, che si tratta diun sentimento, virtuoso finché vi pare, ma che come tutti i sentimenti puòmancare del tutto o può essere incerto e imperfetto. Prendendo spunto dallaquestione del baliatico nella Francia del XVIII secolo (quando migliaia dibambini morirono dopo essere stati mandati a vivere e a nutrirsi fuori dallemura domestiche) la Badintèr scrive che ogni indagine sul comportamento maternonon può esimersi dal considerare che la maternità è solo una delle moltedimensioni della donna, nelle cui fibre esistono una infinità di altri,differenti interessi che prescindono dalla casa, dalla famiglia e dalla prole eche quello della maternità è un sentimento, non un istinto. Un sentimento chepuò anche mancare senza che questo possa diminuire di un etto la dignità di unadonna. Del resto l’amore materno, sempre perché si tratta di un sentimento, nonè scontato, può comparire in differenti momenti della vita e sparire nellostesso modo in cui è comparso. Ed è solo alla fine del Settecento chel’attenzione della società si sposta dal concetto di autorità paterna alconcetto di amore, che viene saldato alla figura materna, e la Badintèr si è alungo soffermata sulle motivazioni economiche e filosofiche di questomutamento. Esiste ancora oggi una forte pressione sulle donne che vengonosottomesse a una falsa equazione, essere donne significa essere madri, una ideasilenziosa che giace nella profondità di molte menti che associano lagenerosità e la bontà alle donne che desiderano essere madri e l’egoismo el’anaffettività a quelle che rifiutano la maternità: accade, camuffato da buonisentimenti, anche nel nostro Paese, dove Repubblica ha pubblicato un articolodi una ginecologa esperta in terapia della sterilità che si augura che lamaternità divenga motivo di prestigio (e che come tale vada premiata) senza peraltroaggiungere nulla sul tipo di giudizio che cadrebbe inevitabilmente sulle donneche non desiderano figli (ma come distinguerle dalle sterili?) e su qualepunizione andrebbe loro comminata. E se si guarda al domani, bisogna prepararsiad accettare altre proposte che modificheranno ulteriormente la vita dellanostra società: ha avuto i primi successi il trapianto d’utero (a Goteborg,solo da vivente, nove ore di intervento chirurgico) e si comincia a intravedereuna soluzione per l’ectogenesi.
Mac’è qualcosa di più. Da molto tempo ormai le donne della maggior parte deipaesi occidentali hanno deciso di fare un minor numero di figli rispetto alpassato e di cercare la loro prima gravidanza in un momento della loro vita incui è già iniziato un declino della fertilità: un ennesimo scontro tra natura ecultura, considerato il fatto che la nostra specie, l’unica ad aver separato lavita sessuale da quella riproduttiva, gode della maggior fertilità possibileintorno ai vent’anni e paga un prezzo molto alto, negli anni successivi,all’invecchiamento degli ovociti. Non è un problema che si possa risolveremigliorando le condizioni di lavoro della donna o premiando in qualche modo lesue gravidanze, i tentativi fatti in questo senso in vari Paesi sono, almeno finoad oggi, falliti. Si tratta piuttosto di una scelta dovuta alle mutatecondizioni economiche culturali e sociali nelle quali le donne e le coppievivono, ci sono già state scelte analoghe nel passato. All’epoca dellatransizione demografica, quando cominciò l’inurbamento delle famiglie contadineche si trasferivano nelle città per lavorare nelle fabbriche, il valore (ancheeconomico) dei figli cessò quasi di esistere e fu la fine delle grandi famigliepatriarcali. Oggi, molte ragioni per fare figli e per farli presto non ci sonopiù: si vive più a lungo; non c’è bisogno di partorire infermieri per lapropria vecchiaia. I programmi delle Istituzioni (come il Piano Nazionale dellaFertilità) vengono vissuti con sdegno dalla maggior parte delle donne, che viriconoscono solo un subdolo tentativo di rinchiuderle ancora una volta nellecucine dalle quali sono riuscite a sgattaiolare fuori solo recentemente. Lefunebri previsioni di quanti immaginano un destino economicamente drammaticoper la mancanza di nuova mano d’opera sbatte il naso con la constatazione quasiquotidiana di un gran numero di possibili nuovi lavoratori che lasciamotristemente annegare nel Mare Nostrum. D’altra parte, le donne cheall’avvicinarsi dei 40 anni sentono il desiderio di avere un figlio vengonorespinte dai costi elevati, dai rischi genetici, dai molti fallimenti: ilcongelamento dei loro gameti potrebbe essere una risposta già a partire dadomani, come tra qualche decennio potremo probabilmente affidarci all’ectogenesi e a una selezione genetica più accurata, che eviti almeno lemalattie più odiose. Insomma, un bel trionfo del nuovo paradigma.
