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La Malatestiana e la Città

     Giugno 28, 2017   No Comments

di Giampiero Teodorani

Il giusto e proficuo rapporto fra progettista e committente è alla base di qualsiasi opera importante, nella storia dell’uomo.

Novello Malatesta e forse ancora di più la moglie Violante, per realizzare la loro biblioteca si rivolsero a Matteo Nuti, allievo di Leon Battista Alberti che con Piero Della Francesca, Matteo de ’Pasti, Agostino di Duccio, in quegli anni, erano presenti a Rimini a lavorare per suo fratello Sigismondo al Tempio Malatestiano. Forse Matteo Nuti “esecutore” dei lavori, perché la genialità del progetto probabilmente risiede altrove. Nel 1451 si ha certezza della presenza di Piero a Cesena. Ma non voglio andare oltre.

Perché faccio questa premessa? Perché ho l’impressione che nella nuova o grande Malatestiana, chiamiamola come volete, sia proprio mancato il committente e il progettista come parti in causa e quindi, soggetti attuatori e attori. Vale a dire, è mancato un progetto culturale e quindi anche il risultato architettonico negli spazi e nella distribuzione delle funzioni.

Si partì con un incarico, all’architetto Cervellati, di consulenza per il rifacimento dell’impianto elettrico e di seguito con altre consulenze generali, ma il “ progettista” era genericamente l’ufficio tecnico comunale (forse per evitare il concorso pubblico previsto dalle vigenti leggi per importi di lavori di questo tipo).

Oggi di quel progettista non si parla più. Non lo abbiamo visto neppure alla inaugurazione.

Non c’è padre di questo progetto. Eppure le avvertenze erano state date: forti e chiare.

Fin dal 1999 è stato consegnato alla Città e quindi alla Amministrazione, uno studio particolarmente corposo sulla Malatestiana e il suo intorno (sinteticamente pubblicato dalla Fondazione Cassa di Risparmio per i tipi del Ponte Vecchio).

I lavori dello studio, della durata di oltre un anno furono svolti dai soci della Fondazione, architetti Fioravanti, Orioli, Cantori, Pezzi e modestamente dal sottoscritto sopravissuto.

Prestazione professionale gratuita (mi piace precisarlo) anche a nome di chi non c’è più e conseguente consegna degli elaborati grafici, delle ricerche storiche e cartografiche, delle relazioni e delle riprese fotografiche alla Amministrazione Comunale. Lo studio si apriva con una premessa che riporto integralmente.

Questa è una premessa sostanziale per il lettore al fine di inquadrare correttamente il tipo di lavoro svolto dal gruppo.

Lo studio è un piano-programma con una metodologia che diventa sostanza e contenuto di tutte le realtà e problematiche ad esso connesse del Complesso Malatestiano. Non è un progetto, ma la naturale premessa affinché il percorso sia metodologicamente corretto, interdisciplinare e tale da affrontare tutti gli aspetti della valorizzazione e riqualificazione dei luoghi e degli edifici.

Pianificare è oramai cosa desueta e non di moda e proprio per questo lo studio si pone utilmente come punto di sintesi e riferimento nei confronti di proposte episodiche e improvvisate che ogni tanto trovano spazio in assenza di un quadro entro il quale affrontare gli argomenti. Una volta si tratta l’arredo della Piazza Bufalini, poi della Piazza Americi, poi si discute di spazi e si propongono acquisizioni, poi ancora il trasferimento di funzioni.

Noi crediamo che di ogni realtà con la quale confrontarsi sia più complesso che nel passato, anche recente, e che le scelte vadano più motivate, più partecipate e meno improvvisate. Le azioni da intraprendere sono molte: occorre restaurare, ridisegnare, ripristinare ma anche progettare; in alcuni casi anche proporre soluzioni coraggiose. Noi crediamo con questo lavoro, di avere posto la premessa indispensabile.

Evidentemente era solo un augurio. Ora comunque ricostruire la vicenda e le responsabilità, può essere utile per il futuro.

Parliamo dei nodi progettuali evidenziati, ovviamente in modo sintetico, anche in riferimento a quel che è accaduto dopo. Se si fossero prese in considerazione le nostre indicazioni il risultato sarebbe stato diverso per la biblioteca e per il progetto di riqualificazione e di ricomposizione urbana delle tre piazze del comparto malatestiano (Bufalini, Almerici, Fabbri) recentemente approvato e che contiene solo elementi di arredo, anche molto discutibili. Fra le proposte figuravano questi contenuti.

