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Istituti Culturali: serve un “piano regolatore”

     Novembre 29, 2017   No Comments

Energie Nuove – NUMERO 2 – novembre 2017

Istituti Culturali: serve un “piano regolatore”

di Orlando Piraccini (Studioso d’arte)

Premessa: questa nota per la rivista fondata da Denis Ugolini è stata da me scritta prima di un’intervista all’assessore comunale alla cultura apparsa sulla pagina cesenate del “Corriere Romagna” del 24 ottobre a proposito della messa a punto dal governo cittadino di una “roadmap” (ma parlate in italiano!) per la cultura e per le istituzioni culturali cittadine, Biblioteca Malatestiana su tutte. A leggerla sembrerebbe trionfale il percorso avviato e quello che ci attende: grandi idee, grandi progetti, interventi finanziati, recuperi in atto, altri possibili con la benedizione di un ministro che è l’autore della più disgraziata riforma dei beni culturali. Faremo, faremo, si legge ad ogni riga, e non una parola sulle criticità attuali e le loro ragioni, nessun cenno alla diagnosi e ad una possibile terapia per guarire dall’arretratezza culturale nella quale Cesena sta precipitando: perché, a ben vedere, le cose stanno così…

Cesena è una città che assomiglia sempre più, ogni cibo in piazza che si cucina, ad una Grande Mangiatoia. Altro che cultura e Grande Malatestiana! Che a sua volta assomiglia sempre più ad uno di quei tanti centri culturali polivalenti che furono creati dalla nostra Regione negli anni ’70 e che, mutati i tempi, sono in larga parte decaduti.

Ma dov’è finita la “libraria domini”? Ma dove hanno nascosto il nostro vero tesoro cittadino, il bene culturale dell’umanità? Dove l’hanno occultato tra le mille scarabattole di cui si sta riempiendo il luogo che doveva essere la grande casa del libro tra l’antico e la modernità?

Ma a chi si deve tanta promiscuità, prima di varcare la soglia nutiana? A chi quel poco attraente arredo da vecchio salotto buono che vien subito propinato al visitatore invece voglioso di memorie targate Malatesta. A chi quella patetica sala denominata San Giorgio, nella quale si espone di tutto, il bello e il brutto? A chi quel senso di disadorno che si prolunga, oltre la saletta lignea e fin verso la vetrata del corridoio che porta ai vetusti plutei? A chi quella schiera di uffici così poco consoni al lavoro di biblioteca in uno spazio che sarebbe adatto, invece, ad un percorso illustrativo di avvicinamento allo scrigno di Novello? Per non dire del lapidario inguaribilmente “muto”, con le sue parole ancora ben stampigliate nelle pietre, ma senza alcuna capacità di dialogo con il riguardante.

Poi dicono che il peggio debba ancora arrivare nella casa dei libri. Libri sfrattati, perché dentro la biblioteca si deve cominciare a far spazio a molto altro, cinema compreso, dopo lo scellerato svuotamento del San Biagio.

Se è vero che la storia siamo noi, come canta il vate De Gregori, allora a qualcuno pure si deve se la Grande Malatestiana è nata così informe, senza un vero e proprio “piano regolatore” che ne regolasse lo sviluppo e la crescita negli anni a venire. L’ultima è di questi giorni: ci toccherà assistere impotenti al recupero, chiamiamolo così, di Casa Bufalini per una destinazione d’uso adattata ai bisogni della nuova e vincente tecnocrazia informatica. Buon senso e buona ingegneria del servizio pubblico avrebbero invece consigliato un “ancoraggio” dell’edificio proprio alla vicina biblioteca, quale comparto direttivo e funzionale.

Ma poi: come stupirsi, dato che di un “piano regolatore” per le istituzioni culturali, tutte e non solo la biblioteca comunale, manca la nostra città da troppi anni. Eppure, Cesena ci aveva provato, quasi all’avanguardia rispetto ad altre città, alla fine degli anni ’70. Nella premessa ad una indagine condotta insieme all’Istituto regionale per i beni culturali per “musealizzare” (udite! udite!) il Palazzo OIR e creare una rete museale territoriale fu scritto nientemeno che quel progetto era offerto “ad una seria politica di piano e ad una corretta programmazione” che era in atto nella nostra città. E forse ciò realmente fu se in qualche misura proprio da quella volontà di pianificazione a medio e lungo termine scaturì il “San Biagio” come dipartimento civico delle arti visive: cinema, pinacoteca, videoteca, fonoteca, fototeca, l’altra faccia della biblioteca insomma.

