di Franco Pedrelli
Nell’intervento odierno sul suo blog Beppe Grillo parla della nascita della V-generation, quella moltitudine di persone che ha partecipato al Vaffa Day l’8 settembre scorso, quella che sottoscritto con 300.000 firme (erano finiti i moduli!) la sua iniziativa di tre semplici e chiari punti, quella che si tiene in contatto ed interagisce tramite la rete delle reti, internet.
La classe politica ha sottovalutato la forza e la potenza dei nuovi strumenti tecnologici, pensava che internet fosse solamente pubblicità, siti istituzionali, posta elettronica. Non si è resa conto che ora si parla di Web 2.0, di social network, di viral marketing, di strumenti che sono in grado di creare e diffondere idee, formare coscienze in tempi rapidissimi, senza la necessità di avere il politico “sacerdote” di turno. Beppe Grillo lo sa perché lui è in contatto con questa gente e ne conosce le modalità di comunicazione, sa come farla interagire, che vuol dire renderla partecipe, alla faccia del generale disinteresse alla politica, che in Italia c’è perché la classe politica di politica parla solo al suo interno.
Come un iceberg, Beppe Grillo fa emergere tutta la coscienza nascosta di questo paese e gli dobbiamo dire grazie. Grazie perché ha indicato con la sua proposta una possibile via democratica per risolvere l’impasse del nostro paese. Proposta concreta, di fattibile attuazione, senza sconvolgimenti delle istituzioni.
La domanda che dobbiamo porci è “dopo Beppe Grillo potremo avere un altro grillo parlante”?
Chiediamocelo, perché quello che è avvenuto per il V-Day da parte della classe politica (escluse pochissime eccezioni) e dei media è stato un rimbombante silenzio, un’assurdità che neanche durante il ventennio ci si sarebbe aspettato. Pensate solamente a quanto i media hanno invece strombazzato sulla vicenda di Corona & C.: qui stiamo parlando di una moltitudine di centinaia di migliaia di cittadini che si sono riversati democraticamente nelle piazze per esprimere in modo altrettanto democratico il loro pensiero.
E quando la classe politica ha parlato, ci siamo dispiaciuti che non se ne sia stata zitta! Ha inveito contro l’organizzatore, Beppe Grillo, contro il suo qualunquismo, contro il suo dare contro alla memoria di Marco Biagi, non ha inveito invece contro le centinaia di migliaia di persone perché non le hanno…viste!
La classe politica ha parlato senza aver ascoltato, come quello che parla di un articolo dopo averne letto solamente il titolo. Tant’è che chi c’era a Bologna, come Marco Travaglio il quale ne ha scritto sull’Unità, ha dichiarato che di Marco Biagi non è mai stato fatto il nome, ma citando semmai la legge che ne porta il nome.
Che Beppe Grillo stia portando avanti la lotta contro il precariato è noto, non certamente contro la legge che lo istituisce, che semmai, dopo un suo rodaggio, potrà essere rivisitata. È contro il sistema con cui il precariato viene utilizzato, in un momento, quale quello attuale, dove in Italia il primo problema reale è la mancanza di lavoro. Dove non è più possibile mantenere le posizioni di rendita, quelle improduttive. La Spagna per esempio ha il precariato, ma ha raggiunto la piena occupazione, e dove non è difficile perfezionare il contratto a tempo indeterminato.
Ancor più, che il precariato sia un fattore destabilizzante lo sta affermando anche la Chiesa, con lo stesso Papa preoccupato di emettere un apposito documento. Del resto la logica è presto detta: no stabilità nel lavoro, no sicurezza nel costruire la famiglia, quindi no figli.
L’augurio è che tra i politici qualcuno cominci ad avere qualche scrupolo di coscienza, così come raccolto da Di Pietro e Amato, e che agevolino fattivamente il cambiamento.
Grazie ancora a Beppe Grillo che è riuscito ad intercettare e incanalare questo grande sentimento di antipolitica, dandogli concretezza democratica.
Non ne siete convinti? Andate a leggere sul suo blog e scoprite che fortuna che abbiamo ancora.