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Col pensiero corto non si costruisce il futuro

     Giugno 27, 2017   No Comments

di Stefano Bernacci

Viviamo in un contesto in cui tutto cambia ormai a velocitàsupersonica: mutano le relazioni, i contesti, i perimetri territoriali e ci sideve abituare giocoforza a convivere con nuove dinamiche caratteristiche diquella che è stata definita la società liquida, con la famosa suggestione diBauman.

I rapporti e fondamenti consolidati e stratificati dellatradizione cedono così il passo a modalità e approcci inediti e in continuo divenire.

Il problema principale della società liquida è tuttaviaquello che favorisce la tendenza a fornire risposte ai problemi contingenti,risposte che sono spesso parziali, immediate, senza prospettiva sul lungotermine.

Dalla società liquida può scaturire anche una politicaliquida, acquattata sul contingente, sul primato del qui e ora, rispetto alprogetto a medio e lungo termine.

Il venir meno del ruolo e della forza rappresentativa epropulsiva dei partiti, al tramonto della seconda repubblica, è uno dei trattidistintivi della politica liquida, un fenomeno negativo perché i partiti, purcon tutti i loro difetti e le loro degenerazioni, hanno costituito ambitiprivilegiati in cui si affrontavano i problemi cercando di risolverli non conrisposte tattiche provvisorie, ma strategiche e nel lungo tempo. La politica èun’arte lenta, bisognosa di tempo, come dice Weber: ”Un trivellare lento epossente di duri assi di legno, da compiersi con passione e discernimento altempo stesso”.

Al venir meno del ruolo dei partiti è subentrato ilprotagonismo dei king-maker di turno, portatori di visioni e interessifinalizzati soprattutto a ottenere e carpire il consenso, che siano sindaci,presidenti di Regione o del Consiglio, alla ricerca a tratti spasmodica divisibilità e approvazione, insediandosi sui media e sui social network,imprigionati quasi sempre nella logica asfittica del giorno per giorno.

Una logica che alimenta inevitabilmente il pensiero corto,incapace di travalicare il perimetro dell’oggi e inadeguato a rapportarsi aun’entità come la crisi, che per definizione è realtà complessa e bisognosa diessere affrontata con contromisurei strategiche.

Ecco: proprio questa mancanza di pensiero lungo  ritengo sia il gap principale dell’offertapolitica di oggi, e che lo sia anche nel nostro territorio.

A chi amministra soprattutto a livello locale non si chiededi realizzare politiche di sviluppo, perché è privo sia di funzioni che dirisorse per farlo, bensì di creare relazioni e condizioni ottimali affinché lapartita dello sviluppo possa essere giocata dai suoi attori al meglio delleloro possibilità.

Da anni come Confartigianato, un’associazione che stacercando con tutte le sue forze di cambiare ammodernandosi per adeguarsi aitempi e legittimare il proprio ruolo di rappresentanza, abbiamo posto questapriorità al centro delle nostre richieste agli interlocutori istituzionali, esoprattutto abbiamo cercato noi stessi di realizzarla nell’esercizio concretodelle nostre politiche associative, a partire dalle iniziative più identitariecome “Essere In Impresa”.

Questa intuizione di lavorare insieme e creare un ambito perfavorire le condizioni della crescita considerandola come azione politicaprioritaria del territorio, fu alla base dieci anni fa del Patto per lo sviluppoavviato in Provincia che costituì un esempio virtuoso di politica partecipata,anche se poi sono mancati mezzi, risorse a anche volontà per renderlo di fattoincisivo.

Questa stessa intuizione è alla base, per risalire a tempipiù vicini a noi, della neonata società sorta per favorire la capitalizzazionee la crescita delle neoimprese innovative a cui aderiscono Fondazione dellaCassa di Risparmio e soggetti privati, fra cui banche, imprese e organizzazionidi categoria.

