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LA POLITICA DEVE METTERSI IN GIOCO E CANCELLARE L’AUTOREFERENZIALITA’

     Giugno 26, 2017   No Comments

di Davide Buratti

La prima repubblica era così brutta? L’acclarata crisi della politica rende la domanda di grande attualità. Lo tsunami che ha travolto i vecchi partiti non solo ha stravolto il mondo politico, ma ha tolto molti punti di riferimento. Una volta il partito era come la squadra di calcio: non si cambiava mai. Così, forse, era esagerato.

Ma adesso siamo passati da un opposto all’altro. Il problema però è un altro, ovvero che il partito non è più un punto di riferimento. Adesso è un simbolo al quale non si è neppure troppo affezionati. E non ha tutti i torti neppure chi sostiene che il cambiamento va oltre lo tsunami di 17 anni fa, ma è un naturale adeguamento al mutamento dei tempi.

Del resto ci sarà un motivo se Berlusconi, il re dei comunicatori, dal glamour tutto zucchero e miele di “una storia italiana” fondata sulla famiglia e sul successo imprenditoriale, è passato al gossip vero e proprio quale chiave di autopromozione.

Ma c’è chi non condivide questa situazione. Ed io sono tra quelli. Non mi piace neppure che la chiacchiera più negativa sulla vita sessuale del presidente del Consiglio diventi materia di visione pubblica, incanalata con stupefacente bravura sui giornali patinati del proprio gruppo editoriale.

No. Della politica e dell’approccio alla stessa ho un’altra visione. Questo non vuol dire che debbano valere gli schemi di un tempo. I partiti però devono restare punto di riferimento. Ma per esserlo devono cambiare il loro modo di agire, di comportarsi.

Per prima cosa devono cancellare l’autoreferenzialità. Devono mettersi in discussione e soprattutto è necessario che lo facciano avvicinandosi alle persone. Insomma, l’obiettivo deve essere quello di tornare in strada. L’esempio da seguire è quello della Lega Nord. E’ sbagliato considerare il successo del Carroccio figlio del voto di protesta o del celodurismo di Bossi. I leghisti, per sfondare, si sono conquistati voto su voto andando tra la gente. Stando nei mercati. Aprendo sezioni nelle piazze dei paesi. Gli altri,invece, queste cose le fanno solo in campagna elettorale. No, bisogna sporcarsi le mani. In dodici mesi ci sono 52 sabati. Ebbene, almeno quaranta volte, un partito che vuole catturare consensi, deve avere un banco in corso Mazzini e persone al mercato ambulante.

“Non ti ho votato perché non mi hai ascoltato” è stato quello che un’elettrice di sinistra ha detto nel corso del forum organizzato in Emilia, dal Pd, dopo la batosta elettorale del 2008. Ecco, questo è quello che i partiti dovrebbero evitare. E questa dovrebbe essere anche la nuova base di partenza, assieme, naturalmente, ad una proposta programmatica interessante e innovativa. Ma per essere tale deve essere costruita fra la gente. Le segrete stanze della politica devono servire, al massimo, per scegliere chi nominare nei consigli di amministrazione.

E’ invece ascoltando le persone che si potrebbe elaborare una politica per le piccole e medie imprese. Per farlo non basta confrontarsi con le associazioni di impresa. Bisogna andare oltre. Serve fare un passo in avanti anche nel welfare. L’attuale modello deve essere rivisto. Ha ragione Stefano Bernacci, segretario di Confartigianato, quando dice che bisogna sudiare un nuovo modello che preveda il coinvolgimento dei privati. Ma è importante il no profit. Importante è il ruolo dell’associazionismo, ma potrebbe essere tale anche quella della politica che potrebbe mettersi in gioco per cercare, al proprio interno, uomini e donne di buona volontà pronti a mettersi in gioco per organizzare iniziative.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 26, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 26, 2017 @ 9:27 pm
  •   In The Categories Of : Opinioni

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