Pur volendo rimanere fedeli all’assunto di non volere prospettare soluzioni architettoniche, si auspicava la demolizione di quel bubbone costituito dalla palestra, peraltro già previsto dal PRG del C.S., che ha alterato profondamente lo spazio interno del primo chiostro francescano e indicato come chiarissima superfetazione.

Quindi si è cominciato con una violazione del Piano Regolatore!

Si proponeva la formazione di un nuovo corpo di fabbrica di chiusura della cortina su via Montalti laddove attualmente è l’ingresso al 2° chiostro di San Francesco, fra l’estremo braccio della biblioteca e la proprietà Bagioli, un tempo Madonna dell’Orto. Tanto per intenderci dove è stata costruita la scala di sicurezza in legno, progettata dall’architetto Cervellati e che somiglia molto a Forte Apache.

Provate a pensare quell’angolo senza la scala di sicurezza, le latrine chimiche per gli spettacoli estivi e i cassonetti vari del pattume, sostituiti da un corpo di fabbrica progettato dall’Architetto Mario Botta. Questo nome lo faccio per indicare semplicemente uno che ha il coraggio di progettare. Anche ai fini funzionali avrebbe rappresentato un prezioso apporto alla biblioteca per quanto riguarda l’accesso, gli spazi tecnologici, gli impianti di sollevamento, ascensori, montacarichi diretti per il deposito librario (che purtroppo non c’è più). Eliminato per far posto a salette varie per l’esposizione di antiquariato dozzinale, e senza alcun pregio. E ripetitive salette riunioni. Questa non si chiama polifunzionalità, ma indeterminatezza funzionale, che ha scalzato una funzione principale per le biblioteche, per crearne una che non serve a niente. Almeno si fossero sistemate la Comandini e la Ghirotti.

E’ curioso che dopo l’ampliamento di una biblioteca ci sia meno posto per i libri; è come se uno ampliasse la propria casa con salotti, tinelli, ingressi e tavernette e si dimenticasse della camera da letto e della cucina.

Un elemento fondamentale  (e lo rimane ancora) è costituito dalla necessità di comprendere nel progetto, Casa Bufalini, di proprietà comunale e scarsamente utilizzata. Confina col complesso malatestiano e ingloba l’abside della Chiesa di San Francesco che va riportata in luce. Costituirebbe un accesso controllato all’area e un percorso di valorizzazione, un cannocchiale visivo per la parte più monumentale.  La Malatestiana non è solo la sala del Nuti. Occorre presentarla anche da fuori, così si capisce meglio il Rinascimento interno.

Una parte che definirei preponderante, per i temi che lo studio suggeriva, riguarda proprio l’organizzazione dei percorsi, degli spazi, dei cortili e dei cannocchiali visivi. Della permeabilità dell’area, con un termine forse troppo tecnico. La Malatestiana va vista anche da Corso Sozzi, dalla galleria Einaudi della Banca Popolare, da Palazzo Ghini, dal suo cortile e dalla ex falegnameria e ovviamente dalla via Montalti.

Non è stato fatto e forse neppure pensato per il futuro, ma questi temi rimangono centrali. La reazione dei partiti che danno vita alla Giunta, alle critiche giuste e motivate, non solo degli addetti ai lavori ma anche da ampi strati della popolazione, compresi i bambini, non fa ben sperare.

Chi si reca a visitare la Malatestiana deve essere preliminarmente informato sulle trasformazioni che il tessuto urbano ha subito, in quella parte della Città, nel corso dei secoli. Noi fornimmo planimetrie di lettura storica e delle modificazioni di quel comparto, anche alla luce dei numerosi ritrovamenti archeologici degli ultimi decenni. Suggerivamo per Piazza Bufalini una preventiva campagna di scavi e infatti nel corso dei lavori sono emerse ( forse per qualcuno inaspettatamente ) numerose preesistenze, a confermare che quella zona è, dal punto di vista archeologico, una delle più complesse di Cesena. Non dimentichiamo che a 50 metri è stato rinvenuto un pavimento musivo di una domus romana.

Nella Casa Bufalini restaurata, potrebbe proprio collocarsi la documentazione di questa vicenda relativa alla storia e alla trasformazione urbanistica e architettonica del complesso malatestiano e diventare un accesso dalla antica area francescana.

