di Giampaolo Castagnoli
Su quale opposizione, anzi su quali opposizioni, potranno contare i cesenati nei prossimi 5 anni? E’ una domanda fondamentale per il futuro della città, che va amministrata da una giunta e da una maggioranza efficienti ma ha altrettanto bisogno di una minoranza incalzante e pronta, un domani, a proporsi come alternativa credibile.
Da tanti, troppi anni le opposizioni rappresentate a Palazzo Albornoz mancano di incisività. E questa carenza ha spesso indebolito l’azione di governo, che avrebbe invece un gran bisogno di essere stimolata da avversari in grado di intonare un controcanto. Un controcanto che, anche se su alcune questioni è normale e anche salutare che si traduca in scontri aspri, fino ad alzare talvolta le barricate, non significa dire sempre no in modo automatico. E non si misura neppure in livello di decibel raggiunto dalle grida di protesta o nella demonizzazione dei rivali (e quest’ultimo monito vale ovviamente anche per i partiti di maggioranza e per l’amministrazione).
Nella legislatura che si è appena aperta, le minoranze presenti in consiglio comunale sono tre ed ognuna merita un ragionamento specifico. Il cartello di centrodestra che fa capo a Gilberto Zoffoli sembra abbastanza strutturato per fare un lavoro maturo. Potrebbe però avere il limite di non riuscire a dare voce a tutte le istanze (che sono molto variegate) di quella intera area politica. C’è una forte componente cattolica (con in testa lo stesso Zoffoli, a cui si aggiunge una personalità di spicco come l’avvocato Stefano Spinelli, di Ncd-Udc), che potrebbe finire per dominare la coalizione, oscurandone le altre anime. E’ vero che Forza Italia ha eletto un politico emergente, determinato, ambizioso e preparato come Marco Casali, espressione di una cultura laica, ma è molto marcato in senso berlusconiano, e questo col tramonto del cavaliere di Arcore potrebbe diventare un limite. Ma non c’è più nessun esponente del polo repubblicano (una mancanza che si sentirà, anche perché non sono entrate in assise menti ed oratori brillanti come Luca Ferrini e Luigi Di Placido, che hanno corso uno opposto all’altro ma è comunque inevitabile abbinare quali rappresentanti di un pensiero politico nobile ed omogeneo) e non sono riusciti ad entrare in assise neppure candidati di Fratelli d’Italia. Quest’ultima assenza, unita a quella della Lega nord (i due partiti sono molto lontani per certi aspetti ma sono portatori di visioni simili su temi come l’immigrazione e la sicurezza, che – piaccia o no – hanno una certa diffusione tra la gente), fa sì che nelle sedi istituzionali non abbia alcuno spazio il pensiero delle destre, anche se Domenico Formica, eletto nella lista di Forza Italia e premiato con l’incarico di vice presidente del consiglio comunale, non è lontano da quel mondo.
La novità è rappresentata dal movimento civico Cesena siamo noi, che ha portato in Consiglio Vittorio Valletta. E’ partito col piede giusto, marcando le differenze dall’armata di Paolo Lucchi ma mostrando un approccio molto aperto alla partecipazione, ed un atteggiamento umile (doveroso ed importante ma raro in chi si affaccia sulla scena politica, essendone completamente a digiuno o quasi), costruttivo e dialogante. Ovviamente, per valutarlo, bisognerà aspettare di vederlo alle prese con le questioni politiche ed amministrative concrete, che oltre che di belli ideali sono fatti anche di “tecnicità”. Un aspetto, quest’ultimo, che spesso scoraggia presto le liste civiche. Proprio quest’ultimo è il pericolo da cui guardarsi Cesena siamo noi: che l’onda di entusiasmo che l’ha spinta fino ad un sorprendente 4% di voti si appiattisca. La sorprendente partecipazione al ciclo di lezioni impartite da Davide Fabbri per spiegare come funziona l’istituzione comunale fa ben sperare.
