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Divisi e sbandati

     Giugno 26, 2017   No Comments

Nel centocinquantesimo dell’Unità d’Italia. Si poteva far meglio. Essere migliori. Non è solo declino economico. È regresso generalizzato. Potevamo segnare il passo di una grande evoluzione storica. E rilanciare. Macchè! Peggio non poteva essere e risultare. Non sarà una guerra civile guerreggiata a colpi d’arma da fuoco. Ma non siamo molto distanti. Di sicuro è guerra per bande politiche. Senza esclusione di colpi. Un paese e un popolo divisi in tifoserie contrapposte. Nemici, non solo avversari. Verso una ancora maggiore spaccatura fra nord e sud del paese. Nel pieno di una profonda crisi e di una grande difficoltà, economiche e finanziarie. Con una disoccupazione molto preoccupante. Allarmante quella giovanile. In uno scenario internazionale incerto e denso di incognite. Da non restare tranquilli. Con l’impos-sibilità di buone e attive politiche di governo. Con proposizioni anche lodevoli di “frusta-te” destinate a restare vuoti pronunciamenti. Con Istituzioni paralizzate (il Parlamento) e conflittuali (Governo/Magistratura). Pantano. Divisione. Sbandamento. E giù a parlare di puttane, di mutande, di festini. L’orgia è davvero generale. Dove andremo a finire? Ha ragione Giacalone (pag. 4): bisogna fermare i pazzi. Non ho dubbi: so-prattutto quando si hanno certe responsa-bilità, un certo decoro non guasterebbe. Berlusconi non ne ha fatto una grande esi-bizione. Tutt’altro. Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Tranquilli: non si rischia lapidazione alcuna. Lo voglio dire. Andando avanti così sono preoccupato che mi possa scaturire un moto spontaneo – anche se solo episodico e fugace – di sim-patia per Berlusconi. Non mi riesce di tarare da quel che seguo quotidianamente un certo qual accanimento pervicace nei suoi con-fronti. Non solo per sputtanarlo, ma per farlo fuori in qualsiasi modo, con tutte le armi disponibili (lecite o no che siano), non riuscendo e non essendo riusciti a sconfig-gerlo attraverso le prove elettorali demo-cratiche. Non vedo l’ora che la si possa far finita con questo berlusconismo espanso e pervasivo. Con la contrapposizione di questa sinistra giustizialista, moralista senza morale, senza un programma, senza leader-ship, senza la capacità di essere una al-ternativa apprezzabile e condivisibile. Apprezzo l’iniziativa politica che voglia smuovere questo bastardo bipolarismo. Ma se è solo un polo per la “spallata” non è di alcun valore. Mi viene da urlare. Ma che popolo siamo! Che lasciamo che questo paese si riduca a questo stadio e vada ancora peggio! Sì, perché ciò che avviene, la paccottiglia politica che osserviamo, non sono una cosa a noi estranea, che – anime candide – siamo, nostro malgrado, costretti a subire. È uno specchio. Il nostro specchio. È uno sfogo qualunquista? Può essere. Spontaneo e incazzato, comunque. Di sicuro. Vorrei, vorremmo che fosse pre-minente, forte, il senso di responsabilità, una buona dose di senso dello Stato (quando se non nella circostanza di così tanta rievocazione come questo centocinquan-tesimo!?), che non sostituisse – che non deve sostituire – le differenze dialettiche e contrapposte delle politiche, dei pro-grammi di governo che devono fra loro confrontarsi e misurarsi ( se e quando ci sono), ma che facesse assumere a tutti la consapevolezza della comune necessità di riordinare le regole del gioco, di dare forza e rispetto reciproco alle comuni Istituzioni della nostra vita civile. Bisogna riordinare lo Stato. Riformare le Istituzioni. Fare la riforma della Giustizia. Urgente e non più dilazio-nabile. Se non per colpevole e cinica incuria e non volontà politiche. È necessaria una nuova Fase Costituente. Cisnetto (pag.2) ha da tempo ragione da vendere. Necessita una Assemblea Costi-tuente che approdi ad una seria riforma costituzionale. Non ne possiamo più fare a meno se vogliamo poterci riprendere e rilanciare la vita di questo paese. Vorrei e vorremmo metterci con impegno nella carreggiata di un simile lavoro, di una simile battaglia politica. Superando quel senso di impotenza che ci aggredisce. Incalziamo questa esigenza e questo obiettivo. È già anche questo un modo di impegnarsi, per parte nostra, con concre-tezza. Ma vorremmo fare di più. Vorremmo si facesse di più. E se e dove e quando ciò accadrà non mancherà certo, oltre alla nostra convinta adesione, il nostro – seppur modesto – concreto impegno.

  •   Published On : 7 anni ago on Giugno 26, 2017
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  •   Last Updated : Giugno 26, 2017 @ 10:02 pm
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