Paghiamo oggi caramente l’incapacità, o la non scelta se si vuole, di portare a termine quel formidabile “cantiere culturale”, con l’inglobamento degli spazi utilizzati dai servizi sociali, addirittura in anticipo rispetto al “San Domenico”, il lodatissimo complesso museale forlivese. Tanto più perché nella successiva stagione, la nozione tutta ideologica di “museo diffuso” finì per alimentare localmente una serie di aspettative e di ipotesi non ancorate alla reale conoscenza dei patrimoni e neppure alla fattibilità dei progetti ad essi connessi.

C’è molto da sorridere, ma per non piangere, a riguardare gli opuscoli del tempo inneggianti alla città dei musei: mai nati, mai visti, a meno che tali non si considerino certe microstrutture come il naturalistico, il musicale, il diocesano, senza tener conto della millantata musealità territoriale, tra scomparse miniere sulfuree zolfo e frammenti d’area centuriata.

E oggi? Se sul fronte biblioteca è caos di fantaguzziana memoria, può ben dirsi meritato da Cesena il titolo di “cenerentola” tra i capoluoghi emiliano-romagnoli per quel che riguarda il sistema museale: semplicemente inesistente! D’altra parte cos’altro poteva e può accadere in una città stritolaprogetti, come si è visto anche in occasione dell’ultimo, generoso tentativo di far nascere un Museo della Città all’interno dell’ex complesso conventuale di Sant’Agostino?

Ed ecco allora che servirebbe un “piano regolatore” che disegnasse il nuovo “parco museale” cittadino, cominciando dalla verifica sull’esistente, anche a livello di contenitori, e dalla reale conoscenza del patrimonio storico-artistico che appartiene alla comunità locale. Ci sono interrogativi, legati ad urgenze non rinviabili, ai quali da tempo la politica culturale avrebbe dovuto dare risposte, ma in un quadro di riferimento più ampio, cittadino e territoriale. Ci sono invece ancora da affrontare lo stato (crescente) di abbandono della civica pinacoteca; il caso del museo archeologico sempre più “castigato” entro il comparto malatestiano; la questione del museo della civiltà contadina che ha bisogno di ritrovare la dignità perduta in una “casa” vera assieme alle raccolte naturalistiche, mentre la Rocca pretende d’essere finalmente il museo di se stessa; la “giusta causa” di dismissione del costoso “falsone” di Casa Serra, piena di niente, mentre il fantasma del grande letterato continua a vagare all’interno di quella che fu la sua (Malatestiana) biblioteca; e poi non è più rinviabile l’impatto con il  “contemporaneo” per una città di solide tradizioni artistiche, che ha vissuto momenti di gloria nazionale assolutamente da preservare nella memoria collettiva, ma che deve dare ascolto anche alla cosiddetta creatività giovanile. E invece proprio nelle arti visive è più manifesto il vuoto della funzione pubblica, ormai al carro di una ben attrezzata iniziativa privata e al più dedita a provincialissime beatificazioni di presunte glorie patrie, mentre caso ed improvvisazione sono sovrani all’interno dei residui e scalcagnati spazi espositivi cittadini del Ridotto e della vecchia Pescheria.

p.s.: Assieme ad amici che vogliono bene a Cesena, ho scritto più o meno queste cose sulle pagine di questa stessa rivista, alla vigilia della scorse elezioni. Posso ben dire che è stato come scrivere al vento. Ma siccome tra poco più di un anno si voterà, magari allora finalmente qualcuno rifletterà sul fatto che la città della cultura necessita di un suo vero “piano regolatore”.

  •   Published On : 6 anni ago on Novembre 29, 2017
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  •   Last Updated : Novembre 29, 2017 @ 3:02 pm
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