Subitodopo l’approvazione della legge 40 e in attesa del referendum Maurizio Mori edio scrivemmo un libro che terminava con queste parole (che, se non fossimopersone piene di modestia ci potrebbero consentire di considerarci come dueTiresia postdatati):
“Quando anche il referendum fallisse si può pensare che parti essenziali dellalegge 40 vengano abolite perché anticostituzionali. Infatti alcuni autorevolicostituzionalisti ritengono che le norme relative al limite dei tre embrioni eal divieto di crioconservazione possano andare incontro a una serie di ricorsiper anticostituzionalità e venire poi annullate dalla Corte Costituzionale. Sipuò inoltre ipotizzare…un intervento dell’Unione Europea teso a garantire atutti i cittadini europei un uguale trattamento sanitario uniformando così glistandard per la procreazione assistita (sulla scia di quanto è avvenuto con lacontraccezione di emergenza). C’è in ogni caso una ragione di fondo, dicarattere strumentale, incorporata nei gangli del nostro modo di vivere per laquale riteniamo che la più ampia sfida della vita sia destinata ad esserecomunque persa: il paradigma procreativo tradizionale, difeso dalla legge 40, èinformato all’idea che inizio e fine della vita umana siano due momenti“abitati da un mistero, luoghi sacri dentro questo mondo, nel quale è Diostesso che si rende presente. L’inizio della persona umana, che coincide con ilsuo concepimento, è effetto di un atto creativo di Dio: l’uomo e la donnapongono le condizioni della venuta all’esistenza di una nuova persona umana,Essi aprono solo lo spazio in cui, Dio, se lo vuole, possa compiere il suo attocreativo, Questo evento, la consapevolezza di questo evento, fonda la religionecome tale, distinguendola da e contrapponendola a ogni forma di superstizione omagia. Il senso religioso si nutre di questa consapevolezza: la consapevolezzadel proprio essere come “esseri dipendenti da un Altro””(C.Caffarra, VeritatisSplendor- Evangelium Vitae. Il destino dell’uomo. A cura di A.Lopez Trujillo,I.Herranz e E.Sgreccia, Evangelium Vitae e Diritto. Libreria Editrice Vaticana,Città del Vaticano, 1997).
Nonè chiaro perché si debba vincolare la creatività di Dio al misterodell’origine, quasi che lì stia la fonte della (vera e autentica) religiosità.Ma il passo mette bene in luce l’assunto (più o meno implicito) che sta allabase del paradigma procreativo tradizionale difeso della legge 40: l’idea chela vita umana e il suo inizio siano un mistero da custodire e contemplare. Comeabbiamo già osservato i progressi delle scienze e delle conoscenze stannodissolvendo questo mistero. I cittadini italiani (e europei) non riescono acapire i divieti posti dai cattolici romani per la fecondazione assistita(recepiti in gran parte dalla legge 40) non perché sono fuorviati dalla“cultura della morte” o da una stampa faziosa al servizio della cosiddetta“provetta selvaggia”, ma perché quei divieti dipendono da un mistero che nonc’è più o che è in via di dissoluzione: i progressi della scienza hannoilluminato il campo e l’oscurità indispensabile al mistero sta svanendo o è giàsvanita. Può darsi che i cattolici romani abbiano successo e riescano a farmancare il quorum rendendo invalido il referendum. Vinceranno così labattaglia, ma, come già abbiamo detto e come vogliamo ribadire, difficilmenteriusciranno a vincere la più generale sfida della vita. La consultazioneporterà i cittadini italiani a porsi domande importanti: sul senso e ladirezione della famiglia, sull’origine della persona umana, sul significatodelle tecniche applicate alla riproduzione, sul perché si è arrivati alla legge40, sulle ragioni per cui è così difficile correggere quello che molti ormaiconsiderano un grave errore”.