Sono d’accordo con chi sostiene che la biblioteca antica è cosa diversa da quella moderna. Sicuramente diversa è l’interpretazione dei ruoli che rispettivamente devono assolvere.

A questo proposito non mancano i buoni esempi da seguire anche nella nostra regione su come debba funzionare una biblioteca moderna, struttura accogliente, ma anche dotata di servizi effettivi, fatta di libri ma anche di cosiddette nuove tecnologie, anche di contaminazioni se si vuole, ma intelligenti e funzionali, non così come viene. Al suo interno non si può fare il giro dell’oca … per ritornare alla partenza da corridoi dove ci sono DVD, cinema vario e di nuovo salottini in mostra. Se proprio si vuole ricreare una “ ambientazione d’epoca” lo si faccia almeno con lo studio che fu di Renato Serra.

Ed ecco allora che la progettualità smarrita da cui eravamo partiti potrebbe tornare ancora d’attualità.

Perché, come dicevo, quella proposta poneva il cuore malatestiano rappresentato dall’aula del Nuti con i suoi preziosissimi codici miniati, nel corpo finalmente risanato dell’ex complesso francescano. E a questo proposito dico che non è più possibile tollerare che un ambiente suggestivo come il refettorio, con gli affreschi di terra verde del 1440 di Bartolomeo di Tommaso – uno spazio che se fossimo in Toscana o in Umbria sarebbe da solo meta di visitatori – venga usato ancora oggi  nella più incredibile promiscuità.

C’è poi un problema di rapporto della Malatestiana, quella vecchia e quella nuova, con le altre istituzioni culturali della città.

Capisco che nell’ultimo periodo l’attenzione massima sia stata rivolta alla Malatestiana, ma a Cesena esiste anche altro che fa parte del cosiddetto sistema culturale e museale che io definirei inconsistente. Alcune delle attività che si è voluto concentrate nella nuova Malatestiana potevano essere più utilmente sviluppate ed incrementate in altri luoghi, già ad esse deputati.

Voglio dire che assieme e contestualmente alla Malatestiana sono anche le altre istituzioni culturali cittadine che dovevano e devono crescere.

Da una parte non può essere messo nel dimenticatoio quel formidabile progetto elaborato qualche anno fa per la nascita nel complesso ex conventuale di Sant’Agostino, di un Museo della Città, pensato proprio per superare quello sciagurato sistema museale e nel quale la storia urbana e del suo territorio  sarebbero  stati rappresentati, dall’antichità ai giorni nostri. Anche per eliminare, cosiddetti musei diffusi, che non hanno alcun senso e funzione.

Nello stesso tempo va rilevata la scarsa lungimiranza, per non dire di peggio, alla base della scelta operata di smantellamento di fatto del San Biagio, dove il trasferimento del Corelli, avrebbe dovuto suggerire subito e senza incertezze quell’ampliamento della Pinacoteca Comunale, che era stato ipotizzato fin dalla sua costituzione nel 1984, trent’anni fa. Sappiamo tutti che la Pinacoteca manca di servizi adeguati nel campo della didattica e addirittura di spazi di deposito congrui, dato che oggi quadri, disegni e sculture stanno in locali nati per essere usati come gabinetti.

In queste condizioni si è scelto di assegnare i locali rimasti liberi dal trasferimento dell’Istituto Corelli al Circolo Filatelico- Numismatico.

E’ lecito allora domandarsi: ma il buon senso, l’amore e la cura per queste cose non esistono più? Anche per quelle che non costano nulla?

Il tema dei costi è sempre stato fuorviante e spesso è diventato un alibi, per nascondere la mancanza di idee. Forse verrà il giorno in cui spenderemo per il nostro patrimonio culturale gli stessi soldi che abbiamo speso e stiamo spendendo per fare delle rotonde? Io me lo auguro. Credo che un seminario di studio sugli strumenti per la cultura vada prossimamente organizzato.

Su questo argomento e sulla gestione, in particolare degli edifici della cultura, si dovrà pure aprire un dibattito nella Città della Trevi, di Tecnogym, di Orogel, di Amadori, magari  per invitarli a fare quel che fece 550 anni fa Novello Malatesta col suo mecenatismo.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 28, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 28, 2017 @ 12:07 pm
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