di Giovanni Torri*
Più che parlare di burocrazia, preferisco allargare il concetto e parlare di semplificazione, perché ritengo che la semplificazione rappresenti un vero strumento di crescita competitiva e la crescita della competitività è il primo degli obiettivi che tutti, sia all?interno del settore pubblico, sia in quello privato, dobbiamo perseguire.
Aggiungo che all?interno dell?attuale quadro di riferimento normativo, caratterizzato dal decentramento amministrativo e dall?allargamento degli scenari (regionalismo e federalismo, nuova geografia europea e globalizzazione dei mercati), le amministrazioni pubbliche sono chiamate a svolgere un ruolo sempre più importante nel governo e nel controllo del territorio. Tutte le imprese desiderano un rapporto improntato sulla reciproca fiducia ed un approccio orientato alla soddisfazione dei bisogni, alla semplificazione ed allo snellimento delle procedure. Tutto questo al fine di ridurre la complessità e i conseguenti oneri, sia per il pubblico che per il privato, al fine di poter operare all?interno di un contesto dinamico, nel quale la discrezionalità non confligga con la certezza del diritto e i tempi e gli iter decisionali siano compatibili con i ritmi dell?economia reale. Quanto sopraesposto può già avvenire nell?ambito del quadro legislativo esistente (legge 8 marzo 1999 n. 50 sulla delegificazione e la semplificazione, legge 7 agosto 1990 n. 241 sul procedimento amministrativo e altre norme già vigenti). Deve essere realizzato un effettivo ammodernamento della burocrazia: dopo la deludente esperienza degli ?sportelli unici?, vanno snellite e semplificate le procedure interne, sottoponendo le stesse ad un?organica revisione, i cui principi ispiratori siano ?certezza dei tempi, massima applicazione possibile del silenzio assenso ed utilizzo massimo possibile dell?information and communication technology?.
Occorre migliorare l?efficienza delle ?Conferenze dei Servizi? ed occorre che tutti comprendano che qualsiasi rallentamento nell?attivazione di nuovi siti produttivi costituisce un fatto particolarmente grave ed oneroso, perché penalizza i nuovi posti di lavoro, mortifica gli investimenti ed, alla lunga, indebolisce la capacità di creare ricchezze e l?attrattività del territorio circostante. Per migliorare la situazione, non solo occorre che la Pubblica Amministrazione proceda ai cambiamenti indicati, ma va anche ricercata la piena collaborazione delle Associazioni di Categoria e della Camera di Commercio.
Trattasi, infatti, di realtà che, debitamente coinvolte, potrebbero collaborare in modo più ampio ed efficace con la Pubblica Amministrazione, rendendo più agevole il rapporto con le imprese, svolgendo azioni coordinate di informazione e di sensibilizzazione e fornendo collaborazione nella fase di progettazione e attivazione di nuovi servizi.
Considerata la mia principale attività imprenditoriale, non posso, al termine di queste righe, non proporre qualche ulteriore riflessione dedicata specificamente all?edilizia.
E ciò sia per la mole di lavoro che questo comparto muove in maniera diretta e indiretta, sia per il fatto che l?edilizia trova negli enti locali uno dei propri principali attori, tanto nell?area della committenza, quanto nell?ambito dell?amministrazione / gestione / controllo.
Sintetizzando al massimo, faccio tre inviti:
? migliorino i tempi di aggiudicazione degli appalti e dei pagamenti;
? si abbandoni, laddove non obbligatorio, il meccanismo del ?massimo ribasso?, sempre foriero di scarsa qualità e poca sicurezza;
? si esca, ogni qualvolta possibile, dai divieti del ?Patto di stabilità?, che finiscono per limitare la capacità di spesa e di appalto degli enti pubblici e rallentano le procedure di pagamento dei lavori già eseguiti.
Desidero richiamare l?attenzione sul fatto che esistono già ora precise norme che permettono sia l?abbandono della procedura del ?massimo ribasso? (Art. 83, DLGS n. 163/2006), sia l?affidamento dell?appalto, tramite trattativa privata, per lavori d?importo fino a 500.000 euro, invitando almeno cinque imprese del settore (Art. 122, DLGS n. 163/2006).
Sottolineo che, con le due metodologie appena proposte, si coniugherebbero le esigenze della pubblica amministrazione (qualità / certezza di tempi / sicurezza / etc.) con le esigenze delle imprese del nostro territorio (aggiudicazione in loco / prezzi corretti / ricircolo virtuoso delle risorse / etc.).
Inoltre occorre che si riattivi, al più presto, il ?motore immobiliare?, attualmente depresso in maniera ingiustificata, sia dalla crisi finanziaria che riduce l?accesso al credito, sia dai pesanti oneri straordinari ?extrastandard? connessi alla realizzazione delle nuove aree edificabili.
Tutti questi fattori, assommati ai maggiori costi di costruzione (dovuti anche alle nuove norme antisismiche ed a quelle sul risparmio energetico e sull?isolamento acustico) fanno sì che il prezzo delle nuove abitazioni, seppur di qualità assai superiore, risulti però incompatibile con le capacità di spesa della maggior parte dei cittadini.
Ribadisco anche in questa occasione che il vero rischio, che in questo momento si corre, consiste nel rallentamento e, in taluni casi, nel blocco degli investimenti da parte degli operatori del settore, cosa che genera gravissime ripercussioni sia sul mercato edile e sull?indotto manifatturiero, sia sugli introiti provenienti dagli oneri di urbanizzazione che, in quest?ultimo periodo, hanno costituito il principale sostegno per i bilanci e le attività delle amministrazioni comunali.
* Presidente Associazione Industriali Forlì-Cesena