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Banca scippata. Fondazione indebolita

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Denis Ugolini

Ancora sulla Cassa di risparmio di Cesena. Ma mettendo a mente inmodo costante quanto segue. Non riguarda solo altre realtà. Rende, mi pare,assai bene, uno spaccato realistico anche della nostra realtà locale.

“Il conformismo è una sottile malattia italiana. A volteinvisibile. Fa molti danni. Le voci minoritarie, su diversi argomenti dirilevanza pubblica, son viste sempre con sospetto. Un ostacolo alla soluzionedei problemi. Una fastidiosa perdita di tempo. Le tristi vicende bancarie nonsfuggono a questa regola.”

Comincia così un articolo di Ferruccio de Bortoli di sabato 30aprile 2016 sul Corriere della Sera:  “Leinvisibili malattie dell’Italia”, “Perché le ipocrisie non aiutano il credito”.E torno subito a quello “…al conformismo che, in non pochi casi, si ètrasformato in un orgoglioso patriottismo locale, in una cieca militanzaterritoriale”. E voglio sottolineare come continua: ”Una simbiosi perversa fra persone anche autorevoli, oneste, in buonafede, che ricoprono ruoli diversi, ma facendo parte tutti della stessacomunità, finiscono per convincersi della verità di facciata. Trascurano numerie realtà sgradevoli. Guardano con sospetto voci contrarie e fuori dal coro. Ilsenso di appartenenza sconfina nell’omertà. La retorica dei panni sporchi chesi lavano in famiglia abbonda. Quando la situazione precipita è troppo tardi.E il danno inflitto a realtà di straordinaria laboriosità e cultura d’impresa èirreparabile. E ingiusto per comunità di grande tradizione e civismo. Affinchéi fatti non si ripetano, occorre una discussione aperta e sincera. Si nota,invece, una gran fretta di chiudere le porte sul passato e dimenticare. Come sel’oblio fosse un fattore di ripresa. I vertici di molte banche coinvolte  – continua ancora la disamina realistica espietata di de Bortoli – sono cambiati è vero. Ma non sempre è così. Le azionidi responsabilità? In città nelle quali ci si conosce tutti, meglio non farle.Non è opportuno”. L’articolo dell’ex direttore del Corriere della Sera trae lesue mosse dalla vicenda della Popolare di Vicenza dove le azioni pagate anchepiù di 60 euro oggi non valgono quasi nulla. Ma questo argomentare crudo,realistico, difficilmente non comprensibile e condivisibile può essere estesoad altre realtà. Davvero ci vorrebbe uno scudo di ipocrisia enorme per negarlo.Avanti : “Il galateo dei rapporti personali spesso esterni e del tutto estraneialla banca, suggerisce accondiscendenza e cortesia. Sconsiglia rifiutiscontrosi che potrebbero essere controproducenti per il professionista che hatanti clienti in città, per l’imprenditore in consiglio che non può schierarsicontro un collega di cui condivide la tessera associativa industriale, per ilpolitico che vuole il consenso. Il consiglio non funziona più, la banca non fail suo mestiere. È in ostaggio”. “Senza un dibattito aperto, governancemigliori, controlli severi, gli scandali sono destinati a riprodursi”.

Micidiale articolo. Disamina e valutazioni da riflettere. Da nonscansare. Uno spaccato dentro il quale, quasi, mi sono sentito come un pocorisucchiato. E coinvolto. Una sorta di parte di esperienza personale che sentosgradevole. Che non è e non dovrebbe essere nelle mie corde per come sonofatto, per come di solito affronto i problemi che mi trovo innanzi. Questianche, seppur da non molto, in ruolo e funzioni specifiche di una certa direttaattinenza. Sento il peso di una responsabilità alla quale non ho fatto frontecome avrei voluto. Non che questo fosse foriero di chissà che. Tuttavia ne vivoun disturbo personale sgradevole. Parlo per me e mi limito a questo. Non contaquel che ho detto, che ho proposto, che ho criticato, che ho incalzato, che horichiesto, se poi io, per primo, ho lasciato che restasse al palo diespressioni verbali senza andare oltre. Questo rimprovero a me stesso: di nonessere andato avanti in battaglie che andavano fatte. Non le ho fatte. E non èda me e questo è quello che mi infastidisce: non di averle condotte e vinte;semplicemente di non averle fatte. Risucchiato in quell’ambito e non volendolo,per una miriade di ragioni e rapporti, urtarlo. Errore. Senza questa doverosaammissione non potrei continuare ad andare oltre. Cosa che invece voglio fareperché l’errore, che dubito troverà seguito e conferme, non può e non deveinficiare seguito, prospettive, soluzioni, mutamenti che hanno motivato impegnie ancora li motivano e li giustificano. Ancora di più e a maggior ragione. Perquanto, purtroppo in una situazione tragica e drammatica a dire poco e per moltiversi.

