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C’è la cultura. Non c’è più lo strumento

     Giugno 27, 2017   No Comments

di Maurizio Ravegnani

La cultura laica, democratica, repubblicana, forte tradizione della terra di Romagna, che ha espresso nelle nostre città grandi personalità politiche,sociali, imprenditoriali, sindacali, cooperativistiche, oltre che eccellenti sindaci ed amministratori pubblici, è ancora presente e viva o, come dicono oggi in tanti, ha ammainato bandiera solo perché non è più presente attraverso il suo strumento-mezzo più evidente, il Partito Repubblicano, nei Consigli comunali e quindi nella vita politica attiva di, purtroppo, sempre più città? Ma, mi chiedo, è d’obbligo questa equazione? E’ corretta? Ha senso?
Perché la cultura laica viene, più che equiparata, messa in derivazione da un partito? Il Partito nacque come strumento per diffondere e propagare quegli ideali, valori, progetti di cultura laica e non viceversa! Quando cadde il comunismo e quindi la cultura e il pensiero comunista, il PCI dovette cambiar nome. Ma questo caso è l’opposto del nostro. Lì finiva una scuola di pensiero, tramontava una ideologia, si sfaldava un mondo e quindi il Partito-strumento che la interpretava per non finire in macerie come la sua cultura, dovette cambiar pelle (per la sostanza ci sono voluti più di vent’anni). Per noi non c’è quasi più il Partito di riferimento, ma i nostri valori, ideali, idee, la nostra scuola di pensiero è ancora viva ed operante. C’è una bella differenza! Mezzo e fine non andrebbero mai confusi. Che di cultura laica e quindi di discussioni, ragionamenti, dubbi, ma anche di progetti, di contenuti, di sguardi lontani e non fermi e strabici sul proprio naso, di politica dei redditi, di lavoro, di equità sociale e fiscale, di educazione ce ne sia bisogno, penso sia un fatto evidente a tanti. Basta scorrere i giornali, in qualsiasi pagina e su qualunque argomento. Per chi ritiene che il cittadino debba essere protagonista e non suddito, forte dei diritti ma anche dei doveri, responsabile, probo, non plasmabile o soggiogabile o ricattabile attraverso finti populismi o altre trovate demagogiche, la cultura laica è un saldo punto di riferimento. Ma questo tipo di cittadino lo troviamo sempre meno, tutti lo vorremmo, ma forse un po’ più negli altri, è difficile farlo crescere perché faticoso, impegnativo, con un percorso lungo e irto di ostacoli, che ha bisogno di nutrirsi anche di esempi e quelli che vediamo oggi non sono di certo fulgidi. Forse non lo si vuole e quindi anche la classe politica, specchio fedele della società civile e non altro, lo rappresenta per quello che è l’Italia di oggi. Non per niente gli ultimi vent’anni sono stati spesi non tanto per potenziare il “cittadino” ma per caricare il “tifoso”: o per l’uno o per l’altro; agire sulla pancia più che sulla testa e poi, purtroppo, complice la crisi economica (causa o effetto di questo sistema?) far mangiare poco anche questa. Solo ora assistiamo ad una ripresa dovuta però a risposte che non sono solo di natura economica, ma anche di natura politica, sociale, etica. Una iniezione di fiducia, di speranza, di desiderio di una Italia migliore. C’è bisogno di una ripresa economica, ma anche morale, di valori, di ideali, di virtù.