Infine, ci sono i 5 Stelle, che hanno cambiato capogruppo (a quanto pare, ci sarà però una rotazione): non più Natascia Guiduzzi ma Massi Rocchi. Anche se il loro risultato alle elezioni è stato deludente (5 punti percentuali in meno di quanto si aspettavano, come avevano detto esplicitamente anche in campagna elettorale) sono ad un bivio. Per loro vale a livello locale il ragionamento riferito a Beppe Grillo su scala nazionale. Il comico genovese, dopo la fase dei “vaffa”, dovrebbe dimostrare di essere non solo un demolitore ma di sapere anche costruire e fare i conti con la realtà, che è ben diversa da quella fantasiosa che evoca in modo un po’ paranoico. Il problema è che la massa di italiani che hanno votato per lui la prima volta lo ha fatto per un solo motivo: la rabbia, tanta rabbia, per mille motivi diversi. E proprio questa diversità è la grande debolezza del popolo grillino. Se si ambisce a governare, o almeno essere propositivi e capaci di ottenere qualcosa, serve una sintesi programmatica. Ma come la si può trovare facendo coesistere xenofobi e “terzomondisti” e fieri oppositori del reato di immigrazione clandestina, l’imprenditore per cui è vitale l’export con i cultori del Km. zero, gli ecologisti allergici ad ogni cementificazione e l’artigiano che ha il dente avvelenato contro la burocrazia lumaca che non gli fa costruire il capannone? E’ un rebus senza soluzione e anche a Cesena si aspetta di capire qualche città vogliano i 5 Stelle. Non possono certo bastare gli anatemi contro il Foro annonario (che è stato costruito così e, al di là del giudizio che si può avere, è francamente ingenuo ed inutile pensare che possa essere demolito o trasformato con la bacchetta magica), delle denunce per la discarica della Busca (che però è folle paragonare allo scandalo della “Terra dei fuochi”, come è stato fatto sul web) e delle lotte tardive (e quindi senza senso, se non per sventolare qualche “bandierina” di principio) contro progetti che sono già ad uno stadio troppo avanzato per essere azzerati, come il quartiere Novello. Gli elettori cesenati, attraverso il loro voto (che ha dato ai 5 Stelle nostrani risultati molto inferiori a quelli, pur risicati, conquistati nello stesso giorno alle Europee), hanno detto che la strada imboccata da Guiduzzi & company è stata giudicata ancora meno convincente di quella seguita dai “guru” Grillo e Casaleggio. Dovrebbe fare riflettere un gruppo che comunque con i suoi quattro consiglieri comunali è quello più forte tra i banchi dell’opposizione, alla pari con l’alleanza pro Zoffoli, e spesso solleva temi ed abbozza idee importanti ed interessanti. Tocca a loro decidere se confinarsi al ruolo sterile di guastatori o contribuire a migliorare la città. Una cosa che possono fare solo capendo che il confronto e, quando si può, le mediazioni con chi la pensa diversamente non sono contaminazioni od intollerabili complicità con il male assoluto. Per capire i frutti avvelenati che possono nascere gettando semi di questo genere, basterebbe avere studiato un po’ di storia. Che, come insegnavano il saggio Cicerone, è davvero “maestra di vita”. E poi, dopo l’abbraccio europeo con un personaggio indecente come Farage (xenofobo, omofobo, sessista, e chi più ne ha più ne metta), la storiella dell’isolamento per mantenere la propria “verginità” non regge più. Se ci si può alleare con il demagogo inglese, onestamente i grillini possono parlare tranquillamente con qualunque politico cesenate, senza timore che le loro “belle anime” ne escano insozzate. Tra l’altro, nelle ultime settimane, il loro leader nazionale ha mostrato aperture al dialogo con il “nemico”. E allora forse anche a Cesena è ora di uscire dalle trincee.
Un discorso a parte lo meriterebbero le minoranze rimaste fuori dal palazzo. Di alcune, come la Lega, i Repubblicani e i neonati Libdem, ho già accennato e sarà interessante osservare l’evoluzione che avranno. Altre, come la variegata galassia posizionata a sinistra del Pd, sono in mezzo al guado, ma a volte dopo il temporale spunta l’arcobaleno. Forse ci sarà occasione per riparlarne su queste pagine.