Ma questi sono purtroppo casi isolati nel perdurare dellapolitica del pensiero corto che, irretita nella logica di doversi occupare finoallo stremo ogni giorno della contingenza di turno, si sfinisce magari nelcercare di spezzare il fronte delle opposizioni, ma è spesso incapace di darerespiro alle vere esigenze del territorio. Le sue rischiano di essere vittoriedi Pirro.

In questo ragionamento si inquadra anche la questione discottante attualità dell’assetto territoriale che a parere mio è colpevolmentesottovalutata. La soppressione della Provincia di Forlì-Cesena, ente di primolivello eletto dai cittadini, ha finito per smascherare ancor più il deficit diprogettualità nel lungo periodo della nostra offerta politica.

Ora che è stata aperta la gabbia istituzionale, appareancora più evidente che le ragioni dello stare insieme non esistono a priori mavanno conquistate ogni giorno a partire da una vision condivisa del futuro delterritorio  tuttora latitante; altrimenti dove sta scritto che Forlì eCesena debbano continuare a stare insieme oppure, come già sta succedendo, cheCesena non possa attestarsi su Ravenna o Rimini e Forlì dove maggiormenteritiene che le convenga, a seconda delle situazioni contingenti eapparentemente più favorevoli.

Ma favorevoli oggi non significa che lo siano anche  per il futuro.

Se al contrario una politica condivisa di integrazione sullungo periodo fosse maturata nel nostro territorio con un progetto chiaro e unarotta su cui muoversi, l’apertura della gabbia istituzionale non avrebbegenerato problemi, mentre invece i problemi esistono proprio perché, specienegli ultimi anni, si è rinunciato a costruire le ragioni e i consequenzialiprogetti capaci di fare stare insieme il territorio e di renderlo coeso,imperativo categorico, perché da soli non si va da nessuna parte.

Un esempio plastico è la spaccatura che si è verificatasulla gestione dei rifiuti in cui i due territori si sono divisi anche perché èmancato a monte un dibattito serio e tutte gli interventi si sono incancrenitesemplicemente in posizioni pro o contro Hera – visione evidentemente miope,perché l’oggetto del contendere non è l’ente gestore ma l’obiettivo diconseguire un reale vantaggio per cittadini e imprese contribuenti.

E ancora: visto che si è citato Hera: lungi da noi l’idea didifendere l’ex municipalizzata, ma è un dato di fatto che non esiste territorioin cui Hera sia così isolata dalla politica come nel nostro, a causa di unatteggiamento spesso strumentale degli amministratori in virtù del quale Heracostituisce una risorsa quando dà utili ai Comuni soci, salvo poi diventarel’emblema del male quando finisce nel mirino dei contribuenti e chi governa hatutto l’interesse a prenderne demagogicamente le distanze.

Ma quando mai nel territorio è stato condotto un dibattitoserio, partecipato e costruttivo su come costruire un rapporto efficace elibero tra amministrazioni ed ex municipalizzata, fuori dai due atteggiamentioltranzisti nell’uno e nell’altro senso?

E quando mai, per fare ancora un altro esempio, si èspiegato ai cittadini il motivo per cui si è deciso di istituire due unioni dei comuni e con quale stima di reale efficacia in un territoriocome quello Cesenate?

Ecco allora che bisogna avere il coraggio di ammetterlo:dobbiamo tornare ad avere il coraggio di volare alto raccogliendo la sfidadi ricostruire insieme le ragioni fondanti dello stare insieme dentro questoterritorio.

È un problema di luoghi, di mezzi, strumenti, di idee eanche di uomini.

Una sfida complessa che interpella tutta la classe dirigentedel territorio e della comunità, di cui ciascuno si deve assumere il propriocarico di responsabilità, a partire da chi è chiamato ad amministrare e detieneil carico maggiore. Se continueremo ad abdicare a questo compito, ci saràmagari chi continuerà magari a vincere qualche battaglia grazie alla tattica,ma alla fine perderemo – tutto intero  il sistema territoriale – laguerra, per mancanza di una valida strategia.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 27, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 27, 2017 @ 10:03 am
  •   In The Categories Of : Politica Nazionale

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