Quando mi trovai interno alla Fondazione Crc il quadro diriferimento era già cambiato notevolmente rispetto al passato. Di questo, qui,abbiamo affrontato le situazioni, le sfaccettature. Su di esso ci siamosoffermati ampiamente. Non ci ritorno sopra. La Fondazione teneva il 48% dellaBanca. I dividendi erano finiti. La condizione finanziaria precaria assai. Ilruolo della fondazione, nel territorio, già di gran lunga ristrettosi se non infase crescente di compromissione. L’accordo Acri Mef aveva cambiato inprofondità le Fondazioni, il loro funzionamento, il rapporto con le banche diriferimento. Entro un periodo definito bisognava scendere a non più di un 33%di partecipazione. Diversificare senza buttare, ma per trovare resa.  La prima intenzione era quella di cercare direimpostare il modus vivendi della fondazione rispetto ai suoi compiti diistituto verso il territorio. Un documento positivo dell’Acri relativo al lororuolo  nel e per il welfare costituiva,secondo me, un punto di partenza di rilevanza. Ne cominciai a dibattere a a fardiscutere anche qui. Bisognava uscire dalla pioggia degli interventi di varianatura “ a domanda risponde, senza tanti criteri”. Erogazioni. Si chiedevano,si davano. Se ne commisuravano la misura sul plafond disponibile, contava ilpeso del richiedente, e avanti, quasi scivolando. Cercare di fissare paletti,criteri selettivi, impostazioni progettuali, monitorarne gli effetti, irisultati. Insomma rivoluzionare la cultura dell’intervento. Rispetto a un passatoche non poteva più essere sia per gli accordi citati, sia per le disponibilitàfinite sia per i disastri di scelte compiute che erano e sono lì ancora adimostrare come non si amministra il denaro pubblico oltre tutto creandoindebitamento senza possibilità di coprirlo e farvi fronte a pregiudicare unfuturo già in fase di compromissione. Ma se le vacche sono grasse e c’è chipensa che si mantengano tali non molla e tira dritto. Che mi faceva pensaresubito a due cose: che dove pensavo ci fosse adeguata cultura d’impresa ce neera di meno di quel che presupponevo; e che a mungere la mucca erano non unasolo ma una serie di volontà, le più disparate, dai singoli sussidi vari allemegalomanie faraoniche. Cito e mi fermo: Suore della Sacra Famiglia. Un capolavoroinsulso cui non bisognerebbe mai smettere di fare riferimento, per non seguirepessimi esempi. Questa un’intenzione. L’altra parallela: la messa in sicurezzadella banca a fronte delle situazioni nuove in maturazione e della situazionecritica del sistema bancario in fase di progressiva manifestazione. I contidella Banca a dire la necessità di approntare scelte importanti di pianoindustriale, di forte aumento di capitale, di sistemazione dei parametri digaranzia. Banca D’Italia in Cassa di risparmio: analisi, rilievi deduzioni,contro deduzioni. Problemi certo, ma non irrisolvibili in base ai dati fornitidalla Banca. Affrontabili anche per step di aumenti capitale non impossibili.Fine 2015. La Banca d’Italia intima (è il caso di dire così) che il consigliodi amministrazione della Crc sia completamente cambiato, conditio sine qua nonper qualsivoglia processo di messa a punto della banca. Scatta un obbediscogenerale, contornato di mugugni. Ma un obbedisco che pare non aggirabile.Chieder perché quando non si capisce non è nemmeno sbagliato. Niente:ottemperare. Via alla ricerca dei nuovi amministratori, raccolta di curricola eavanti. Sti nuovi amministratori devono in gran parte essere nominati dallefondazioni e due dai soci privati. Potrà la Fondazione avere un minimo diinterlocuzione, confronto? Chi si appresta a d essere nominato manco sappiamochi sono. Io almeno, ma non solo. Propongo due autorevoli curricola, tanto perdire esaminiamoli. Incontriamo gli interessati, conosciamoli, non prendiamo ascatola chiusa, Un curriculum è importante ma saper chi è che nomini, avergliparlato sentito cosa pensa non è secondario, anzi. Niente avanti. E qui la miaprima responsabilità che ancora mi ferisce. Non aver puntato i piedi anche seda solo. Anche per solo distinguo. Tant’è! Mi formo un ‘opinione che sempre piùmi si radicalizza. La esterno in ripetute occasioni: siamo di fronte a unricatto; si sta esasperando una condizione della banca per la quale non ci parevi siano coerenti riscontri contabili. Si sta presentando una situazione perpreparare una svendita a buon mercato. Si procede ugualmente. Cambia il Cdadella Banca. Il primo febbraio Assemblea della banca. Incalzano le tensionitutt’intorno. Nuovo Presidente, nuovo consiglio, nuovo Direttore. Solo dopopochi mesi sarà cambiato anche quest’ultimo. Figura forte: la nuova Presidente.I conti presentati in assemblea sono ancora tali da far prefigurare vie diuscita per step abbordabili, buona tenuta e sistemazione adeguata.