E anche in questo campo il mondo laico, da Mazzini in poi, di cose da dire ne ha ancora tante! Mazzini? “Chi è” o “ancora” sono le due risposte facce della stessa medaglia: non conoscenza e superficialità. Roba vecchia, addirittura dell’800 in questo mondo che corre velocissimo, una cultura marginale e residuale, da nicchia o elites. Che la cultura laica sia stata minoritaria da sempre nel nostro Paese è un fatto ormai noto, per la storia d’Italia, a tutti. Che dal 1948 sia poi rimasta compressa fra i due movimenti maggiori, quello cattolico e quello comunista, ciò non le ha impedito di far sì che, e ne cito solo due, ministri come Ugo La Malfa e Carlo Sforza, per parlare solo di politica economica ed estera, abbiano ancorato saldamente l’Italia all’Occidente con il Patto Atlantico, protagonisti e fautori dell’unificazione europea e di una politica economica di libero mercato e sviluppo. E nel tempo dei “post”, in cui alle ideologie, e anche agli ideali, si è sostituito il carisma, il personaggio, basato su proposte e idee ma molto di più su appeal, sfondamento dell’immagine, prestanza, dinamismo e soprattutto simpatia, certamente è impegnativo mantenere alta la fiamma della fiaccola della cultura laica.
Allora questa cultura laica si è dispersa, è andata in soffitta, o è stata messa in naftalina? Potrebbero essere tutte e tre le cose insieme, ma certamente non è andata smarrita. Non sarà di moda, difficile e razionale, poco demagogica, troppi ragionamenti e sensi del dovere, ma noi riteniamo che i nostri valori fondamentali come libertà, democrazia, tolleranza, onestà, moralità, dovere, fratellanza, debbano essere patrimonio di tutta la società, se questa vuole dirsi civile. E questo” diffondere il verbo” lo possiamo fare da qualsiasi posizione e con qualsiasi strumento. Se prima ce ne era uno grande e forte e tanti altri e tutti operavano per la stessa causa, oggi chi è comunque figlio di quella cultura rappresenta quella cultura e semina quella cultura. Espellere o uscire da un Partito si può, ma espellere o espellersi da una cultura è un po’ più difficile. Non riuscì neppure a tanti cattolici che, negli anni ’70, andarono nel PCI: divennero non comunisti ma catto-comunisti. La matrice prima non si elimina così facilmente!
Allora noi riteniamo ancora di voler seminare la nostra cultura per dare un contributo al Paese? Riteniamo che Pensiero ed Azione siano ancora strumenti attuali? Così come la politica dei redditi o l’Europa dei Popoli, che nasce da quella Giovine Europa fondata da Mazzini a Berna il 15 aprile del 1834, ambedue ancora in corso di realizzazione? Quante cose ha seminato la cultura laica in quasi duecento anni? E oggi sbagliamo se pensiamo di poter, non solo mantenere, ma sviluppare la cultura laica con un solo unico strumento: le voci della società odierna sono fatte di migliaia di espressioni. La nostra Romagna, per la storia che le è propria, è terra di partecipazione, di coinvolgimento, di impeto, di laboriosità, di progresso. E la cultura laica ha contribuito a questo. Se vogliamo consolidarla continuiamo tutti la nostra opera da dove ci troviamo: Sindacato, Cooperazione, Associazionismo purchè ci apriamo, comprendiamo, interpretiamo la realtà di oggi, adeguando non i nostri principi ma i nostri mezzi, le nostre comunicazioni, i nostri linguaggi, operando ad includendum e non ad excludendum. Tutta quella gente che non partecipa più alla vita “impegnata”, come si diceva una volta, un po’ schifata e un po’ delusa, che si è ritirata per vedere cosa succede ed è in attesa, forse aspetta un segnale, una spinta, una parola per riprendere il cammino. La nostra cultura ha quest’obbligo: usciamo in mezzo ai cittadini, usciamo dalle nostre case e stanze, smettiamola di parlare fra noi di un passato che non c’è più, comportandoci da reduci e, invece, parliamo con loro misurandoci sui problemi di oggi, con quel bagaglio ideale, culturale, valoriale che discende e deriva dalla nostra cultura e dai nostri principi. Dobbiamo conservare il fuoco, non le ceneri. Solo così la cultura laica, democratica, repubblicana potrà tornare a diffondersi: perché avrà uno scopo, una funzione e un fine, se non vorrà avere fine.

  •   Published On : 6 anni ago on Giugno 27, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 27, 2017 @ 9:48 am
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