Nel2014, dieci anni dopo l’approvazione della legge, Mori ed io pubblicammo ilnostro secondo libro (La fecondazione assistita dopo dieci anni di Legge 40.Meglio ricominciare da capo!. Ananke, Torino) nel quale facevamo un bilanciodella situazione e cercavamo di rilanciare la riflessione bioetica, che cidispiaceva di veder avvizzire sepolta dalla polvere e dai dogmi. Nei dieci annitrascorsi tra la pubblicazione dei due libri erano accadute molte cose dinotevole importanza , tutte descritte nella prefazione al nostro secondo libroe che riporto qui di seguito.
Labioetica era stata al centro dell’attenzione in molti casi, per problemirelativi soprattutto all’inizio e alla fine della vita, al punto da sollecitare,in modo che non definiremmo esemplare, l’intervento della politica. Nel 2006esplose il caso Welby , seguito a distanza di un paio di anni da quelloEnglaro, che riempì a lungo, tra il 2008 e il 2009 le pagine dei giornali. Nel2010 il governo Berlusconi lanciò la cosiddetta Agenda Bioetica, una sorta diasse portante del programma di legislatura (con nomina di un sottosegretariocon delega alla bioetica): Berlusconi era già intervenuto con molta malagraziain soccorso al Vaticano nel 1994, licenziando gran parte dello sparutogruppetto di laici presenti nel Comitato Nazionale per la Bioetica (i tresopravvissuti si erano dimessi per protesta) e nominando l’indimenticabileComitato dei Vescovi, che si proponeva di costruire una solida alleanza traetica liberale e morale cattolica ( e riuscì solo ad approvare uno sgangheratodocumento sullo statuto ontologico dell’embrione che si limitava a dire (senzaspiegarlo) che “l’embrione è uno di noi” e che fu molto utilizzato daiparlamentari della maggioranza nella preparazione della legge 40). L’ultimoexploit riguardò la creazione di un Comitato “laico” a gestione vescovile, checoncludeva in qualche bizzarro modo il suo progetto. L’inattesa passione dellapolitica per la bioetica ebbe però termine nel 2011 con il riconoscimentoufficiale della crisi economica dal quale dipese l’espulsione dal dibattitopubblico dei temi “eticamente sensibili” e successivamente creò una vera epropria censura preventiva nei loro confronti. La giustificazioni addotte per giustificarequesta scelta furono stranamente accettate da tutti: la bioetica, si convenne,divide e crea dissapori che possono essere causa di difficoltà per coloro chesono chiamati al difficile compito di governare il Paese in un momentodifficile; la bioetica, si sottintese, è argomento fondamentalmente futile,salottiero, buono solo per i salotti televisivi, del quale conviene occuparsinei momenti di noia parlamentare in assenza di argomenti concreti.