Poche settimane, nemmeno mesi, e i conti deflagrano: situazionebancaria in dissesto. Correre ai ripari drasticamente, velocementeradicalmente. Stupore generale, incredulità, sconcerto. Di tutti? Forse no. Dimolti si, io fra questi e non solo. Nessuna reazione? Possibile non chiedere,non interloquire, non cercare di capire di andare a fondo delle nuove cifre cheemergono del perché e del perché ci sono e non erano in evidenza. Ste cose percaso non succedono. Ma se c’è un coperchio che copre non lo si toglie. Rimaneil recondito pensiero di un disegno preordinato che galoppa verso il suo finenaturale. Questa banca interessa, piace questo sistema territoriale, economicoimprenditoriale. Se si prende in svendita è meglio  che a normali prezzi di mercato. Giri diwalzer a non finire. Manco si riesce a fare incontri con il nuovo Presidente.Difficile. Ruolo della Fondazione reso a minimi termini. Fastidioso quasi daallibirsi. Intorno il sistema impazza: Vicenza e quant’altro. Arriva il Fondointerbancario: prende tutto. 280 milioni di aumento di capitale, si prende labanca. Fondazione ai minimissimi termini, soci privati depauperaticolossalmente. Debacle. Banca con tutti i parametri a posto, anche più delnecessario. Il resto, una tragedia, macerie. Se era il momento, quel frangente di pochi mesi, perché si potessemanifestare e verificare il corale impegno di una classe dirigente, come iopensavo vi fosse in fondazione, con annessi soci privati, quel momento non c’èstato. C’è la classe dirigente, è di evidenza, ma non c’è, non c’è stato un suoagire in quanto tale, men che meno un agire corale. Su questa vicenda un interosistema territoriale, politico, economico, istituzionale ha evidenziato unaassenza, in quanto capacità di sistema che, fatto gravissimo, va ben oltre lavicenda in sé. È in atto un processo di declino di questo sistema territoriale.È il tema da affrontare con capacità e coinvolgimento. Istituzioni, territorio,forze economiche, imprenditoriali, sociali, la Fondazione (da ripensare eridefinire). Queste realtà, queste forze e il sistema politico nel suocomplesso, per quanto povero e miserevole, devono trovare la maniera di usciredall’angolo in cui si sono chiusi.

  •   Published On : 6 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 9:22 am
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