Malgradole molte resistenze, la bioetica continuava però a far parlare di sé e a“creare dissapori”, promuovendo discussioni e litigi. Il 27 Novembre 2013 ilTribunale di Brescia condannava a 5 anni di carcere una coppia colpevole diturismo riproduttivo e colpevole di aver falsificato i dati di un atto dinascita, un fatto che richiamò l’attenzione dei media sulle fecondazionie(s)terologhe (anche perché una condanna simile, in Italia, non si dà nemmeno aun pedofilo inveterato) . In quello stesso giorno il senatore Berlusconi venivadegradato a Berlusconi semplice, e con questa decisione del Parlamento avevafine un’epoca nella quale l’approvazione della legge 40 sembrava davvero esserestata uno dei momenti salienti. Mori ed io fummo colti da una momentanea crisidi ottimismo, al punto che scrivemmo che l’uscita di scena del “Grandeaffabulatore” poteva essere l’occasione per riprenderci uno stile di vita cheignorasse gli slogan, gli annunci programmatici inconsistenti, lastigmatizzazione becera e incivile dell’avversario, l’uso sapiente (ma vile) dellamenzogna e della smentita.
Inogni caso non era né sbagliato né ingenuo sperare, il 2013 sembrava veramente,per molti segni, l’anno della svolta. In febbraio si era dimesso papa BenedettoXVI e in aprile era stato chiamato al soglio un cardinale argentino che avevascelto di essere chiamato Francesco, un nome pieno di promesse: nei primi mesidi pontificato costui aveva molto impressionato l’opinione pubblica per lostile – semplice e diretto – e per i temi trattati nei frequenti colloqui con ifedeli, niente più difese a oltranza della dignità della procreazione e dellasacralità della vita, ma temi sociali come quello della povertà e dellepersecuzioni religiose. Sembrava dunque – e in qualche raro momento continua asembrare – che il Vangelo della vita non fosse più prioritario per la Chiesacattolica , ma fosse diventato solo uno dei tanti temi dei quali era possibile(non obbligatorio) discutere. Sui motivi di questo cambiamento, che cioè sitrattasse di esigenze pastorali o che invece il Magistero fosse giunto allaconclusione che la politica dello scontro era per qualche ragione pococonveniente, ci interrogammo inutilmente, e alla fine ci limitammo a registrareil cambiamento. Era comunque evidente che la situazione era più adatta aldialogo e che il dibattito restava pacato malgrado che i segnali di unpossibile cambiamento si moltiplicassero: ad esempio, il 26 Giugno 2013 laCorte suprema americana riconosceva che il divieto di matrimonio traomosessuali violava il diritto dei cittadini di essere uguali di fronte allalegge, una sentenza che si può definire altrettanto storica quanto quella del1973 sull’aborto. Dunque, grazie alla fecondazione assistita, gli omosessualinon erano più “costituzionalmente sterili”, per usare una delle espressioni preferitedai conservatori, potevano pensare a farsi una famiglia, potevano chiedere diavere figli propri. Ripeto, “grazie alla fecondazione assistita”, il checoinvolgeva direttamente le nuove tecniche e apriva un dibattito sull’uso chepoteva esserne fatto.
Il2013 è stato comunque un anno difficile per il mondo cattolico e per iconservatori. Nel Novembre si concludeva la raccolta delle firme dei fedeli perl’iniziativa europea chiamata “Uno di noi” (il riferimento naturalmente eraall’embrione) che voleva bloccare i finanziamenti dell’Unione Europea allasperimentazione sulle cellule staminali di origine embrionale, un successo soloapparente (era stato raggiunto il quorum) , in realtà una vera debacleconsiderato il fatto che di firme ce ne erano meno di due milioni mentre neerano previste dieci volte tanto. In Italia, ad esempio, aveva firmato solol’1% della popolazione, un po’ poco rispetto alla percentuale di cattolicipraticante che nel Paese si aggira intorno al 20%. In definitiva – cito ilnostro commento – l’iniziativa aveva fornito la dimensione reale del cosiddetto“popolo della vita”, il cui fastidioso rumore di fondo non deriva dal fatto diessere prodotto da molti battaglioni di fedelissimi (i venti milioni dicrocifissi come gli otto milioni di baionette) ma da un numero relativamentemodesto di vocianti nostalgici.
Poichétutte queste dinamiche si erano intersecate a breve distanza di tempo parve aMori e a me che la ricorrenza dei dieci anni di legge 40, soprattutto inconsiderazione dei molti mutamenti provocati da reiterati interventi dellaMagistratura italiana e di quella europea sula “normativa più stupida delmondo”, meritasse una riflessione, oltretutto utile per riprendere ladiscussione su uno dei temi centrali della bioetica. Non potevamo naturalmenteimmaginare che a poco più di un anno dalla pubblicazione del nostro secondolibro si creassero le condizioni per pubblicarne un terzo, che stiamoscrivendo, per descrivere le ulteriori modifiche apportate dalla nostra CorteCostituzionale ad alcune delle norme più importanti e significative, Oggi sipuò dire che la legge 40 è stata completamente demolita, i pochi divietirimasti essendo di scarsissimo momento o non essendo tali da stimolare lacontrarietà della morale di senso comune. In qualche modo, dunque, questanostra terza opera equivarrà a un inno funebre , un canto celebrativo chededicheremo alla sepoltura di una legge che non meritava di vivere.
Quelloche mi preme comunque dire è che è in atto un conflitto di paradigmi sul problemadella famiglia e della filiazione e che come è sempre avvenuto nella storiadella umanità vincerà il nuovo, solo perché è appoggiato (e lo sarai sempre dipiù) dalla morale di senso comune. Così cambierà il concetto di genitorialità,che vedrà affiancarsi al tradizionale paradigma genetico, un nuovo modo disentirsi padre e madre, basato sul principio di responsabilità e sull’etica deldono; ci sarà un differente modello di famiglia, per il quale non varrà tantoil problema della riproduzione e della dignità della procreazione quanto ilconcetto di amore e di compassione reciproca; non dovremo più ricorrere aisalti mortali della morale andando a pescare le nuove regole etiche nelleantiche, polverose, ossificate dottrine religiose, ma nella morale di sensocomune e nelle sue intuizioni, quelle che le consentono di modificarsi ognivolta che le nuove conoscenze lo richiedono.
Trovola resistenza del vecchio paradigma patetica e ridicola. Pensate alla ignobilecagnara che i nostri (ignorantissimi) rappresentanti politici stanno facendo sudue temi, quello della maternità per altri e quello della richiesta di adozionefatta da parte di coppie di omosessuali . Nel primo caso ci si dimentica diricordare ai cittadini che il dono del grembo è un gesto virtuosostraordinario, la scelta di una donna che si sacrifica perché vuole mettere unbambino nelle braccia di una sorella sterile, ne capisce la sofferenza,esercita la propria capacità di compassione. La maggior parte delle personecapisce che si tratta di sentimenti virtuosi e prova rispetto e ammirazione perle protagoniste, la stessa cosa che farà in un giorno non lontano per ilcosiddetto affitto d’utero, un contratto che si basa sul nostro diritto didisporre del nostro corpo. Per il secondo problema il mondo cattolico radicalesi inventa non so più quali ignominie e racconta favole invedibili sul destinodi questi sventurati bambini. Metterò sul mio sito, appena ho un attimo ditempo, i riferimenti bibliografici delle società scientifiche che smentisconoqueste assurdità, inclusi i riferimenti alla ormai famosa ricerca di MarkRegnerus, quella citata da molti giornali cattolici a sostegno delle loroipotesi e che un numero incredibile di società scientifiche ha chiesto diignorare perché costruita su un protocollo spudoratamente scorretto.
Indefinitiva, anche l’Italia si sta muovendo lentamente nella direzione verso laquale viaggiano spedite le altre nazioni europee: la lentezza del nostroprocedere , lo sappiamo tutti, è causata dal pesante fardello che citrasciniamo dietro: la mia proposta è di chiedere alla Francia, paese laico pereccellenza e dotato di anticorpi ben superiori ai nostri, di riprendersi questoingombrante e fastidioso fardello e risistemarlo ad Avignone. Non sarà facile,ma almeno proviamoci.